L’assassinio di un immortale



Petros Markaris
L’assassinio di un immortale
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Petros Markaris, nato nel 1937 a Istanbul da padre armeno e madre greca, ha scelto la cittadinanza greca dal 1974 ma è un autore di formazione quanto mai cosmopolita, che ha studiato in  Austria e in Germania e scrive in tre lingue: greco, turco e tedesco.
A livello internazionale, è stato a lungo noto come sceneggiatore di alcuni celebrati film di Theo Anghelopoulos, come “L’eternità di Ulisse” e “Lo sguardo di un giorno”, entrambi premiati a Cannes. Verso la fine degli anni ’90, si è scoperto narratore di mystery e ha cominciato a pubblicare una serie di romanzi incentrati sulla figura del commissario Kostas Charitos, piuttosto chiaramente ispirata al Maigret di Simenon e, ancora di più, al Montalbano di Camilleri. Questi romanzi, dal grande successo, lo hanno reso ancora più famoso.
“L’assassinio di un immortale” è un’antologia di sette racconti, molto diversi tra loro, che affrontano una vasta gamma di tematiche. I due che hanno per protagonista il commissario Charitos sono  semplici e piacevoli, due mystery nella media del genere, con in più qualche nota gustosa e perfida sulla meschinità dell’industria culturale greca.
Tra gli altri cinque, spiccano i due che hanno per protagonisti dei “romei”, ossia i discendenti delle popolazioni greche, di religione ortodossa, rimasti a vivere nei territori occupati dai turchi che un tempo appartenevano all’Impero Romano d’Oriente. I romei sono stati spesso oggetto di persecuzioni analoghe a quelle subite dagli ebrei. Uno dei racconti, che supera notevolmente in lunghezza tutti gli altri, tratta proprio di uno di questi episodi: il “pogrom di Istanbul” del 6-7 settembre 1955, in cui la violenza della popolazione turca fu aizzata da alcuni influenti politici e sindacati (che sparsero notizie di falsi attentati a dei monumenti nazionali) contro la popolazione romea, comprendente circa 100.000 persone, ma anche contro i pochi ebrei e armeni. Ci furono oltre 15 morti (il numero non è mai stato determinato con esattezza) e danni enormi alle proprietà delle popolazioni colpite. In conseguenza a questo episodio, la quasi totalità dei romei emigrò in Occidente.
Un altro significativo racconto mette un inflessibile sacerdote, impegnato nell’assistenza ai migranti, contro un gruppo di neonazisti: finirà molto male.
Un altro ancora è ambientato in Germania il 20 luglio 1944 (il giorno dell’”Operazione Valchiria”) e in quelli immediatamente successivi.
L’ultimo, è un thriller molto particolare, con un singolarissimo colpo di scena che arriva proprio sul più bello.
Si può dire che, con questa antologia, Markaris provi a smarcarsi dal personaggio di Kostas Charitos, certo molto amato e apprezzato, che però rischia di confinare l’autore nell’ambito di un genere, il mystery, che offre un ottimo intrattenimento ma di regola è congegnato in modo da risultare sempre rassicurante (vedere il “Doppio decalogo” di S.S. Van Dine e le critiche mosse a questo da Raymond Chandler in “La semplice arte del delitto), anche quando non si ha la minima voglia di rassicurare nessuno; senza contare che, per la sua cifra stilistica subito riconoscibile, una serie di questo tipo può ridurre il suo autore a una sorta di macchietta impegnata a ripetere sempre gli stessi cliché. In effetti, nei racconti non di genere, scopriamo un Markaris attento all’evoluzione della società moderna e spietato nell’evidenziare come questa stia prendendo strade che, in tempi non lontani ma già dimenticati, hanno portato l’umanità a farsi molto male.
Pertanto, anche in considerazione della sua modesta mole, che permette di terminarlo rapidamente senza sforzo e lo mette quindi anche alla portata dei lettori pigri, questo è sicuramente un libro da non perdere.

Roberto Cocchis

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