31 aprile. Il male non muore mai – Giuseppe Cesaro



Giuseppe Cesaro
31 aprile. Il male non muore mai
La nave di Teseo
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Le idee muoiono con i loro leader o continuano a vivere in eterno? All’indomani del suicidio di Hitler, 30 aprile 1945, furono in molti a pensare che il nazionalsocialismo cadesse nell’oblio tra le macerie di una Berlino distrutta e messa a ferro e fuoco. La storia ci insegna invece che non fu cosi. Anzi…
Giuseppe Cesaro ci riporta alla mente che alcune idee non muoiono, magari si assopiscono, ma sono vive più che mai, tanto da poter dar vita a organizzazioni, club, associazioni che nel substrato urbano si muovono lentamente sfruttando gli interessi dei poteri forti e dando vita alla resurrezione dei miti ormai sepolti.
È il caso dell’organizzazione “31 Aprile“, composta da un manipolo di giovani decisi a riprendere la costruzione del Reich all’indomani della morte del Fuhrer (avvenuta appunto il 30 aprile), portando avanti piani deliranti di epurazione, pulizia etnica e morte. Parte da qui il romanzo di Cesaro, non un vero e proprio thriller, che porta il lettore nella Germania di oggi e nella memoria della Germania di ieri in una ricostruzione che riporta, a volte in modo fedele a volte in modo romanzato, gli eventi che accaddero all’alba della morte del Fuhrer.
Non ci sono commissari, non ci sono ispettori ma il compito di indagare è affidato ad una giornalista Vera Stark che, con un nome degno di un eroe Marvel, mette il suo coraggio a disposizione della verità (non a caso si chiama Vera). La giornalista incontra clandestinamente uno dei componenti del gruppo neonazi “31 Aprile” con cui inizia a tracciare, non senza difficoltà, il perimetro in cui muovere la sua intervista. Vera capisce che non sarà un’impresa facile ma, durante il colloquio con Ismaele (questo il nome di battaglia del giovane) inizia una vera e propria querelle sulle idee del nazismo, sulle contraddizioni del negazionismo e sugli errori commessi dal Reich. Il lettore assiste cosi al tentativo di Vera di smantellare dialetticamente una struttura di idee che sembra piena di incoerenze in cui i giovani però si ritrovano e si esaltano fino a trasformale in una estrema conseguenza. 
Ma non sono solo i giovani a portare avanti le idee malsane della ideologia nazista. Il romanzo mette in luce altri personaggi che sono stati spettatori e protagonisti dei processi che hanno caratterizzato tutto il periodo del dopoguerra. E qui si pone l’interrogativo su cui storici e non hanno dibattuto da tempo: i colpevoli hanno solo obbedito agli ordini oppure sono colpevoli perché convinti delle loro idee? Anche su questo tema Cesaro inserisce un interessante dibattito tra due testimoni oculari di due posizioni differenti invitando ovviamente il lettore a farsi una propria idea e a prendere immediatamente posizione. Quei simboli, quelle frasi, quelle parole meritano perdono? Nel tempo il risentimento per i protagonisti di quell’epoca, per il male fatto può essere dimenticato? Uno spunto in merito ci viene anche dal cinema e dal bellissimo “Non odiare” del bravo regista esordiente Mauro Mancini in cui l’impossibilità di dimenticare non ci permette di perdonare l’imperdonabile specie se questo male non muore mai.
L’indagine di Vera, sempre più densa di mistero, ci porta a vivere un finale intenso fatto di colpi di scene a di alta tensione. 
Cesaro ci consegna un romanzo interessante, pieno di riferimenti letterari, di citazioni raffinate, di ricostruzione di momenti storici troppe volte cadute nel dimenticatoio e lo fa con dialoghi lunghi in cui le ragioni della verità si scontrano con un’ideologia che persegue una sua logica perversa.  In una società come la nostra così fragile e ancora troppo piena di questo romanzo è, più che un thriller, un’avvisaglia, una denuncia. Il male non muore mai.

Mauro Grossi

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