Biancaneve



marina visentin
Biancaneve
todaro
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Biancaneve è la cattiveria cieca, assoluta e inutile. E qui il titolo è fuorviante perché la protagonista, il cui soprannome è appunto Biancaneve, ha poco in comune con la sfortunata principessa.
Nel suo libro d’esordio Marina Visentin ha scelto un argomento poco frequentato e ancora meno amato: raccontare quanto possano essere crudeli le donne. Non solo verso le altre donne viste come eterne rivali, ma anche verso gli uomini se appena rappresentano un rischio per quello che hanno ottenuto a prezzo di tradimenti, ipocrisia, finta gentilezza e apparente remissività. 

Più che un romanzo, Biancaneve è una parabola e, come tale, a tratti appare eccessiva, però è chiara ed efficace nel rappresentare il cuore nero delle donne. 

Tutto, come sempre, nasce da qualcosa che manca all’equilibrio. In questo caso si tratta dell’autostima da cui deriva l’incapacità della protagonista di ottenere quello che desidera, cioè l’amore di un uomo, con un’onesta seduzione.

Per Biancaneve, personaggio antipatico fin dalla prima riga, esattamente come lo sono tutte le persone invidiose e passive, prive di empatia e smaniose di impossessarsi di quello che hanno gli altri, l’unico mezzo è per il tradimento bieco dell’amica del cuore. Ma poiché è difficile costruirsi la felicità sull’annientamento degli altri, capita che il bene conquistato le si rivolti e allora cade anche la maschera dell’ipocrisia e quello che rimane è l’omicidio.

adele marini

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