Alex Connor – I lupi di Venezia



Alex Connor
Alex Connor
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La Venezia del XVI della Connor è ben diversa della romantica sfarzosa ed artistica, splendida regina della laguna, la città che per quasi sei mesi all’anno viveva un folle e colorato carnevale, cantata dai viaggiatori nei secoli. Un tempo infatti il Carnevale era lunghissimo. Cominciava addirittura la prima domenica di ottobre per intensificarsi il giorno dopo l’Epifania e raggiungere il culmine dei festeggiamenti nei giorni che precedevano la Quaresima, Ancora oggi il Carnevale di Venezia, se non il più grandioso, è sicuramente il più famoso per il fascino che esercita e il mistero che lo circonda anche dopo ben oltre 900 anni dalla prima testimonianza ufficiale scritta che ne parla. Si tramanda notizia infatti delle festività del Carnevale del 1094, sotto il dogato di Vitale Falier, come pubblici svaghi cittadini nei giorni che precedevano la Quaresima. Il documento ufficiale che conclama il Carnevale pubblica solennità risale addirittura 1296 quando il Senato della Repubblica dichiarò festivo l’ultimo giorno della Quaresima. E ciò nondimeno il Carnevale ha tradizioni molto più antiche che rimandano ai culti ancestrali del passaggio dall’inverno alla primavera, quali i Saturnalia latini o ai culti dionisiaci per i quali il motto era “Semel in anno licet insanire” (“Una volta all’anno è lecito non avere freni”). Una festa che per un breve tempo avvicinava le oligarchie veneziane e le classi dirigenti latine ai ceti più umili concedendo loro di diventare, per un breve periodo dell’anno, simili a loro e di poter burlare pubblicamente i ricchi e i potenti coprendosi il volto con una maschera. Una valvola di sfogo atta anche a controllare le tensioni sociali. Ma la Venezia de “I Lupi di Venezia”, dicevo, è una città diversa, cupa, oscura, intimorita da ciò che si nasconde all’ombra come turpitudini, ricatti ed orrori. Lontana degli ori e dagli stucchi dei palazzi che la distinguono. Lontana dalla sottile euforia che si insinua tra le calli della città più bella del mondo e crescendo impercettibilmente con la stessa naturalezza dell’acqua, sfuma i contorni della cose, suggerendo misteri e fiabesche atmosfere. La Venezia creata da Alex Connor, è una città dove il quotidiano di piccoli commercianti, servitori, schiavi ed ebrei del ghetto si scontra con la sfolgorante, esibizionistica e sfrenata ricchezza della città lagunare, meta di mercanti provenienti da ogni parte del mondo per fare affari e fortuna. Il tutto che sovente si sposa con la più abbietta corruzione. In un’epoca infatti in cui imbroglio, malvagità e perversione di ogni genere dominano, pur se affiancate da sublimi opere eseguite dagli artisti e della filosofia, i prepotenti, i prevaricatori, i “lupi” che ci rimandano al titolo insomma, hanno vita facile. Come una comoda maschera di carnevale che nasconde il volto di chi la porta, la città offre copertura ai suoi veri padroni, non il doge, non i rampolli della nobiltà lagunare, ma i componenti di una vischiosa tela di ragno che fa capo ai Lupi, misteriosi individui dei quali non si sa neppure il nome, e si accanisce contro giovani donne facendo vittime innocenti, tenendo Venezia sotto il suo tallone. Esseri ignobili, che si muovono spregiudicatamente e colgono ogni opportunità per acquisire sempre maggior potere, coinvolgendo nelle loro trame sciocche e inconsapevoli pedine. Una carrellata di personaggi movimentano la scena scambiandosi continuamente il timone. Pietro Aretino non solo il letterato e poeta che tutti ricordiamo, ma il personaggio dipinto da Alex Connor è uomo di conclamata malvagità, ambiguo, scaltro e terribile, affascinante come un cobra e altrettanto letale; il suo crudele socio e spia, Adamo Battista, accompagnato dal suo imperscrutabile aiutante Nikolas Volt . Accanto a loro fanno la loro comparsa alcuni fieri rappresentanti del ghetto, come i fratelli Tabat, Ira e Rosella, condannati dal destino loro malgrado, uno straniero come l’olandese Der Witt, speziale, mago, ma soprattutto uomo tormentato. Poi Caterina, la saggia cortigiana, e Tita Boldini la pericolosa puttanella francese. Quindi punto fermo per tutta la storia Marco Gianetti, voce narrante che pian piano, con le sue drammatiche confessioni, assurge al ruolo di vero protagonista. Lui che per vigliacco egoismo, consente all’Aretino, malvagia e diabolica personificazione del male, di plagiarlo, di irretirlo, di circuirlo di ingabbiarlo, trascinando con sé altri nel baratro. Marco Gianetti, che il padre ha impiegato come apprendista presso il Tintoretto, stringerà infatti amicizia con Ira Tabat il bravo medico ebreo, e Rosella, la sorella dicissettenne che posa per il suo Maestro…. Nel frattempo Gabriella Russo, giovane domestica di una venditrice di abiti, Marina Castilano, che era scomparsa da giorni, viene ritrovata nel canale morta e barbaramente mutilata. Il delitto potrebbe essere collegato ad altri avvenuti in Europa… Come in tutti i suoi romanzi Alex Connor, anche per I lupi di Venezia inanella la narrazioneintorno all’arte e alla pittura. In questo caso entreremo con curiosità nella bottega del Tintoretto a seguire le varie fasi del suo lavoro: dalla accurata preparazione dei colori, alla sua minuziosa abitudine di plasmare piccoli modelli in cera prima di dipingere le sue opere. Il grandissimo Giacomo Robusti detto il Tintoretto, allievo di Tiziano ma per poco, che alla sua morte raccoglierà finalmente una messe di gloria… Venezia, la Serenissima, la signora dei mari in lento e progressivo declino, fa da ampio sottofondo alla trama. Una Venezia più fantastica che reale, dove conta solo il fascino dell’atmosfera piuttosto che la precisione del particolare storico o architettonico. Una serie di indizi portano a certi “lupi” che seminano odio e morte, . Saranno loro i misteriosi criminali che si aggirano per Venezia, o forse per l’Europa? E tuttavia I lupi di Venezia è solo la prima puntata di una storia e il finale  ci rimanda al seguito o seconda parte di quella che già si annuncia come una trilogia. A presto dunque.

Patrizia Debicke

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