Biografia sentimentale di Fabio Montale, parte I

Due parole per il Collettivo Marsiglia. E’ nato dall’incontro di tre persone: Ciro Auriemma, Renato Troffa, Alessandra Anzivino. Provenienze regionali diverse ma all’orizzonte sempre il mare.
L’ intento è raccontarvi il “nostro” Fabio, restituendovi le emozioni che ci ha regalato, alle manchevolezze critiche non fate caso, ci muove la passione: poche regole e molto cuore. Saremmo veramente felici se alla fine della lettura ci poteste confondere con gli amici d’infanzia di Fabio: Menu, Ugo e Lole, dimenticando i nostri veri nomi.
Fregni scrisse una frase emozionante su J.C.Izzo, la facciamo nostra per iniziare di slancio il nostro lavoro: ” Addio, indimenticabile amico”.

Fabio Montale è l’eroe noir creato da Jean Claude Izzo protagonista della trilogia che comprende Casino Totale, Chourmo e Solea.
Ugo, Manu e Lole sono i suoi amici più cari. Marsiglia è la protagonista occulta di tutta l’opera di Izzo.

Casino Totale, edito nel 1995, è il primo capitolo della trilogia marsigliese, sono qui tracciate le linee ideologiche, culturali e umane di Fabio; un mondo che ha una sua coerenza, ancorato a dei valori che, anche se sembrano dissolversi lungo l’opera, ritornano e convincono il lettore.
Il racconto si apre con la morte di Manu, da vendicare e da riscattare. Ugo suo inseparabile amico è tornato solo per saldare i conti.
Una vita sconsiderata quella dei due amici, giorni persi nelle spire criminali di un quartiere malfamato di Marsiglia: il “Panier”, stesso destino di morte.
Fabio decide di diventare poliziotto, un tradimento, un cedimento, oppure la certezza del protagonista di non potercela fare e la volontà di passare dall’altra parte, una delle tante certezze che s’infrangeranno.
Izzo lavora di fino sul microcosmo di quartiere del Panier, un luogo violato e perduto fin dalla seconda guerra mondiale: “Poliziotti francese violenti e soldati tedeschi arroganti”.
La toponomastica di Marsiglia è composta di luoghi dell’anima, molto evocativi, nei vicoli si vive una dualità: culla spensierata della giovinezza dei quattro amici storici e baratro ineluttabile dei loro sogni e delle loro vite, tutto nello spazio di qualche isolato.
Fabio arriva sulla scena narrativa a tragedia consumata.
E’ la sua prima apparizione ed è già contraddistinta dall’abbandono delle persone a lui care, da un insanabile dissidio interiore che lo vuole sbirro contrapposto ai suoi affetti che hanno preso la strada della malavita.
I primi due capitoli del romanzo sono imbevuti di ricordi d’infanzia, Manu. Fabio, Ugo e Lole, il loro primo incontro, il loro fare gruppo tra immigrati per contrastare un pregiudizio forte, una spirale di solitudine alla quale non si rassegnano.
La scelta di Izzo di far narrare tutta la storia a Fabio senza utilizzare una terza voce narrante è vincente
Il lettore saprà la verità dal protagonista, drammaticamente, vivrà assieme a lui, ne condividerà le cadute rovinose, senza possibilità di alcun fraintendimento.
Fabio non è un chiacchierone, ama il silenzio e la pesca, vive appena fuori Marsiglia a “Le Goudes”, un piccolo porto, una casa di campagna, un luogo dove ” Inventavamo il mondo”.
Honorine, la vicina di casa, è la custode preziosa della giovinezza dei quattro amici, una donna generosa, cuoca sopraffina che sa incassare colpi terribili, tragedie enormi, che cura con ricette generose e profumate che restituiscono perfettamente un tipo d’amore concreto così agognato dal protagonista.
Fabio rivolge solo qualche rispettoso riferimento ai suoi genitori, lodandone la forza e il coraggio di essere ancora in piedi nonostante il rullo compressore del razzismo imperante e del menefreghismo generale.
Honorine però è e sarà sempre il “nido”.
Non è necessario dilungarsi molto ora sull’amicizia dei quattro, è un refrain continuo nella trilogia, un monito che torna, il dubbio che si spiega, sempre, l’origine di ogni bene e di ogni tragedia.
Fabio imposta la sua vita tenendosi al largo dalle classiche spacconate della Polizia ufficiale, è a capo di un reparto voluto ma allo stesso tempo deriso e oltraggiato dai suoi capi: Squadra sorveglianza dei settori, come dire missione impossibile se non armati fino ai denti.
Del poliziotto Montale piacciono poco le sue attività di mediazione culturale, i suoi metodi sono basati sul dialogo e la fermezza ma mai sul pestaggio indiscriminato per razza e provenienza geografica.
Nessun pietismo da parte di Fabio, nessun preziosismo linguistico per descrivere le varie etnie, il modo più coerente e intelligente di trattare il tema spinosissimo dell’integrazione, descrivere una realtà riconoscibile dove le brave persone appartengono trasversalmente a tutte le etnie, così come i criminali.
Una brava e bella persona era sicuramente Leila, amica e innamorata araba di Montale, un’occasione non colta per il nostro protagonista, un rifiuto dettato dalla volontà di non nuocere ad una vita ancora in fase evolutiva e piena di aspettative. Introdurre Leila è uno spunto narrativo efficacissimo per sondare il rapporto fallimentare con le donne del nostro protagonista.
Fabio conosce i sentimenti, ne segue spietatamente la parabola discendente, vive con ansia l’epilogo della passione per le donne importanti della sua vita.
Si addossa completamente la responsabilità della sua solitudine sentimentale, Izzo è maestrale nel dare voce alla sua disperazione, un modo mai banale ed estremamente realistico di inquadrare le relazioni, storie “universali”, finali purtroppo condivisi da tutti noi una volta nella vita.
Le donne sono rispettate e ricordate con tenerezza, anche dopo l’amore.
E’ il caso di Babette, intrepida giornalista che nello sviluppo della trilogia prenderà sempre più consistenza, o di Marie Lou puttana che si spoglia del suo ruolo perchè rivestita della sua dignità da Fabio.
Poi c’è Lole, un fantasma, la donna della banda di ragazzini che erano e sono rimasti Manu, Ugo e Fabio.
Il legame tra i quattro non si spezza mai, la trama del romanzo si appoggia proprio sullo stretto intreccio delle loro vite.
Un angoscioso rincorrersi di fatti svelerà a Fabio una trama ordita per eliminare i suoi amici, sullo sfondo anche l’orribile fine di Leila.
Fabio vive assediato dai suoi fantasmi, affetti consumati in maniera mai soddisfacente, milioni di cose non dette, di abbracci non dati, di spiegazioni rimaste a mezz’aria.
Il mondo di Fabio è incompiuto in questo romanzo, già greve e pesante, ma con delle aperture di serenità che nel resto della trilogia faremo fatica a ritrovare.
Magistrale la scena descritta delle “sue” donne che giocano a ramino in terrazza, delle pagine indimenticabili, una fusione di vite femminili diverse, una tranquilla signora in età, una puttana malmenata di una fragilità disarmante, una giornalista in carriera “fissata col sesso”.
Vite complicate, semplicità di gesti, profumi intensi e colori accesi di Marsiglia, questo basta a Fabio per riprendersi da una giornata disastrosa.
Il mondo è al capolinea, una schifezza assoluta, dopo una pioggia di morti, perfino Perol, l’unica sponda amica in polizia per Fabio, la misura è colma è ora di lasciare quel lavoro nel quale non crede più.
Montale è un ottimo poliziotto per tutto il romanzo, crede nella giustizia fino alla fine, ha sacrificato molto per seguire quella strada, i suoi amici in primis, poi arriva la disillusione totale e l’abbandono.
Lole arriva senza molte spiegazioni, a rendere meno amaro l’epilogo di morte di persone e di sogni, due sopravvissuti, un’unica intensa visione: Marsiglia…”Erano tutti qui. I nostri amici, i nostri amori.”

collettivo marsiglia

Potrebbero interessarti anche...