Emilio Martini – Il paese mormora



Emilio Martini
Emilio Martini
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Una nuova indagine del commissario Berté
Il Commissario Berté ha assoluto bisogno di riposo, tradotto in parole povere “deve” staccare. L’improvvisa morte del Questore Maestroni, che lo rivoleva in pista a Milano, e l’inquietante e drammatico caso che ha coinvolto la Procura di Lungariva, uniti a tutte le incertezze legate a quello che potrà essere il suo futuro professionale, lo hanno messo alla prova. Nonostante le amorevoli premure della Marzia, pronta per lui a traslocare e seguirlo ovunque, naviga nello stress a gogò. Oddio il Questore di Genova, al telefono, gli ha ingiunto di stare calmo, di pazientare e attendere le decisioni superiori del CDA, ma insomma… Brutti pensieri a pioggia. Ragion per cui si lascia convincere dalle raccomandazioni di un amico, spalleggiato dalla Marzia, a concedersi una vacanza settembrina in mezza montagna: vacanza che sarà rallegrata da buone letture (e magari buttar giù qualche pagina), da ottima cucina garantita e ristoratrici passeggiate montanare. La località raccomandata caldamente è Montenorbo, ridente paesino della Valcamonica, ma sappiate subito che Montenorbo non si chiama così, pfui sarebbe troppo facile, questo è un poliziesco non una guida turistica. E ormai saprete che le Martignoni in un romanzo offrono sempre e generosamente ai lettori almeno due gialli: la trama del libro e un racconto del commissario. Stavolta si sorpassano e ci regalano persino l’indovinello di scoprire il nome del loro salubre paese fungaiolo e vacanziero. Indovina… indovinello… E tutto allo stesso prezzo di copertina. Comunque, dicevamo, arrivati a Montenorbo dopo abbastanza ore di viaggio da scatenare l’ansia di Bertè per quanto possa essere successo a Lungariva in sua assenza, nonostante la strisciata alla Fiat Tipo Station Wagon, nuova di pacca, l’accoglienza dell’albergo, una pausa prima di cena a letto con la Marzia e più tardi in sala da pranzo, il corposo e gustoso menu lo fanno sentire subito meglio. Ma, ma… ma al tavolo vicino siede un coppia della zona. Loro coetanei più o meno. Parola tira parola, domanda tira domanda, supposizione altra supposizione e via dicendo. Insomma, facendola breve, mentre sono ancora seduti a tavola salterà fuori che sotto la finta e sorniona tranquillità locale, da oltre trent’anni serpeggiano in paese perfidi e leggendari pettegolezzi, rancori, sospetti, maldicenze o peggio, neppure velate, accuse vere e proprie. Se fosse tutto vero saremmo davanti a un cold con i fiocchi e appare più che giustificato il desiderio di fare chiarezza su un passato fosco che ha segnato la vita di alcuni abitanti. E quindi ci rendiamo conto subito che: altro che vacanza per Berté. Sissignori il nostro ha fatto appena in tempo ad arrivare per finire a capofitto, coinvolto in una brutta e complicata storia di paese che racconta una strana catena di incidenti? E se invece si trattasse di una serie di delitti mai risolti? Tutto è possibile, spesso la realtà va al di là della fantasia. Oddio la jella può sempre colpire a raffica, ma intanto c’è la coincidenza che tutte le vittime erano amici tra loro, parrebbe che una sinistra maledizione abbia gravato per anni nella vallata. Molti anni prima, infatti la morte di Celeste Re, una bella ragazza di ventidue anni, precipitata in un crepaccio durante una gita in alta quota con un gruppo di amici, aveva aperta una sinistra catena di incidenti. Dopo di lei uno dopo l’altro avevano perso la vita tre dei quattro fratelli Griffi, tutti e tre membri della comitiva con lei quel giorno della fatale gita in montagna. Ogni volta gli inquirenti avevano indagato, formulato delle ipotesi ma non avevano mai trovato elementi per sospettare il coinvolgimento di qualcuno. Insomma ogni volta le morti erano state archiviate come accidentali. A Montenorbo si mormora che Fausto Griffi, il figlio minore e unico superstite della famiglia, cerchi da anni un documento di inestimabile valore…Gigi Berté stavolta però non può contare né sulla sua squadra né su aiuti tecnologici. Può servirsi solo del suo buon senso e del suo intuito. Prestando ascolto ai dubbi e ai timori di un preoccupato e riservato veterinario, da poco vedovo, sarà costretto a inanellare faticose passeggiate montane, a incontrare e sondare vecchi testimoni, e a recarsi agli appuntamenti di un inquietante personaggio, una specie di veggente, una poetessa e scatenata femminista ante litteram. Si scoprirà che i dubbi e i timori del vecchio veterinario erano fondati. Ogni storia e ogni morte hanno la loro imprevedibile logica e il conseguente e contorto perché, ma quelle verità che emergeranno dalle nere ombre del passato, provocheranno solo grande amarezza. Un giallo da manuale che sarebbe quasi potuto uscire dall’agile penna di Agatha Christie. E ora a voi lettori: con un po’ di fantasia provate a immaginare Gigi Bertè nei panni di Hercule Poirot e la Marzia, stavolta un spalla coi fiocchi per l’indagine, in quelli del capitano Hastings.
Dietro lo pseudonimo di Gigi Berté si nasconde un vicequestore aggiunto in carne e… coda brizzolata, che opera in un commissariato italiano.
Anche dietro il nome Emilio Martini si cela qualcuno in carne e… penna: due sorelle scrittrici, Elena e Michela Martignoni, che conoscono bene il Commissario, sono milanesi e frequentano da anni la Liguria. Insieme hanno scritto i romanzi storici Requiem per il giovane Borgia, Vortice d’inganni, Autunno rosso porpora e Il duca che non poteva amare, e i gialli con protagonista il commissario Berté, oltre a Il paese mormora, La regina del catrame, Farfalla nera, Chiodo fisso, Doppio delitto al Grand Hotel Miramare, Il mistero della gazza ladra e Invito a Capri con delitto, Il ritorno del Marinero e Ciak: si uccide, oltre alle raccolte I racconti neri del commissario Berté e Talent Show.

Patrizia Debicke

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