Dante in love – Giuseppe Conte



Giuseppe Conte
Dante in love
Giunti
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Nessun migliore omaggio letterario per la commemorazione dei settecento anni dalla morte di Dante poteva essere più adatto del romanzo di Conte Dante in love. La vicenda reca in sé molti echi della biografia dell’autore fiorentino: l’anima di Dante, anzi la sua ombra, come lui stesso la definisce, viene costretta dall’Onnipotente a tornare sulla terra tutti gli anni per un breve lasso di tempo, dal tramonto alle luci dell’alba dell’equinozio di primavera, fino a quando troverà una donna che lo ami. Esiliato dunque per la seconda volta, per contrappasso dal Cielo alla sua Firenze, Dante assiste dall’osservatorio speciale del Battistero- il suo bel San Giovanni- allo scorrere dei secoli, al mutare dei costumi e della vita degli uomini e al permanere degli antichi vizi che lui ha aspramente condannato nella sua opera. Fino a quando incontra una giovane straniera, Grace, con cui non può entrare in contatto a causa della sua condizione di ombra, ma che sarà comunque in grado di rinnovargli l’antica fiamma dell’amore. Occorrerebbe un altro libro per recensire questo romanzo, perché ogni pagina di Conte merita l’attenzione e la riflessione del lettore, e perché il grande patrimonio di conoscenze letterarie dell’autore impregna ogni riga dell’opera. Proviamo a offrire qualche spunto di lettura, consapevoli di tralasciarne moltissimi altri a carico del lettore. In Dante in love troviamo un poeta che parla di un altro poeta, si immedesima nel suo protagonista (come emerge dalla focalizzazione in seconda persona) rielabora l’immaginario dantesco da uomo contemporaneo, rendendo in modo mirabile lo sbigottimento dell’esule nella propria terra, esule nel tempo in luogo dello spazio. Ma Dante rimane il poeta che noi abbiamo conosciuto leggendone i versi, l’uomo ammaliato dalla bellezza, dall’amore che abita negli occhi e da lì va a insediarsi nel cuore; il cittadino orgoglioso, che ha amato la politica per ambizione ma soprattutto per il nobile anelito ad una giustizia universale. Impossibile non cogliere l’eco di Farinata degli Uberti – colui che aveva l’inferno in gran dispitto –  nei giudizi del poeta sulla miseria della società contemporanea, sulla viltà e meschinità che ancora dominano gli uomini, sulla sacrilega brama di guadagno, sull’individualismo che ha inghiottito ideali e valori. 
E come non cogliere in Grace – la grazia che completa la bellezza e la Grazia salvifica dell’anima – la funzione catartica di Beatrice e la passione travolgente di Francesca da Rimini? Nelle pagine finali, nella blasfema invocazione di Dante a Dio di lasciarlo sulla terra, Conte ci restituisce la passione, disperata e smisurata, che ha condotto il poeta a creare il personaggio più indimenticabile della Commedia, quella Francesca che pur di non rinunciare all’amato Paolo ha scelto in piena consapevolezza l’eternità dell’Inferno, che le consente l’indissolubilità del suo legame con l’amato.
Dante, invece, pur con atroce sforzo della volontà, sceglie di ascendere alle stelle, la cui luce sulla terra è riflessa dal canto poetico.
Il lettore ci perdoni per aver ridotto un romanzo di così ampio spessore a poche noterelle, ma si addentri nella sua lettura certo di ricavarne luce che illumini questi tempi così ottenebrati. 

Donatella Brusati

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