Auspico un movimento #themtoo- Intervista a Alafair Burke

Alafair Burke, autrice de La ragazza nel parco, Sorelle sbagliate a molti altri libri di successo pubblicati in Italia da Piemme,  è un avvocato penalista, con una grande esperienza di processi. I suoi romanzi, sia crime che thriller psicologici, sono bestseller del New York Times, elogiati da autori come Michael Connelly e Dennis Lehane.
Alafair Burke era in Italia per partecipare a un evento a Il tempo delle donne in cui si parlava di violenza e , ovviamente, la nostra chiacchierata è partita da lì.

81qmzdBn2+L._AC_UY218_ML3_Le donne e la violenza: perché ancora si tende a tacere?
Per lavoro, come pubblico ministero mi sono occupata di parecchie cause domestiche con relazioni che erano sfociate nella violenza.
Spesso diamo la colpe alle vittime perché hanno permesso che accadesse. Sicuramente le incolpiamo per essere rimaste invece di scappare. Se non reagiscono, se non si oppongono e se non se ne vanno vanno, tendiamo a bollarle come deboli. La prima volta che accade un episodio di violenza si tende a dire: beh, questo non sarebbe successo se avessi fatto meglio, se non avessi sbagliato, se non avessi toccato quell’argomento o se lui non avesse bevuto. Le scuse sono moltissime.
Le donne tendono sempre a cercare una scusa che giustifichi quel comportamento violento.

Prima, durante l’incontro a Il tempo delle donne, si parlava anche di insulti via social e di come le persone siano restie a parlarne.
È vero, tutto viene interiorizzato, tenuto segreto, nascosto, come se non fosse successo. Se ci pensi, anche dire a qualcuno le cose orribili che ti scrivono su twitter, vuol dire ripeterlo, renderlo pubblico, dargli voce.
Se mi scrivono via social che devo dimagrire e io lo racconto a qualcuno, l’osservazione di chi mi ascolta potrebbe essere: oh, è una cosa orribile, come hanno potuto, ma potrebbe anche squadrarmi dalla testa ai piedi, pensando…beh, in effetti, ha ragione.
Quello che voglio dire è che riportando quello che ci succede amplifichiamo quei commenti e gli diamo forza. Io per esempio tendo a non dire quello che di brutto mi scrivono su internet. Non rispondo nemmeno. A volte ci rimango male, ma lo tengo per me. Probabilmente questo non è il metodo migliore, lo so, ma è il modo che ho scelto.

Se dovessi dare un consiglio a una donna vittima di violenza, cosa le suggeriresti come donna e cosa come avvocato? Ci sarebbero differenze nelle cose che diresti?
Penso di sì.
Come avvocato non se lì ad aiutarle a pagare i conti e a rendersi finanziariamente indipendenti dall’uomo che le abusa. Non sei lì quando la sera piangono e si sentono sole. L’unica cosa che puoi fare è informarle delle possibilità che hanno, delle vie percorribili in termini di denunce e ordini restrittivi, dell’esistenza di rifugi e centri di assistenza. Anche se alla fine la decisione è sempre loro. Tu non puoi fare nulla. Però, nei casi più gravi, le denunce e i processi vengono portati avanti anche senza il consenso della vittima. Si procede d’ufficio. Questo capita se c’è reiterazione del reato, se ci sono bambini testimoni degli abusi. Perché un bambino che ha assistito ad abusi ha possibilità più alte di ripetere gli stessi gesti da adulto. E quelli sono casi molto complicati, perché agli occhi di tutta la famiglia tu diventi “ il cattivo”.
Come amica invece è molto diverso. Da amica non devi risolvere problemi legali, devi solo aiutarla, starle vicino e supportare le sue decisioni, anche se non le condividi.

Nel libro “Sorelle sbagliate” citi spesso il movimento #metoo. Pensi che sia riuscito a portare qualche cambiamento sostanziale?
Quello che penso è scritto proprio nel libro e ne ho fatto portavoce Chloe, la protagonista.
Chloe è preoccupata che il movimento #metoo si sia trasformato in qualcosa che coinvolge solo le celebrità, qualcuno che ha un grande palcoscenico dal quale parlare e che può quindi raggiungere un immenso pubblico. Mi sembra che ora tenda a interessarsi delle lamentele delle celebrità invece di occuparsi di tutti quegli odiosi e brutali comportamenti che coinvolgono persone che famose non sono: cameriere, meccanici, gente con lavori normali. Nel libro mi sono inventata il movimento #themtoo sul quale Chloe scrive articoli. Un movimento che si occupa di persone normali, lavoratori che non riescono e non possono far sentire la loro voce come i personaggi noti.

IMG_9718Pensi che la scrittura crime possa aiutare in qualche modo?
Chi lo sa? Magari sto solo gettando parole al vento, ma io cerco di mettere queste cose nei miei libri. Magari leggendo qualcuno potrebbe dire, è vero, ha ragione, altri invece gireranno solo pagina e basta…

Scrivere crime è anche un modo per parlare dei problemi della società?
Lo è per me. Il mio scopo principale è intrattenere, voglio che la gente si porti il libro in vacanza, in aereo e magari leggerlo tutto in una o due sere, ma i libri riflettono quello che io penso. Ci metto circa un anno a scrivere un libro, e tutte le cose che trovo interessanti o provocatorie trovano il modo di infilarsi nelle pagine.

A cosa pensi sia dovuto il grande successo mondiale dei thriller e dei gialli ?
Come esseri umani siamo curiosi di tutto quello che succede alla nostra specie. Ci piace leggere di eroi ma anche di cose che vanno male, ci interroghiamo sui motivi che spingono qualcuno a commettere crimini. Una buon libro crime ci permette di dare un’occhiata nei lati oscuri ..

Credi ci sia differenza tra autori e autrici nel modo di rapportarsi e descrivere il male, il crimine?
Penso di sì. Ne parlo spesso con i miei amici scrittori
Se pensi a molti autori di successo, ti accorgerai che il loro eroe è una persona normale che viene a trovarsi in una situazione straordinaria, per esempio in una stanza d’albergo trova un borsone che non avrebbe dovuto trovare e finisce in mezzo a una cospirazione con brutta gente alle calcagna oppure c’è il libro dove il protagonista è “ il protettore”, colui che deve salvare e proteggere per esempio la moglie o i figli.
Le donne invece quando parlano di crimine, ne hanno paura, e spesso vedono le storie dal punto di vista della vittima. Si sentono sempre molto vulnerabili. Le statistiche ci dicono che molto spesso le donne sono vittime di persone che conoscono e, spesso, che amano.
E penso che molte autrici famose prendano spunto da ciò per le loro storie: cosa succederebbe se la persona che amo di più al mondo fosse un omicida?

download (1)Ti sei mai sentita una vittima nella tua vita?
No, direi di no. Ovviamente mi sono successe delle cose poco carine, ma, avendo per lavoro conosciuto vere vittime di storie bruttissime e violente, direi che non posso assolutamente ritenermi una vittima. Paragonate alle loro le mie disavventure sono davvero poca cosa.

C’è un argomento di cui non parlerai mai nei tuoi libri?
Non ucciderò mai un animale! Sono inermi, indifesi, non possono reagire Ucciderne uno mi sembrerebbe ingiusto anche verso il lettore. E non ucciderò mai bambini, ovviamente. È troppo duro da sopportare e non credo sia il tipo di immagine che un lettore vuole portarsi in testa anche dopo avere chiuso il libro.
E anche quando parlo di omicidio le vittime non sono mai semplici parti, “effetti” per sostenere la trama. Non mi riferisco mai a loro solo come, per esempio, “ vittima nr 7” usata solo per recuperare tracce di DNA senza soffermarmi sulla loro storia, sulla loro vita, sui loro affetti. Credo di scrivere dei crime con un lato molto umano..

Tu hai scritto libri con Mary Higgins Clark. Com’è la collaborazione tra scrittrici?
Mary Higgins Clark e io stiamo ancora scrivendo insieme. E’ molto bello e stimolante. Per esempio, quando io lavoro alla costruzione di una trama può capitare che a un certo punto cambi idea. Quando invece si scrive a quattro mani, bisogna avere per chiara sin dall’inizio la direzione che il libro deve prendere. Prima di iniziare a scrivere, discutiamo ed esaminiamo ogni singolo aspetto della storia e lo facciamo in modo più spedito di quanto accada quando lo facciamo da sole. Per esempio, se io espongo la prima parte della storia, e penso vada bene, lei arriva e può aggiungere e “se succedesse questo…?”.
Due teste sono meglio di una e poi noi abbiamo una sensibilità molto simile e quindi lavoriamo benissimo insieme.

Cosa nasce prima? La trama o i personaggi?
I personaggi. Non riesco proprio a pensare solo a una trama senza prima aver trovato un personaggio che mi affascini. Per questo motivo non credo potrei lavorare per la tv, dove la cosa che interessa di più e la trama. Non è assolutamente una critica, è solo il mio modo di scrivere.
Spesso le mie trame non hanno molto senso se le stacchi dai personaggi che le animano. Vivono e hanno senso solo grazie ai personaggi.

Hai scritto anche delle serie. Come decidi se una storia è più adatta a un personaggio seriale o a uno stand alone?
Bella domanda…Il libro per me deve sempre ruotare attorno al personaggio. Nel caso il protagonista seriale sia per esempio un investigatore, ecco lui sarà lì solo per capire cosa sta succedendo a un altro personaggio centrale nella storia ma ci deve essere comunque nella trama qualcosa, un evento che avrà affetti, che cambierà anche il personaggio seriale e questo non è sempre facile da trovare.

Ho letto che stanno girando un film tratto dai tuoi libri. Non temi di rimanere delusa dal risultato?
No, sono molto felice. Ho scritto la sceneggiatura e quindi so cosa ho tenuto e cosa ho tagliato della trama. Ho parlato a lungo coi produttori e ho capito che apprezzano il libro e non vedo l’ora di vedere il risultato.

Ti piace girare il mondo per presentare i libri?
Sai che credo questa sia proprio la prima volta che presento un libro se non in Usa e Inghilterra? Oggi è stata la mia prima volta con un traduttore durante un’intervista. Sono una “ debuttante” ed è stato molto bello. Vorrei tanto studiare l’italiano per essere in grado di rispondere direttamente alle persone.Oggi sono stata a firmare le copie alla Rizzoli in galleria. Ne avevo una pila davanti e un signore ha iniziato a guardarmi malissimo mentre firmavo. Con lo sguardo diceva” cosa stai facendo?”Non parlando italiano, ho aperto il libro dove c’era la mia foto e ho detto “ guarda, sono io, li ho scritti io…”.Poi è stato gentilissimo, ha chiamato gli altri commessi, ha fatto foto.. È stato davvero molto bello.

Grazie mille Alafair per il tuo tempo e la tua disponibilità, ti aspetto la prossima volta per un’intervista in italiano.
Guarda, davvero, l’ho appena detto a mio marito: come impegno per i miei 50 anni ( li ho compiuti da poco e ancora devo abituarmi a questo nuovo numero) voglio imparare l’italiano!

MilanoNera ringrazia Alafair Burke e la Piemme per la cortesia e la disponibilità.
Le nostre recensioni ai libri di Alafair Burke
http://www.milanonera.com/sorelle-sbagliate/

Una perfetta sconosciuta – Alafair Burke

L’ultima volta che ti ho vista

La ragazza che hai sposato

La sposa era vestita di bianco


http://www.milanonera.com/la-ragazza-nel-parco/

 

Cristina Aicardi

Potrebbero interessarti anche...