Dimmi che credi al destino



Luca Bianchini
Dimmi che credi al destino
Mondadori
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Bianchini è una lettura universale. Come le chiavi degli hotel che aprono ogni porta. Si adatta a tutti. Come un tubino nero o una collana di perle che non sfigurano con niente. Mi piace aspettarlo e resterei quasi male se quell’attesa che lo rende ancora più desiderabile, fosse troppo breve. Succede per il primo gelato in estate, per il primo cioccolatino in autunno e accade per i libri, che al momento dell’uscita, sono già classificati come fenomeni editoriali.
Dalla Puglia, dal regno di Don Mimì e del suo amore impossibile per Ninella che confluisce per uno strano scherzo del destino nelle vite dei figli, si attraversa la manica per raggiungere la perfida Albione. Dal sole abbacinante di Polignano a mare, Bianchini conduce per mano il lettore tra le nuvole di Londra, che corrono rapide, cambiando di continuo, la morfologia del cielo.
Presenta Ornella, la titolare della libreria italiana a Londra, che si ripete come un mantra: “La libreria mi ha salvato. Io devo salvare la libreria.” Mostra Clara, sua dipendente, professionale e morale, che segue gli umori di Ornella e asseconda le esuberanze del suo gatto invisibile. Svela una panchina, come luogo di incontro ad Hyde Park e crocevia emozionale di Ornella con Mr George, un anziano inglese che rincorre i ricordi di un amore perduto. Introduce Patti, una vecchia amica, con cui ha condiviso un passato travagliato e che il tempo ha trasformato in una borghese dalla smodata passione per le scarpe (ndr. ossessione che la rende il mio personaggio preferito) e dal rapporto a corrente alternata di amore ed odio con una zia tirchia a cui tende, per odore di eredità.
Racconta Diego, il giovane ragioniere scappato da Napoli, per guarire un mal d’amore diversamente etero. E porta questi personaggi all’interno di un teatro senza sipario, sbirciando attraverso le quinte di Portobello Road, che campeggia sulla copertina. Occhieggiando dalla boccia dei pesci rossi Russell e Crowe, accanto al ricevitore di cassa della libreria. Guardando attraverso gli occhi del nano da giardino sottratto da Ornella alla collezione di una vicina ignara del furto e strappando sorrisi al lettore. Una serata dedicata al “tarallo d’autore”, dove tra tarallucci e vino, viene raccontata la trama di un libro. Un viaggio a Verona, per risolvere una questione, accanto a Patti, “il faro che ti dice dove andare quando sei nella tempesta” e la redenzione finale, con l’happy ending che rassicura il lettore.
Ingredienti che rendono la ricetta appetibile per una gustosa commedia all’italiana fatta di sorrisi, di buoni sentimenti e di voglia di ricominciare.
Bea Buozzi

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