Fabio Mundadori- Paura sotto la pelle – Bologna 29/30 novembre 2018

Abbiamo fatto le stesse domande a alcuni degli ospiti che interverranno a Paura sotto la pelle 2.
Domande ” da paura” ovviamente…
Divertitevi leggendo le risposte che hanno dato.
Ecco le risposte di Fabio Mundadori,  scrittore e uno degli organizzatori di Paura sotto la pelle

La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto. (Howard Phillips Lovecraft). Sei d’accordo?
Sì, in fondo la paura ha un legame a doppio filo con la sopravvivenza e quindi con l’autoconservazione che è la priorità “zero” per qualsiasi essere vivente: avere paura ci permette di evitare ciò che potenzialmente può danneggiarci e questo è l’aspetto “razionale” della paura, poi c’è un aspetto che riguarda quel processo quasi “chimico” che genera la paura indotta, una sorta di ingegnerizzazione inversa delle emozioni che ha lo scopo di provocare in chi ne è vittima le stesse sensazioni che dà la paura.

La paura è una componente fondamentale della natura umana, è con noi dalla nascita. Cosa ti fa paura? Come la esorcizzi?
Mi spaventa l’ignoto, ma forse è così per tutti, ma ancora di più mi spaventa il fatto che anche ciò che è noto e apparentemente innocuo possa diventare qualcosa di terribile.

Da bambino qual era la tua favola preferita? Amavi quelle paurose?
Io sono stato bambino in un periodo in cui qualcuno ha deciso che le fiabe non dovevano essere paurose, quindi anche le più terribili sono state pesantemente edulcorate (per non dire censurate) e quindi non ho memoria di favole che mettessero paura, ricordo però che mi spaventavano moltissimo le scene con gli alieni nella serie televisiva UFO (quella con la SHADO del colonnello Straker e i dischi volanti a forma di cestello di lavatrice rovesciato) e, sì, non me ne perdevo una puntata.
Ah, comunque la mia favola preferita era il Il gatto con gli stivali.

Quale percorso ti ha portato a scrivere storie che hanno a che fare con la paura, con i timori e con le ansie?
So che detto così potrebbe sembrare brutto  , ma non c’è stato un percorso in particolare: mi è venuto abbastanza spontaneo scrivere un certo tipo di storie, sicuramente gran parte della responsabilità è delle letture che mi hanno formato.

Come si riescono a trasmettere queste sensazioni con le parole?
Spesso basta metterle nell’ordine corretto, in modo da creare la giusta tensione anche in una singola frase e lasciarla che si propaghi per più pagine possibile.

Per far paura sono più efficaci scene truci e truculente o la normalità che si trasforma improvvisamente in incubo?
Per quanto mi riguarda niente è più destabilizzante di qualcosa di normale che cambia fino a diventare una minaccia per la normalità stessa.

La paura tra parole e immagini. Difficoltà e tecniche per instillare il timore nel lettore
La difficoltà più grande credo sia quella di non farsi intrappolare nei clichè, anche se ci sono generi legati alla paura, come l’horror (a proposito ne parleremo a Paura sotto la pelle con Obscuria l’antologia uscita per #comma21), che sui clichè hanno costruito la loro fortuna e proprio per questo districarsi è sempre complicato.
Un discorso simile vale per le tecniche: tutti si aspettano che in fondo al corridoio buio ci sia il mostro, ma solo Ridely Scott è stato capace di immaginare quello in cui ti attende Alien.

Sono cambiate le nostre paure? E il modo di descriverle? – Il maestro assoluto della paura di oggi, il Re, dice che la sua ispirazione è sempre, da sempre, il babau, ‘uomo nero. Quante declinazioni può avere oggi l’uomo nero? Escludendo ovviamente la deriva razzista.
Le nostre paure di base sono sempre le stesse e fondamentalmente si possono ridurre a una sola: la paura dell’ignoto, di ciò che non è parte della nostra realtà e visto che il concetto di realtà è profondamente cambiato, anche le nostre paure si sono in qualche modo “aggiornate”; provate a pensare a Matrix, certamente una storia di fantascienza ma che ha come tema principale la paura per il dominio delle macchine sull’uomo; quella del servo che prende il sopravvento sul padrone è una paura antica (il Golem vi dice nulla?) ma oggi possiamo, e forse dobbiamo, raccontarla in modo differente.

Sono sempre di più gli autori che mescolano al noir l’ironia e la risata, un modo per esorcizzare la paura o un modo per sottolinearla e renderla ancora più efficace?
Forse è solo un modo per raccontare, come dicevo prima per quanto mi riguarda non esistono ricette preconfezionate, se la risata è funzionale alla storia, va bene.

I tuoi riferimenti letterari o cinematografici di genere sono…
Il mio immaginario fantastico è stato formato da scrittori come Salgari, Verne, Doyle e Asimov ma anche Richard Matheson, Dan Simmons, Valerio Evangelisti, Robert E. Howard e William Gibson. Per me lettura ha significato anche fumetti partendo dagli immancabili eroi Disney passando da mostri sacri come Stan Lee, Jack Kirby, John Byrne, Neal Adams per arrivare ai tratti più maturi di Frank Miller, al cartooning esagerato di Todd McFarlane o al bonelliano Claudio Castellini. Gli stessi generi mi hanno appassionato anche nel cinema; registi come Tim Burton, Ridley Scott, George Lucas e Steven Spielberg mi hanno insegnato come trasmettere emozioni, vedremo se con profitto o meno.

L’appuntamento con Fabio Mundadori   e gli altri ospiti di La paura sotto la sotto la pelle 2, brividi nelle parole e nelle immagini è per
Giovedì 29 e venerdì 30 novembre 2018, ore 10.00 e 14.30,
Aula magna Giovanni Pascoli e aula Forti -Via Zamboni 32-BO
Tutte le informazioni  qui

Cristina Aicardi

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