Andare oltre – Lo spazio nero 3

Questa volta comincio con un grazie. Grazie a tutti voi che avete deciso di mettervi in gioco all’interno de “Lo spazio nero” condividendo come me e con chi ci legge – e siete tanti – impressioni, idee e personali punti di vista.

Certo è che più andiamo avanti – e siamo solo all’inizio – più questa immensa voragine letteraria e non solo, spalanca davanti ai miei – e credo anche ai vostri occhi – abissi insospettati e insospettabili.

Dice Barbara Gozzi, rispondendo a una mia affermazione nei commenti della precedente puntata: “In relazione al saper “andare oltre” la notizia, quali possono essere gli strumenti in nostro possesso, oltre al senso critico, che ci possono aiutare a individuare degli spazi neri talmente grandi che al confronto “anche il nulla scompare”? Domanda difficile che forse non ha una risposta. E se c’è, la risposta, è di certo soggettiva. Il senso critico è già una grossa fetta di ‘lavoro’, il non prendere come ‘vero per forza’ quello che dicono al TG o sui giornali, il non scimmiottare le prese di posizione o i punti di vista di questo o quell’esperto (medico, giornalista, criminologo o altro). Già.”
Credo sia arrivato il momento di darvi qualche piccola informazione su di me e sul mio lavoro. Io nasco professionalmente come editor e revisore verso la fine degli anni ’80 del secolo scorso. Nei primi anni ’90, invece, comincio a tutti gli effetti la mia carriera autoriale e infine, dal 1996 affianco a quanto appena citato il piacere dell’insegnamento della scrittura creativa, prima, e della narratologia, poi. Attualmente, assieme a Federica Castellini ho, a Padova, una mia scuola di scrittura, la MacAdemia.
Bene, ciò premesso: una delle prime nozioni che insegno ai miei “ragazzi” è che non esiste una Realtà. Al massimo esiste una realtà. Ma non è sempre vero.

Dal mio punto di vista esistono tre gradi di realtà possibili. Una realtà vera, una realtà verosimile, e una realtà plausibile.

Mi spiego meglio: nel primo caso “vera” non significa “esatta” o rispondente alla “Realtà” bensì semplicemente accertabile o accertata. Con tutti gli errori e le misvalutazioni che ciò comporta. Questo tipo di definizione, per intenderci, è quella che viene utilizzata all’interno dei tribunali e sappiamo bene come possa prestarsi a differenti interpretazioni.

Nel secondo caso, invece, stiamo parlando di una realtà che non è vera ma ci assomiglia talmente che molti – per comodità, per mancanza di spirito critico o incapacità di confrontarsi – la credono, o desiderano crederla tale. Scomodiamo Aristotele e il suo pensiero: “La tragedia descrive il verosimile: non ci dice cos’ha fatto quella determinata persona in quel frangente, ma cosa farebbe una qualsiasi persona in quel caso”.

Il plausibile, il terzo caso, non è né vero né verosimile ma potrebbe esserlo. Chiarisco questa affermazione con un semplice esempio: può essere plausibile il fatto che io oggi non abbia portato a spasso il cane perché pioveva. Peccato che io non abbia un cane e la giornata sia stata – tutto sommato – discreta.

Possediamo gli strumenti che ci permettano di distinguere queste differenti realtà? E se li abbiamo, sappiamo – o vogliamo – realmente usarli? Attenzione però: spesso l’andare oltre ci può condurre direttamente ne “Lo spazio nero” che è dentro e fuori ciascuno di noi.

Fabio Fracas

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