Fellside – La prigioniera



M.R. Carey
Fellside
Newton Compton
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Un po’ di “Orange is the New Black” e un po’ di “Ghost Whisperer”, M.R. Carey nel nuovo romanzo “Fellside – La Prigioniera” si diverte a infrangere le barriere tra i generi e conferma, come già era successo per l’ottimo ”La ragazza che sapeva troppo”, di saper inserire un’ossatura thriller su basi poco frequentate.
Tutto in queste pagine è più obliquo che consueto, a partire dalla protagonista Jess Moulson, una vita da tossicodipendente alle spalle e un presente tra le sbarre, accusata e condannata per la morte di un ragazzo di dieci anni, bruciato nell’incendio che proprio lei avrebbe provocato, rimettendoci oltre la libertà la faccia, ustionata fino all’osso.
I sensi di colpa e strane visite oniriche le concedono una sana voglia di riscatto, che le impone di mantenere un comportamento specchiato, cosa non facile in un carcere in cui sopraffazioni e traffici illeciti sono all’ordine del giorno. Jess è il punto focale attorno a cui ruota tutto il romanzo, con l’autore che, forse per concentrare meglio l’attenzione del lettore, tratteggia con poche decise pennellate i personaggi di contorno, quasi delle figure stilizzate, un po’ fuori fuoco, funzionali a guidare verso la redenzione il viaggio interiore della protagonista. A lei invece viene regalata una psicologia ben approfondita, con tanto di personalità amara, di paure e insicurezze che la rendono un’eroina traballante, con un cuore spaventato ma un’anima d’acciaio.
Tra crudeli boss al femminile e guardie corrotte, l’epopea di Jess si dipana tra due mondi, quello reale e quello del sogno in cui incontra una figura chiave, l’unica in grado di regalarle una speranza di pace. Non mancheranno lungo la strada colpi di scena, inciampi e perdite, di vite e di speranze, correndo vero un finale triste e piovigginoso, che non consola ma lascia viva una fiammella di speranza.

 

Mauro Zola

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