La figlia adottiva



Jenny Blackhurst
La figlia adottiva

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Sempre inquietanti e realistici, i thriller ci mettono a confronto con gli abissi più profondi e oscuri della psiche umana. Cos’è la “normalità” e quando c’è invece la malattia mentale? Dietro le maschere quotidiane c’è qualcosa di noi rispecchiata negli altri, qualche tratto che ci fa riflettere o ci spaventa.
Quando poi in un libro giallo ci troviamo una protagonista come Ellie Atkinson, una ragazzina di undici anni, sopravvissuta a un incendio che ha distrutto la sua famiglia, che passa di adozione in adozione e presenta pesanti ambiguità, comportamenti disturbati, veri, presunti o chissà…ci sentiamo trascinati verso l’opinione dell’altra protagonista, che, oltretutto, è una psicologa infantile.
A Gaunt, tetra, poco allettante, immaginaria città inglese, Imogen torna dopo che a Londra la sua carriera e la sua mente erano rimaste sconvolte da un errore pagato caro: e subito si imbatte in una scena angosciante e poco chiara. Nella vecchia casa di famiglia emergono ricordi di un’infanzia infelice, di una madre anaffettiva, di lei bambina afflitta da senso di inadeguatezza che non ha mai superato e vittima di bullismo, i dolorosi ricordi recenti della perdita di un bambino. Le viene affidata la cura di Ellie, bambina problematica che tutti accusano forse a torto.
La gente che la conosce è convinta che Ellie abbia poteri sovrannaturali e perfino Imogen, che per il suo lavoro cerca di tenere i piedi in terra e giudicare con razionalità, pur cominciando ad avere qualche dubbio, vuole aiutarla e salvarla dalla situazione terribile in cui si trova.
Ma se la stregoneria non esiste, la psicopatia sì.
Nel libro il riferimento a Stephen King e al suo primo libro “Carrie” (1974) da cui è stato tratto il famoso film “Carrie o sguardo di Satana” non è casuale, anche se “La figlia adottiva” rimane su un piano psicologico e non parapsicologico.
Si pensa che un ragazzino possa essere sempre una vittima della violenza, sembra impensabile che ne sia l’artefice: eppure gli episodi sempre più frequenti della cronaca nera raccontano che il bullismo è fatto quotidiano. Jenny Blackurst affronta questo tema e il disturbo di personalità antisociale con perspicacia, sensibilità e competenza, nascondendo le informazioni tra le righe di una narrazione efficace e accattivante, in un crescendo di tensione da grande thriller.
I capitoli seguono lo schema dell’Io narrante, alternando pensieri e azioni delle due protagoniste ad altri del narratore esterno, escamotage perfetto per entrare nella mente delle protagoniste sviscerando i pensieri e i processi mentali che portano alle loro azioni.
Brividi assicurati durante la lettura di La figlia adottiva, e qualche incubo notturno, perché il più delle volte la realtà è molto più forte di ogni fantasia.

Tiziana Viganò

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