Le furiose



serge quadruppani
Le furiose
DeriveApprodi
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“Una scappottata che spandeva musicaccia si era piantata, degli spilungoni incappucciati che risalivano la china si erano immobilizzati, mentre sul marciapiede dove giaceva il corpo, una signora con un cane faceva due passi senza vedere nulla, poi, dopo aver alzato gli occhi, si era bloccata di colpo, e anche altre persone avevano smesso di muoversi. In pochi secondi, l’insieme dei passanti aveva finito di passare, formando un semicerchio davanti alla facciata del commissariato da cui era caduta la donna. La macchina ferma continuava a pulsare i suoi suoni, e ci furono alcuni secondi colmati solo dagli irrigiditi battiti dei bassi. Poi la donna stesa sul marciapiede si mise a tremare dalla testa ai piedi. Nessuno si muoveva.”
(Serge Quadruppani, “Le Furiose”, DeriveApprodi, Roma 2010, p. 7)

“Fin dove si spingerà l’autore con i suoi scandalosi partiti presi contro la polizia democratica del nostro paese democratico?” (Ivi, p. 46)

Parigi, 2008. L’improvvisa “caduta” di una giovane cinese dalla finestra di un commissariato di Belleville, induce la misteriosa Jeanne Lohmond a darsi alla latitanza; sarà forse per l’associazione del ricordo improvviso di quel rumore -“il rumore di un corpo umano che si schianta a terra”(Ivi, p. 7) già sentito quarant’anni prima, di fronte alla questura di Milano-, con tutti gli eventi (storici e personali) ad esso seguiti, o semplicemente per sottrarsi ad un inevitabile interrogatorio, fatto sta che la donna, fatti i (pochi) bagagli, lascia Parigi per il Perigord.
Ma la sua presenza sulla “scena del crimine” non è passata inosservata: la determinata poliziotta Fleur Dipietri l’ha notata mentre parlava (in Italiano) con la vittima, e ha tutte le intenzioni di interrogarla.
Certo, i tentativi della detective sono rallentati dalla necessità di mettere (educatamente) a tacere le voci dei presunti testimoni, che già parlano di defenestrazione e assassinio; e, poi, il misterioso Monsieur Ho, padrino della locale Chinatown, la tiene d’occhio, e, con la complicità di una coppia di sbirri corrotti, è pronto a “farla saltare” nel caso le indagini dovessero spingersi troppo oltre…

Uscito a puntate su “Siné Hebdo”, tra il settembre 2008 e il febbraio 2009, e (lontanamente) ispirato al doloroso “affaire Pinelli”, la cui rievocazione fa da controcanto al testo, segnando drasticamente lo sviluppo dell’intreccio, Le Furiose rinnova i canoni del romanzo d’appendice, inserendoli in una cornice ironica, moderna e dai tratti minimali (coerentemente con certe convenzioni affermatesi nel genere poliziesco, mancano del tutto, in questo romanzo, le descrizioni ambientali; a queste sopperiscono, però, le belle tavole di Lie, perfettamente in grado di evocare, tra oggetti rappresentati e stile rappresentativo -tipico di tanta nuova illustrazione francese-, le atmosfere che avvolgono i luoghi toccati dai personaggi).
E tra riuscita ironia (non semplicemente “di costume”, come secondo tradizione feuilletonesca inaugurata da opere quali “Mathilde” di Eugène Sue: Quadruppani usa le domande di chiusura e ripresa degli episodi, che precedono e seguono ogni breve capitolo, come spazi dichiarativi, utili per ritagliare una dimensione “a parte”, ironicamente politica e meta-narrativa, attenta, ma “indipendente”, e forse più importante dell’evolversi dell’intreccio…), tecnica volutamente “minore” -tipica, appunto, del romanzo d’appendice, i cui tratti formali sono tanto invecchiati da essere ormai proponibili, al di fuori di generi quali il cartone animato televisivo e il fumetto per l’infanzia, solo in maniera parodistica-, parentesi dal ritmo piacevolmente sincopato, trovate da “fumetto d’autore” e ricorso a una mitologia neo-popolare (come interpretare, altrimenti, l’introduzione nella diegesi del personaggio di Lizbeth Salander, già passato dalla “Millenium Trilogy” di Stieg Larsson, all’immaginario collettivo?), “Le furiose”, oggetto letterario fintamente anacronistico, piacevolmente polveroso e demodé, si impone come prodotto unico -ma, ahimè, anche “irripetibile”, pena la perdita di ogni positivo spaesamento- in un panorama pieno di cloni…

fabrizio fulio bragoni

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