Intervista a Claudio Gianini

Claudio Gianini si muove su due livelli, come spesso fanno anche i suoi personaggi.
Ingegnere di successo e scrittore, per un pò ha cercato di tenere “separate” le due anime, in realtà i suoi due romanzi Black Out e Nemmeno Dio sono ricchi di dotte citazioni squisitamente scientifiche.
MilanoNera l’ha incontrato:

Con quale alchimia hai convinto il tuo editore a pubblicare un esordiente?
Purtroppo nessuna alchimia. Come ben sai molti piccoli editori, accanto al contratto di edizione, ti fanno firmare una sorta di impegno ad acquistare un certo numero di copie del tuo libro al prezzo di copertina. Per carità, la cosa non mi sorprende e, quando il numero di copie è accettabile, trovo anche giusta questa strada. Tanto alcune copie le compreresti comunque, per regalarle ad amici, per partecipare ai concorsi e per spedirle in giro per qualche recensione. Devo anche dire, a onor del vero, che il mio editore non pubblica proprio tutto quello che riceve; effettua comunque una selezione, ed io stesso, prima di Black Out e Nemmeno Dio, ho ricevuto un paio di rifiuti da parte loro. Per cui quando hanno accettato di pubblicare Black Out ne sono stato molto soddisfatto. Ora hanno cambiato la loro politica, per così dire, e pubblicano senza chiedere l’acquisto di copie. Vedremo quindi come andrà con il mio prossimo romanzo.

Consiglieresti a chi scrive di seguire un corso di scrittura creativa? Perché?
Bella domanda, per la quale temo di non avere un’altrettanto bella risposta. Per il semplice motivo che non ho mai seguito un corso di scrittura e quindi non ho elementi per giudicare. Ricordo che ai tempi del liceo (ho fatto lo scientifico), la prof. del triennio aveva cominciato a dirmi che non sapevo scrivere: avevo le idee ma non sapevo metterle sulla carta. Questo in terza. Poi in quarta diceva che avevo imparato a scrivere ma avevo anche smesso di studiare. E così non avevo più idee da mettere sulla carta. Mi diede l’esame a settembre, quell’anno. E mi toccò pure ringraziarla perché non mi rimandò anche in latino. Oggi, a distanza di ventidue anni, mi piacerebbe sapere cosa pensa quella prof. dei miei romanzi. Tutto questo per dire che non so se realmente si possa insegnare a scrivere. Certamente la grammatica si può apprendere, ma si può essere istruiti su cosa scrivere e su come scriverlo? Io non ho una risposta e forse partecipare ad uno di questi corsi potrebbe fornirmene una. Ma resto un po’ prevenuto, forse anche per analogia con gli studi che ho intrapreso dopo il liceo: si può giungere a prendere una laurea in ingegneria senza essere un buon ingegnere, così come si può essere dei buoni ingegneri senza avere il relativo pezzo di carta. È una cosa che si ha dentro, quasi a livello genetico. Ed io nella mia vita ho conosciuto entrambi i tipi.

Il tuo autore preferito?
Altra bella domanda. Non credo di avere un autore preferito, anche se credo di aver letto tutto di Follett e di Wilbur Smith. Mi piace moltissimo Isaac Asimov. Leggo comunque di tutto, sebbene sia molto predisposto al noir ed al thriller, dato anche il genere che scrivo. Tuttavia penso che i romanzi più belli per me siano Il Segreto di Luca di Ignazio Silone e La Neve era Sporca di Georges Simenon. Sono entrambe storie bellissime, sebbene molto diverse tra loro. Da una parte l’abnegazione totale di se stessi per un amore impossibile e dall’altra il totale rifiuto dell’amore. Le rileggo sempre con emozioni diverse.

La più bella soddisfazione avuta come scrittore?
Penso di non averla ancora avuta. Fa sempre piacere avere delle recensioni positive, questo è chiaro. E da queste nasce sicuramente una certa soddisfazione. Quando nel 2005 presentai alla Libreria Suspence di Roma, in una presentazione congiunta con un altro esordiente, dopo mi chiesero di autografare qualcuna delle copie comprate lì. Ecco, quella fu una bella sensazione. Ma sogno sempre di incontrare un giorno qualcuno, qualcuno che non ho mai visto prima, magari all’aeroporto o su qualche spiaggia in vacanza, qualcuno con in mano un mio libro mentre lo sta leggendo. Forse dopo potrei anche morire…

Quando trovi il tempo per scrivere e cosa fai nella vita per vivere?
Solitamente di notte, durante i miei periodici attacchi di insonnia. In quello stato di semi-incoscienza la mente crea percorsi ed evoluzioni che da totalmente svegli non si avrebbero mai. Ho un telefono supertecnologico con il quale posso prendere nota di queste idee. Lo tengo sul comodino e, all’occorrenza ci posso anche scrivere dei capitoli interi. Il mio ultimo romanzo è stato scritto quasi per intero in questo modo. A volte anche in aeroporto, nei miei viaggi da pendolare tra Milano e Colonia. E questo ci porta alla seconda parte della domanda. Sono un ingegnere, come forse si era già intuito prima, e lavoro alla Toyota Motorsport di Colonia, in Germania. Quelli della Formula Uno, per intenderci. Sono a capo del gruppo che si occupa della progettazione strutturale del telaio. Ossia noi lavoriamo per l’integrità strutturale della vettura, per garantire sia l’affidabilità sia la sicurezza dei piloti. Un mestiere affascinante che ho svolto anche in altri settori, come il ferroviario e l’aerospaziale, prima di approdare in Ferrari nel 2000. Ho scritto pure due libri sulla progettazione strutturale. Anzi, la riscoperta della scrittura ha per me le radici proprio nel periodo in cui lavoravo al primo libro tecnico. Paradossalmente questi libri, indirizzati ad una ristrettissima fascia di persone e decisamente più costosi di un romanzo, vendono di più delle mie storie noir. Il che mi fa riflettere spesso…

Si può vivere di sola scrittura oggi? Pensi che ci riuscirai un giorno?
Certo che si può. Il problema è che chi ci riesce non ne avrebbe in realtà bisogno. Basta chiamarsi Bruno Vespa o Mike Bongiorno e vedi che il successo di vendita è assicurato. Per non parlare di certi libercoli scritti da certi calciatori… Penso che chiunque scriva desideri un giorno arrivare ad un livello tale da potersi permettere di lavorare, cioè scrivere, quando e dove gli pare, di giorno o di notte, al mare o in montagna. C’è stato un momento in cui veramente ero convinto che un giorno sarebbe successo, che sarei certamente riuscito ad invertire le due attività: scrittore uguale pane per vivere, ingegnere uguale hobby per rilassarsi. Ora penso che non succederà, sebbene la vita mi abbia spesso ricordato che mai e sempre sono due parole prive di significato. E se dovesse accadere, tanto meglio. In fondo Andrea Camilleri ha raggiunto la notorietà quando già era in là con gli anni.

Che opinione hai degli agenti letterari? Ne hai uno?
Me la sto facendo. Nel senso che non ne ho uno e forse invece dovrei. Per me poi, che sono all’estero per cinque o sei giorni la settimana, potrebbe essere comodo avere qualcuno che prende i contatti necessari e si occupa della burocrazia, per così dire. Spero che la mia sensazione che si tratti di un modo diverso per spillare quattrini a noi poveri illusi di essere grandi scrittori sia appunto solamente una sensazione. Magari un giorno, in futuro, ti saprò dire qualcosa di più in merito. Nel frattempo se ne conosci qualcuno valido potresti darmene il nominativo.

Favorevole o contrario ai premi letterari? Hai mai partecipato?
Assolutamente favorevole. A patto che siano “onesti”, ossia che non ci siano i soliti raccomandati. Secondo me rappresentano un ottimo modo per porsi a confronto con gli altri. E qui forse emerge il mio spirito competitivo da Formula Uno. Chiaramente parliamo dei premi meno famosi e rinomati, dove anche i piccoli editori, ed i piccoli autori, possono permettersi di partecipare. E sì, ho aderito a svariati concorsi, sia per opere edite sia per opere inedite. E ho avuto qualche soddisfazione: secondo un paio di volte con Black Out , terzo con Nemmeno Dio una volta e segnalato con entrambi i romanzi in altre circostanze. Finora non ho mai vinto. Ma anche qui non si sa mai.

Per cosa faresti carte false (editorialmente parlando)?
Ma anche non editorialmente! Ovviamente scherzo. Mah, credo semplicemente per avere la possibilità di essere valutato da qualche grande editore senza essere cestinato a priori solo per essere uno sconosciuto. Qualche tempo fa Feltrinelli aveva sul suo sito, alla voce “manoscritti”, una frase del tipo: “ non inviateci manoscritti non richiesti”. Al che, polemica, sorge spontanea la domanda: “come faccio a farmi richiedere da voi un mio manoscritto?”. Ora non so se la frase sia ancora là, non sono più tornato a verificare. Ecco, diciamo che se avessi qualche contatto con qualcuno appartenente ad un importante editore non esiterei non dico a farmi raccomandare ma quantomeno a chiedere una onesta valutazione. Per una serie di motivi ho avuto qualche scambio epistolare con uno scrittore abbastanza famoso, legato ad RCS. Ma per qualche ragione non sono riuscito nel mio intento.

Alessandra Anzivino

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