Buonasera (signorina)



Davide Pappalardo
Buonasera (signorina)
Eclissi
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Ultima fatica di Davide Pappalardo, l’autore fra l’altro, per doveroso inciso, di Milano Pastis, Buonasera (signorina) è una storia (molto) noir che ci riporta nella Milano degli anni ’70, quella dei “trani à gogò” di Gaber, delle grandi rapine (citata più volte, come parte integrante della storia, quella di via Monte Napoleone), dei night, non ancora sostituiti dalle discoteche, delle Autobianchi, dei primi commerci di droga e del clan dei Marsigliesi.
Una Milano già buia e violenta, già tormentata, già fatalmente avviata sulla via della perdizione, ma che forse, a confronto con i giorni nostri, ci offre ancora qualche motivo di rimpianto o almeno di nostalgia.
Libero Russo è un ex poliziotto, ora scalcinato investigatore privato abusivo, che consuma la sua grama esistenza in una topaia con la sola compagnia del gatto di casa e delle canzoni di Fred Buscaglione (da una delle quali deriva appunto il titolo).
Unici clienti, al momento, una coppia di vecchietti, che disperati si sono rivolti a lui per sapere qualcosa della figlia, che “lavorava sulla strada” e che ora risulta misteriosamente scomparsa.
Quando, l’antivigilia di Natale del 1970, Jo Le Maire, anziano gangster con trascorsi in terra di Francia ora apparentemente dedito solo al commercio di alcolici, ritrova il suo socio in affari sadicamente ucciso in casa con ventisette coltellate, Libero viene subito sospettato dai suoi ex colleghi dell’omicidio, poiché alcuni giorni prima aveva avuto una accesa discussione con il morto.
Con l’aiuto di Marione, ex collega burbero nei modi ma a suo modo anch’egli, come Libero, dotato di un cuore d’oro, e della prostituta Martina, il nostro protagonista dovrà così fare luce, in fretta, sull’omicidio, legato con tutta evidenza, come si scoprirà poi, anche alla misteriosa sparizione di cui si sta occupando.
Nel corso dell’indagine il lettore sarà accompagnato con perizia nei meandri della mala milanese di qualche decennio fa, ma soprattutto nelle perversione, nella follia e nella violenza che albergano in molti dei comprimari. Verrà inoltre nel finale a scoprire come mai Libero è stato cacciato dalla polizia, e perché i suoi colleghi non vedono l’ora di incastrarlo.
Le vicende, soprattutto nel finale, sono complesse, la soluzione giunge piuttosto inaspettata, sovvertendo, ma con logica, i sospetti iniziali, e qualcosa rimane, volutamente, irrisolto, così come irrisolta sembra permanere la vicenda umana e personale di Libero.
Ben scritto, molto noir, molto amaro, spesso triste e a volte commovente, ma anche sempre dotato della giusta suspense.

Gian Luca Antonio Lamborizio

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