Amo i gialli non rassicuranti. Intervista a Roberto Alajmo, Io non ci volevo venire

È iniziato il 19 Luglio AgrigentoNoir primo festival del Giallo che si svolge ad Agrigento. Ad inaugurare la rassegna è stato il libro di Roberto Alaimo, scrittore palermitano, giornalista Rai e commediografo. Il suo ultimo libro: Io non ci volevo venire, edito da Sellerio, un giallo comico e tagliente che disegna il cuore di Palermo e lo fa affidandosi ad una storia del tutto particolare.


Da piccolo era stato uno di quei bambini goffi, tardi, vittime un po’ volontarie, che i compagni di calcetto mettono ogni volta a giocare in porta. Da adulto, Giovanni Di Dio, per tutti Giovà, non è cambiato poi molto: sovrappeso, per nulla svelto, prematuramente fallito a scuola. Per non vederlo dormire tutto il giorno, cosa che lui sa fare meglio di ogni altra, la madre gli ha trovato un posto come guardia giurata. Per ottenerlo, la signora Antonietta si è rivolta allo Zzu. Uomo di gran conto nel quartiere, che dal terrazzino del suo minuscolo bar domina su tutto e tutti, con modalità che in zona ognuno sa e nessuno dice. Trent’anni dopo Giovà viene convocato per ricevere uno strano incarico, totalmente al di sopra delle sue forze. È sparita una bella ragazza, Agostina Giordano. I carabinieri la cercano, ma delle loro indagini non si sa nulla. La cosa incredibile è che non ne sappia niente nemmeno lo Zzu che, per svelare il mistero, è costretto a rivolgersi a quella cosa inutile di Giovà. Un’indagine parallela e riservata, condotta da un incompetente che non riuscirebbe a cavarsela senza una specie di comitato investigativo composto da tutte donne che, specialiste nello smistamento di voci raccolte in giro, fanno luce nella direzione in cui Giovà deve guardare. Il risultato è però che l’investigatore riluttante di questo anomalo poliziesco finisce per affrontare un’alternativa che mette a repentaglio la sua stessa sopravvivenza. L’azione si svolge nella borgata palermitana di Partanna, attaccata come gemella siamese alla più rinomata e opulenta Mondello. Questa sul mare, l’altra ai piedi di una montagna, separate da un confine impercettibile eppure abissale.

Qualche minuto prima di cominciare a presentare il libro davanti ad un pubblico folto e numeroso, Roberto Alajmo ha risposto a qualche domanda ad uso e consumo di tutti i lettori di MilanoNera

Roberto, “Io non ci volevo venire” è il tuo esordio nel genere, quale è stata la molla che ti ha fatto scattare la voglia di esplorare questo nuovo percorso?
La voglia in realtà mi è venuta prima da lettore e poi da scrittore, da lettore io vorrei leggere più spesso romanzi polizieschi che non siano rassicuranti, che non seguano lo sviluppo classico, delitto, caos, ordine, ma che lascino il lettore come dire con un dubbio, un rovello in cui il caos del mondo venga mantenuto. Allora l’ho preso come una specie di esercizio di stile, ho provato a tirare l’elastico del genere poliziesco cercando di non romperlo portandolo proprio a quello che era a mio avviso il limite di rottura. In poche parole, la mia voglia di scrittore è quella di leggere un poliziesco che non sia rassicurante.

Il tuo è un libro che scardina tutti gli schemi del giallo tipico Italiano, che da sempre ha avuto il grande pregio di essere espediente di denuncia sociale. Con “Io non vi volevo venire” siamo di fronte, a mia memoria, al primo giallo moderno di carattere antropologico. Ti chiedo: è stata una scelta consapevole dettata da una tua particolare esigenza o si tratta di una storia che semplicemente nasce per essere raccontata ed assume durante il percorso di scrittura connotazioni inaspettate allo scrittore stesso?
Ma guarda, mi dai una grande responsabilità e non so se me la merito. In realtà io indago la società siciliana da quando ho iniziato a scrivere, sin dal Repertorio dei pazzi della città di Palermo e poi soprattutto con i romanzi Cuore di madre ed È stato il figlio in cui cerco di analizzare la società non in maniera moralistica, ma con lo spirito del collezionista che, quando infilza la farfalla sull’album, non ci mette né crudeltà né compatimento, è semplicemente un’osservazione scientifica. Poi il compatimento, l’indignazione e tutto il resto, l’arsenale delle emozioni, secondo me ce li mette il lettore, non sono io a inventarmi le emozioni, a servire il piatto premasticato, io ho bisogno di lettori che abbiano denti per masticare, i miei libri non sono mai omogeneizzati, per cui l’approccio antropologico, come lo chiami tu, è già presente negli altri miei libri, in quest’ultimo cerco di piegare il genere poliziesco ad una narrazione antropologica. Sperando che alla fine questo non appesantisca un libro che nelle mie intenzioni vuole essere innanzitutto divertente.

 Il libro ti assicuro, da lettore, che è molto divertente. E ho trovato divertente e a tratti illuminante, il fatto che tu qualche giorno fa abbia coniato la definizione di “Maschilismo Matriarcale” in riferimento al ruolo della donna all’interno della famiglia siciliana. Credi, per usare le parole di Sciascia, che ci troviamo di fronte a un fenomeno per il quale è “la linea della Palma che si alza” e di conseguenza tutta la società è destinata a questo tipo di evoluzione o si tratta di un fenomeno ambientale destinato a rimanere tale?
Sono convinto che il Maschilismo matriarcale o il matriarcato maschilista, formula che mi sono inventato di recente presentando il libro serva semplicemente a spiegare come l’incrocio tra il potere maschile e quello femminile, specialmente all’interno delle famiglie siciliane sia inestricabile. Poi credo che in questo campo specialmente, nel campo del familismo amorale, la linea della palma, come diceva Sciascia, va molto a nord ed è arrivata a Bolzano ed ancora prosegue perché il modello della madre mediterranea è molto contagioso e con i suoi pregi e difetti, lo ritroviamo a tutte le latitudini, d’altronde (sorride) è dal Mediterraneo che si irradia la civiltà da molto tempo a questa parte.

 Restiamo in tema con i riferimenti per dire che sempre Sciascia, autore che tra l’altro so che tu ami particolarmente, in una sua intervista a Panorama del novembre 1978 alla domanda: Qual è il compito di uno scrittore nella società moderna, risponde che il compito di uno scrittore è quello di guastare il giuoco, l’enorme giuoco a incastro, in cui il potere in ogni parte del mondo si realizza. Ora io mi chiedo e chiedo a Roberto Alajmo: alla luce di questa affermazione di Sciascia, non credi che questo tuo libro vada compiutamente nella direzione di guastare qualunque tipo di giuoco?
Sicuramente il gioco del poliziesco in Io non ci volevo venire è messo in discussione, ed è, come qualcuno definì “La promessa” di Dürrenmatt, un petardo sotto il sedere del genere poliziesco. Quanto alla missione dello scrittore o dell’intellettuale in genere, temo che dai tempi di Sciascia ad oggi sia tutto molto cambiato, ma non credo che sia una questione di prediche e di predicatori, ma piuttosto di pulpiti. Nel senso che se anche nascesse oggi un Leonardo Sciascia, non troverebbe le condizioni ambientali, il silenzio che accoglie le parole e anche magari mettendole in discussione. Sciascia fu molto discusso, ma fu discusso comunque sulle pagine dei giornali. Oggi se un intellettuale o uno scrittore prova a prendere la parola, intanto non sa dove farlo, perché gli spazi sui giornali si sono ristretti moltissimo e gli stessi giornali hanno ristretto il loro bacino di utenza. Quando poi scrivi una cosa su internet, ti esponi a una canea di persone che si sentono autorizzate a trascinarti nel fango. Ti sfidano a rispondere. Difatti in questi casi la cosa da fare è non rispondere mai. Di fatto quindi si finisce per stare in silenzio su moltissime cose, soprattutto perché c’è una effusione di opinionisti tale da farti passare la voglia di aprire bocca. Se non hai da dire qualcosa di veramente originale meglio stare in silenzio, se poi qualcuno chiede io sono sempre stato pronto a prendere posizione Anche quando ti chiedono la firma su una petizione: io non mi offro mai volontariamente, ma quando me lo chiedono ed ovviamente reputo valida l’istanza, firmo subito. Anche perché è più facile firmare piuttosto che spiegare quanto sia comunque inutile.

Ringraziamo Roberto Alajmo per il tempo che ci ha dedicato e vi invito a seguire la manifestazione che vedrà ancora altri grandi autori protagonisti delle serate.

Salvo Di Caro

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