Faccia a faccia con Antonio Casanova

978882005808_CASANOVA_VentunoAntonio Casanova, dalle illusioni create su un palco alle illusioni create nelle pagine di un libro, quali analogie ci sono tra le due situazioni?
Ho sempre ritenuto, sin dall’adolescenza, età nella quale cominciai a leggere quantità industriali di gialli e di thriller, che gli scrittori di questo genere siano prima di tutto illusionisti.
Ovvero illusionisti della scrittura, dove applicano perfettamente il concetto di falsa direzione, presente nell’illusionismo come regola d’oro, per sviare i sospetti del lettore pagina per pagina, per poi stupirlo definitivamente al termine del libro.
E’ un processo del tutto simile a quello che uso per creare numeri di illusione sempre nuovi, o spettacoli dagli aspetti improvvisi e del tutto impossibili da anticipare.
Così ho deciso che dopo quattro libri fantastici per ragazzi, editi da Piemme, più precisamente dalla Battello a Vapore, titolati ‘L’illusionista’ era tempo di tentare la strada adulta.
Così è nato Ventuno. Una sfida per verificare se è vero che un illusionista deve poter scrivere un buon thriller, visto il teorema che vuole un buon scrittore di gialli essere potenzialmente un ottimo illusionista.

Non è la tua prima esperienza come scrittore, ma è la prima con un thriller, come è nata l’idea per questo libro?
L’idea è fiorita a Las Vegas, dove per altro non fiorisce nulla, essendo nel pieno deserto del Nevada. Tre mesi di show mi hanno permesso di mettere sul piatto della bilancia l’aspetto sfavillante di Vegas e la sua facciata B, quella dietro i muri dei teatri e lontano dalle quinte degli show.
Ho raccontato un universo che ho vissuto, dai delitti agli arresti all’angolo di ogni strada, alle rocambolanti avventure di bari e contromisure per gli stessi prese dai casinò che per far questo assumono, guarda caso, proprio prestigiatori e illusionisti.

In “Ventuno” non sei per nulla tenero nelle descrizioni degli illusionisti: megalomani, egoisti, narcisi. E’ un mondo davvero così duro e spietato?
Come tutti gli spicchi della torta dello show business, dove ciascuno cerca di ritagliarsi il suo pasto. Nel caso degli illusionisti ci sono persone meravigliose, aperte nonostante il mondo segreto in cui viviamo e piene di generosità per far sì che l’arte si protragga ai degni successori.
Ma c’è anche chi è salito alle cronache per aver cercato di uccidere la partner, o chi è venuto a biechi propositi solo per conoscere il funzionamento di un segreto alla base di una levitazione o di un trucco stupefacente. Un mondo che non vi aspettate ,ricco e profondo di storie umane e a volte quasi disumane. Il mondo della magia a 360°.

Allo stesso modo descrivi Las Vegas come uno specchio che riflette luci sfavillanti nascondendo il marcio che si cela dietro la superficie. Una città di sole illusioni?
Come raccontavo prima è un grande luna park. Una rappresentazione in scala del mondo, non solo per gli alberghi che rappresentano addiritura città in scala, come accade per il Venetian o per il Paris, ma anche riguardo proprio a quello che vi accade.
Las Vegas è un grande Paese dei balocchi, dove un lucignolo affascinante rischia di trattenere tutti coloro che non si fermano a osservarne l’aspetto spettacolare ed entrano nelle spire del serpente del gioco. Dipende come la si vive. Il rischio è questo.

Perché hai scelto un protagonista cieco?
Perché volevo qualcuno che potesse avere una logica ineffabile, non traviata dalla realtà, in questo caso manipolata dagli illusionisti e non solo.
Un uomo sensibile, profondissimo, che ha perso la vista durante un conflitto a fuoco, e pertanto sa bene a cosa sta rinunciando, ma sa anche di possedere un mondo personale e meraviglioso.
Per lui è assolutamente vero quanto uno dei protagonisti ad un tratto afferma, ovvero che la ‘realtà non esiste, ma è solo ciò che riusciamo a immaginare’.

Come nella magia, la vista inganna?
Esattamente. D’altronde non possiamo negare a noi stessi il principio dell’ottica che ci conferma che i colori che vediamo negli oggetti sono in realtà proprio l’unico colore che manca, che viene respinto. Con questa base tutto è ingannevole, o meglio, manipolabile e soggettivo.

Mi è sembrato di cogliere in alcuni passaggi del libro, quelli con brevi descrizioni dei paesaggi, per esempio del vento che soffia, una vena di malinconia. Mi sbaglio, o è qualcosa che fa parte di te?
Ho tentato una strada personale, non malinconica ma, se posso azzardarlo, lirica. Amo la poesia, e volevo che il thriller ne portasse il segno. Una scelta che forse si è rivelata giusta, oltre a rappresentarmi.
Claudio baglioni ha recensito il libro in maniera delicatissima, puntando il dito proprio sul capitolo del vento. E affermando che nella scrittura c’ è la stessa poetica che ho messo in alcune illusioni che lui ha vissuto sul palco con me, come la neve che appare dalle mani o la levitazione in volo del pianoforte. Battezzato da lui , che di parole e musica se ne intende, questo stile particolare che ho usato credo sia definitivamente confermato.

Un aspetto decisamente interessante che illustri è l’importanza della tecnoligia nella magia, non avevo mai riflettuto sul fatto che ci fossero persone che costruiscono le illusioni proposte poi dai maghi.Tu sei un appassionato di tecnologia? Per i tuoi trucchi, fai tutto da solo o ti avvali di un builder?
Quando penso a un effetto illusionistico parto dal concetto immaginario dello stesso, e mi chiedo cosa voglio vedere, non come farlo. Poi entra in gioco la tecnica e tutte le tonnellate di libri e informazioni che ho acquisito in questi anni. Per la costruizione mi avvalgo eccome dei builders, tra i quali Bill Smith proprio di Las Vegas o Paul Osborne di Dallas. Personaggi geniali e abilissimi, oltre che detentori del segreto, cosa fondamentale per questo lavoro.

E’ più facile scrivere un libro o creare magia?
Ho sempre scritto, di nascosto, pertanto potrei dire che è una parte di me, come creare magia. Non uno sforzo o una difficoltà, ma un’ emanazione.
La difficoltà vera è non farlo!

Il tuo protagonista si chiama Nathaniel Poe. Come l’ho letto, ho pensato che nascondesse un omaggio. Ho ovviamente subito pensato a Edgar Allan Poe per il cognome e poi alla trilogia di Bartimeus per il nome Nathaniel. E’ solo una mia “illusione”?
No, è l’intuizione perfetta per quanto riguarda Poe. Fu il primo a stuprimi con la sua ’lettera rubata’ dove tutta la storia ruota attorno ad un concetto base della magia: un oggetto in piena vista ma sotto una forma diversa da quella che ci aspettiamo, è invisibile.
Per Nathaniel invece, nonostante la giusta ipotesi, la genesi è diversa.
Ma non la spiego qui, ora. Così ci sarà motivo di parlarne magari in una seconda intervista!

In “Ventuno” descrivi, senza ovviamente svelarli; alcune illusioni, quanto è stato difficile rendere a parole la “magia” di quei momenti?
Facile, perché scrivere è per me un processo visivo, come la magia stessa.
Vedo a mezz’aria quanto scriverò , e non faccio altro che descriverlo.
Pertanto ho descritto la magia quasi da spettatore, un regalo che la scrittura mi ha fatto e a cui non avevo mai pensato.

Nel libro si fanno degli accenni all’esoterismo, che usa, o meglio, sfrutta la magia, e anche all’ipnosi. Ci spieghi meglio in che modo la magia può entrare in contatto con queste pratiche?
Più all’ipnosi in realtà, perché gli illusionisti usano dei veri e propri linguaggi e gestualità capaci di influenzare e condizionare non tanto i singoli, ma interee platee. Quella che in maniera leggendaria viene chiamata Neuro Programmazione Linguistica invece sul palco avviene realmente, ed è fondamentale capire che anche nella vita di tutti i giorni siamo attaccati in modi subliminali. Forse il libro può aiutarci a difenderci, in parte.

Veniamo a Antonio Casanova lettore. Cosa leggi? Quali autori ti hanno ispirato?
Agatha Christie , S.S. Van Dine e Jeffery Deaver sono le mie colonne portanti, il mio credo letterario nel genere. Poi, uscendo dal filone, amo Hemingway da sempre, mi perdo in Joyce, la cui Ulysses proprio mio nonno Abdon tradusse per Mondadori, e sento pulsare le vene per tutta la produzione poetica di Garcia Lorca, Machado e Neruda.
Come faccio a elencare tutto in queste righe? Vede che c’è spazio e motivo per una seconda intervista?

Che progetti hai per il futuro? Nathaniel tornerà? Anche perché hai lasciato una questione in sospeso, non sappiamo bene le circostanze che lo hanno portato alla cecità…
Nathaniel è già tornato. Nel primo libro non era il protagonista, ma il vero personaggio era proprio il Male, impersonificato.
Ma dal male, citando De André con ‘dai diamanti non nasce nulla , dal letame nascono i fiori’, germoglia questo personaggio capace di sbrogliare la matassa, e assieme al suo fido Elojah Fisher utilizzerà le tecniche degli illusionisti oltre alle sue capacità da non vedente.
Un mix esplosivo che apre le porte di una seconda avventura…nel cassetto dell’editore già da un mese. Quindi a presto per il secondo , adulto, mio figlio di carta.

Grazie a Antonio Casanova per la gentilezza, la , disponibilità e  per l’appuntamento a una nuova intervista.

Cristina Aicardi

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