331 metri al secondo – Rosanna Rubino ospite del NebbiaGialla



Rosanna Rubino
331 metri al secondo
HarperCollins
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Chon è uno strano ragazzino afflitto da un disturbo raro: l’iperacusia. Significa che può udire la caduta di una foglia a trenta metri di distanza. Che può ascoltare discorsi bisbigliati da persone lontane. Lui afferma di avere l’udito di un pipistrello. Un superpotere? No. Per Chon è soprattutto una maledizione perché il rumore lo disturba molto e gli dà dei mal di testa terribili. Però è anche grazie al suo udito eccezionale che percepisce in anticipo i passi di due uomini che salgono le scale del palazzo in cui vive con la sua famiglia. Sono i killer inviati a sterminare l’intera famiglia. Il fruscio e i bisbigli gli permettono di indovinare le loro intenzioni e di nascondersi sotto il letto, riuscendo a salvarsi dalla sparatoria che ammazza i suoi genitori. Una strage, che che lo lascia incolume ma terrorizzato perché sa di essere segnato.
Chon fugge come un coniglio spaventato e riesce a intrufolarsi in un corridoio della metropolitana milanese che in un punto si apre formando un piccolo vano buio, umido e sporco in cui si rintana.
Ogni tanto compie piccole incursioni fino alla più vicina stazione e un giorno incontra Lara, l’amica dei giorni felici.
Lara, che ha anche lei una storia familiare dolorosa, smette di andare a scuola e condivide con Chon quello spaventoso rifugio infestato da topi e scarafaggi.
A questo punto ci si deve fermare perché dire di più significherebbe anticipare coe che i lettori dovranno scoprire da sé.
Rosanna Rubino, compie con questo romanzo una vera e propria prova di bravura. Infatti parlare di ragazzi afflitti da patologie dolorose, oppure dotati di capacità fuori dal comune, è molto, molto difficile, perché il terreno della narrazione è disseminato di trappole insidiose, fra cui quella del pietismo e del sentimentalismo che avrebbero banalizzato la storia.
In questo romanzo i protagonisti sono tre: il primo è Chon; il secondo, il rumore in generale e quello della città, che il ragazzino chiama “murmur”, in particolare; il terzo, la città di Milano con la metropolitana e con i nuovi palazzi di vetro e acciaio che Chon, ormai cresciuto, contribuisce a costruire saldando, ad altezze vertiginose, le parti metalliche destinate ad accogliere le vetrate.
“Milano è la città che mi ha adottato”, ha spiegato l’autrice napoletana in un’intervista recente. “La Milano del mio romanzo è un organismo in costante evoluzione, una città livida e fredda che blatera, urla, bisbiglia senza sosta, la cui voce si abbassa di notte fino a diventare quasi impercettibile, si innalza al mattino, per poi diventare poderosa durante il giorno, persino rabbiosa nelle ore di punta. Una voce che il protagonista è obbligato ad ascoltare senza sosta, suo malgrado”.
331 metri al secondo: strano titolo per un romanzo, ma è la chiave di tutto. E non è il caso di rovinare la sorpresa svelandone il significato.
Ma questo non è soltanto un romanzo cucito su un ragazzino afflitto da una specie di “superpotere”. E’ anche una storia della distrazione e dell’indifferenza che riguarda tutti. Chon passa molti giorni nel suo orrido rifugio senza che nessuno lo cerchi veramente, cosa che capita anche nella realtà e che porta alla memoria tanti casi di persone svanite nel nulla, come il giovane autistico perso nella metropolitana di Roma.
In seguito finisce in un orfanotrofio e, molti anni dopo, anche quando, ormai adulto, lavora regolarmente, la sua abitazione è un edificio abbandonato mentre la sua solitudine è rotta solo da uno sbirro che lo ricatta sfruttando le sue capacità uditive.
In altre parole, Chon è un “invisibile” e, come tale, trattato da tutti con indifferenza nella città piena di palazzi scintillati. E anche su questo aspetto e su quello della solitudine degli ultimi, l’autrice non calca la mano, ma si limita a scivolare con leggerezza su una realtà che è durissima per i poveri e gli emarginati, trattandola in modo scarno ed essenziale e per questo tanto più interessante.
Una storia che avvince dalla prima all’ultima pagina fino all’epilogo che è fulminante.

Adele Marini

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