Dennis Lehane – Tutti i miei errori



Dennis Lehane
Dennis Lehane

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Il mondo è in guerra.
Blocchi contrapposti si lanciano dapprima guanti di sfida, poi si affrontano a viso aperto in battaglie cruente, per poi aprire gli occhi sull’inaspettato orrore nascosto in campi di lavoro nel cuore della civilissima Europa, peggiori della stessa guerra combattuta.
Mentre la puzza di artiglieria si diffonde nell’Occidente, in un angolo di America del 1943 non ci sono governi a muovere le pedine sulla scacchiera di un Risiko mondiale, ma un sottobosco di quella malavita organizzata importata dal Bel Paese nella Florida del sogno Americano, capace di tirare le fila dell’economia, nonostante la caotica entropia globale portata da quella guerra totale al di là dell’Atlantico.
Giunto al terzo capitolo (dopo “Quello era l’anno” e “La legge della notte”), la saga di Joe Coughlin prosegue senza quella continuity serrata che dà l’impressione al neo lettore di trovarsi davanti ad un film già iniziato. “Tutti i miei errori” si presenta ben strutturato nel suo soggetto, che non richiede alcuna retrocompetenza su fatti ed eventi dei precedenti romanzi dello sceneggiatore irlandese, bostoniano di adozione.
Scotch e sigarette sono gli immancabili coprotagonisti di questa pièce ambientata a Tampa, in Florida, i cui characters dietro una facciata impeccabilmente filantropica celano traffici ed investimenti con una mafia che rivela la sua feroce spietatezza dimostrandosi abile affarista nello speculare con le conseguenze sia del proibizionismo sia del conflitto mondiale in corso.
Scorrendo le pagine nessuno appare innocente, tranne i bambini, che la penna di Lehane ci affida con quella garbata delicatezza che inaspettatamente taglia i toni talvolta cruenti della narrazione.
Longanesi ci offre un prodotto caratterizzato dall’esemplare traduzione di Mirko Zilahy, capace di rievocare luoghi e tempi lontani con attenta ed accurata scelta lessicale, che rende il gergo dell’America proibizionista credibilmente veridico e aderente agli scopi narrativi dell’autore.

 

 

Giuseppe Calogiuri

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