MilanoNera incontra Simone Sarasso

Dopo Invictus, Colosseum entrambi pubblicati fra maggio e ottobre dalla Rizzoli. Nomi latini a parte, come mai questa passione per l’antica Roma?
Anche se il salto temporale è davvero consistente, esiste un filo rosso tra la mia produzione noir contemporanea e i romanzi storici di ambientazione classica. In entrambi i filoni trovo il modo di indagare il lato oscuro del potere. In INVICTUS l’ho fatto dal punto di vista più alto, quello dell’Imperatore (uno dei più grandi di tutta la storia di Roma). In Colosseum lo sguardo impietoso sulle miserie della classe dirigente viene dal basso, da due schiavi che lottano nell’arena per la propria vita.

In Invictus hai raccontato la vita di un imperatore, in Colosseum quella di due gladiatori. Quale compito è stato più difficile e perchè?
Sono state due belle avventure. Con INVICTUS sono potuto andare a caccia dell’autentico cuore nero dell’Impero: ripercorrendo l’intera vita dell’Imperatore santo ho capito come la brama di potere possa devastare anche le migliori intenzioni. Il vecchio adagio è noto e transgenerazionale: “Il potere assoluto corrompe assolutamente”. In COLOSSEUM ho potuto occuparmi della condizione servile, e delle ripercussioni della sperequazione sociale in vigore nella Roma del primo secolo su coloro che costituivano lo strato più basso della società. Un’occasione unica di raccontare un’altra Roma, quella che di solito non finisce nei testi scolastici.

In futuro continuerai su questo filone storico o tornerai alla tua trilogia sulla storia d’Italia?
Il prossimo obiettivo è IL PAESE CHE AMO, il terzo volume della mia Trilogia Sporca dell’Italia. Lo consegnerò a fine marzo all’editore e vedrà la luce nel corso del 2013. Sarà il coronamento di sette anni di lavoro e si occuperà del periodo che va dal 1980 al 1994.

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