Del dirsi addio



Marcello Fois
Del dirsi addio
Einaudi
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E’ certamente uno dei migliori noiristi italiani e se per caso qualcuno se lo fosse scordato, è soltanto perché da tempo, pur essendo uno scrittore prolifico, non pubblicava romanzi di genere. Marcello Fois io l’ho scoperto e conosciuto all’alba dei miei diciannove anni, allorché mi accingevo a iniziare l’avventura universitaria al Dams.
Lui, fieramente sardo d’origine, in realtà era bolognese d’adozione e parte di quel circolo d’élite – che di strada ne ha poi fatta tanta – formato da Carlo Lucarelli, Giampiero Rigosi, Eraldo Baldini, Simona Vinci ecc… ecc… Pubblicava, allora, per il “Maestrale” di Nuoro e per “Granata Press”, un approdo sicuro, quest’ultimo, per tutti noi appassionati di giallo e nero.
Una casa editrice fondata e diretta dallo scomparso Luigi Bernardi, capace di far tradurre e pubblicare in Italia, tra i tanti, Didier Daeninchx, Léo Malet, Jean Patrick Manchette, Patrick Raynal (uno più bravo dell’altro). Soltanto più tardi Fois è approdato allo Struzzo. E dopo l’imponente trilogia dedicata alla stirpe dei Chironi, quasi 800 pagine complessive nella versione tascabile, è tornato alle origini, pubblicando di recente, sempre per Einaudi, “Del dirsi addio”.
La storia è ambientata tra Bolzano e Bologna. C’è un commissario, Sgriggio, che è omosessuale (e per questo originalissimo), chiamato a indagare sulla scomparsa di un bambino. E’ un pretesto, quello utilizzato da Fois, per raccontare una storia familiare. E’ l’eccellenza del noir: raccontare, appunto, ciò che ci sta attorno in chiave nera. Lo scrittore sardo-bolognese lo sa fare benissimo. Leggere un romanzo di Fois, qualunque esso sia, significa essere trasportati nel lato “B” del mondo. Certo: dovrebbe essere la missione di tutti gli scrittori di genere.
La verità è che non tutti ci riescono. Fois sì: lui, che i generi li sa travalicare, ti accompagna per mano in un mondo animato dai tuoi fantasmi, una sorta di “realismo isterico” dove tutto è molto molto vero, ma anche tremendamente fantastico. Qualcuno l’ha definito uno scrittore “con passo classico”, e forse non ha tutti i torti. Anche per questo motivo, perché sa scrivere, sa rinnovarsi e raccontare il nostro Paese meglio di altri e dalle prospettive più diverse, Fois andrebbe letto nelle scuole: di certo, se così fosse, gli studenti amerebbero di più la letteratura e magari frequenterebbero di più le librerie.
Se fosse una canzone, “Del dirsi addio” potrebbe suonare come un disco di Lucio Dalla. Voto: 8.

Alessandro Garavaldi

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