I finalisti del Premio Scerbanenco 2016: intervista a Enrico Pandiani – Una pistola come la tua

51ucxai1pjl-_sl160_pisitb-sticker-arrow-dptopright12-18_sh30_ou29_ac_us160_Una pistola come la tua è in finale allo Scerbanenco. Quali pensi siano state le peculiarità del libro che hanno fatto sì fosse scelto?
Credo che al di là della storia, che coinvolge lo sgretolamento di una famiglia aristocratica, all’interno della quale si muovono personaggi sulle cui vite e speranze mi sono molto concentrato, tra i quali un divertente bambino di sette anni, il commissario Mordenti e i suoi colleghi stiano continuando la loro strada alla ricerca di un poliziesco dai sapori e dalle tinte differenti, dove sentimentalismo, ironia e humour abbiano grossa importanza. Comunque immagino che la ricchezza e la profondità dei personaggi, le loro storie personali, gli incontri complicati che rendono le loro vite difficili e sfaccettate, possano essere un aspetto interessante del libro, forse più della trama stessa.

Quinto libro con Mordenti e Les Italiens, come sono nati i personaggi e come sono cambiati nel tempo? All’inizio, immaginavi già potessero diventare seriali?
I personaggi sono nati quasi per necessità. Dovendo ambientare il primo romanzo a Parigi, ho sentito il bisogno di avere dei personaggi che mi fossero più famigliari. Conoscere la Francia è un conto, conoscere i francesi, tutt’altro. Anche se con i ragazzi d’oltralpe mi ci trovo bene, ho pensato che con una squadra di italiani sarei andato sul sicuro. Ne sono scaturiti questi guasconi sempre alla ricerca di un’identità precisa, fatalisti e con una loro idea molto particolare della giustizia. Penso che i lettori riescano a identificarsi nella loro imperfezione e questo li rende reali. Una sera, dopo una presentazione, una bella signora mi ha detto che voleva proporsi come prossima fidanzata di Mordenti. Tanto per dire.

Hai scelto di ambientare le tue storie principalmente a Parigi, cosa ti lega alla Francia?
La Francia è in qualche modo il mio luogo di elezione, mi piace molto, mi avvolge, mi fa sentire a casa. Il fratello di mia nonna, negli anni cinquanta e sessanta, era il direttore della Martini & Rossi a Parigi, quindi ci si andava spesso, l’ho vista cambiare. Sono talmente vecchio da aver visto le vere Halles. Tutto questo ha determinato un legame di famiglia molto forte. Poi, soprattutto negli ultimi quindici anni, l’ho vissuta intensamente. Da quando sono usciti i romanzi de les italiens, posso dire di averla esplorata a fondo, di averne condiviso le cose belle e le tragedie.

Presto Les Italiens diventeranno una serie televisiva, cosa ti aspetti ? C’è qualcosa che temi possa andare perso nel passaggio dalla parola all’immagine?
Il fatto che i miei personaggi, quali che siano, assumano una faccia e una connotazione ben definita è qualcosa di abbastanza inquietante. Da quel momento, tutti i lettori li vedranno con quelle facce e non più con la loro immaginazione. Però è anche un’emozione fortissima. L’idea di vederli muovere sul piccolo schermo li rende ancora più reali. Quello che mi auguro, al di là di tutto, è che la produzione mantenga le loro caratteristiche principali, vale a dire l’ironia e l’umorismo che li distingue. Mi piacerebbe che guardando i telefilm si potesse fare qualche grassa risata. Mordenti e compagni sono dei moschettieri e, al di là di tutto, spero rimangano tali.

Perché piacciono così tanto Les Italiens?
Forse per lo stesso motivo di cui parlavo qui sopra, perché, nonostante tutto, sono delle persone normali, con problemi normali, con la voglia di ridere e di fare i cretini come capita a tutti. E questo nonostante ciò che incontrano nel loro mestiere ingrato. Il contatto con la parte nera della società, comunque, li colpisce duramente e li segna fin nel profondo. Penso che Mordenti, con la sua voglia di indagare le persone e la loro storia, sia un personaggio di grande umanità, un uomo che sa di poter sbagliare e che non si ferma alle apparenze. Les italiens sono disincantati, non hanno bisogno di espedienti per poter piacere. È sufficiente la loro voglia di essere al mondo e l’amicizia da guasconi che li lega.

Mordenti e le donne: ma sempre “gnoccolone” incontra?
Beh, sapete com’è, pur sempre di finzione si tratta. Trovatemi un eroe, nella storia della letteratura, che non abbia incontrato altro che belle donne. E viceversa, del resto. Anche le eroine incontrano uomini fascinosi, a prescindere se siano muscolosi o abbiano la mascella d’acciaio. Mordenti incontra delle donne che lo attraggono e di cui subisce il fascino. Raramente sono semplici gnoccolone, spesso sono donne tormentate hanno problemi, infelicità, vite sbagliate. Alla fine è questo che attira Mordenti, un dolore da alleviare, la possibilità, o l’illusione, di poter fare qualcosa per loro, facendo nel contempo qualcosa per sé e per la propria solitudine. Io ho sempre cercato di dare un senso profondo ai suoi incontri, anche se spesso sono storie senza un domani. In fondo, Mordenti è un seduttore suo malgrado.

Come definiresti i tuoi libri? Gialli, noir d’azione, polizieschi?
Io ho questa mia convinzione che un romanzo di genere nel quale i protagonisti siano dei poliziotti, qualsiasi tipo di poliziotti, purché dalla parte giusta della barricata, siano da considerare “polizieschi”. Di conseguenza è così che considero i miei romanzi, anche quelli di Zara Bosdaves che altro non è se non una investigatrice privata di ispirazione marlowiana. Non hanno nulla in comune con I gialli, del resto, quei romanzi dove il tizio raccoglie spilli e caccole di naso, li guarda con la lente d’ingrandimento e alla fine ti spiega come ha fatto l’assassino, che dalla caccola ha capito essere uno slavo con madre svedese zoppa, a entrare nella stanza sigillata, passando per il buco della serratura. Del noir, invece, ne parliamo un’altra volta.

L’ironia è compatibile con il noir?
Per me, ironia e umorismo non solo sono compatibili con il romanzo noir o di genere, ma ne devono essere una componente fondamentale. Passando da San-Antonio a Malet, da Lansdale a Camilleri, questa è divenuta anche una mia convinzione. Non mi piacciono i romanzi dove autore e protagonisti si prendono troppo sul serio. Mordenti e compagni, a mio avviso, varrebbero la metà senza la loro ironia e il loro senso dell’umorismo, che a volte è paradossale, me ne rendo conto, ma spesso aiuta a stemperare la brutalità e l’orrore di certe situazioni.

Ricordi quale è stata la tua prima lettura “di genere” ?
La mia prima lettura di genere, che mi ha segnato in maniera indelebile, è avvenuta intorno all’età di quattordici anni, quando uno zio un poco guascone, pure lui, mi ha regalato, dopo averlo letto, uno dei primi romanzi del commissario Sanantonio, pubblicati da Mondadori. Per me è stata una sorta di fulmine sulla via di Damasco. Da allora ho cominciato a scrivere. Poi è venuto Raymond Chandler e tutta la scuola dell’Hard Boiled e, in seguito, l’87° distretto di Ed McBain. Posso tranquillamente dire che su questi tre pilastri si fonda la mia passione per il romanzo di genere.

Scrivere per te significa…
Per me scrivere è sempre stato un bisogno fisico. Non è una boutade come un’altra, prova ne sia che per trent’anni l’ho fatto per pura passione, senza nemmeno pensare che qualcuno avrebbe mai pubblicato qualcosa di mio. L’ho sempre fatto perché mi dava un grande piacere, mi permetteva di evadere dalla vita di tutti i giorni e mi divertiva immensamente, forse anche per infantilismo. Oggi lo faccio per gli stessi identici motivi, con in più il piacere di sapere che ciò che scrivo viene letto e, qualche volta, pure apprezzato. Dopo la lettura, scrivere è la cosa che mi piace di più fare. Ma la lettura è più importante; se mi chiedessero, pistola alla nuca di smettere l’uno o l’altro, lascerei da parte la scrittura.

Al premio Scerbanenco viene consegnato un premio al libro più votato online. Qual è il tuo rapporto con i lettori in rete? Che uso fai dei social network? Servono alla diffusione di un libro?
Una volta, quando leggevi un libro, non ti sfiorava nemmeno l’anticamera del cervello di scrivere all’autore per dirgli quanto ti era piaciuto o per comunicargli i difetti che avevi trovato. Intanto non sapevi nemmeno dove vivesse o quale fosse il suo indirizzo e poi della cosa ti importava pochissimo. Se ti era piaciuto, bene, altrimenti pazienza. Oggi tutto è cambiato. È capitato anche a me di essere stregato da un romanzo e di aver cercato l’autore su Facebook per comunicargli il mio consenso. In effetti, quando un lettore ti cerca per parlarti del tuo romanzo, che sia un complimento o una critica, ti fa molto piacere. Con alcuni di loro diventi amico e finisce che ti incontri anche fuori dal virtuale, per un caffè, una birra o una cena. Io, in generale, comunico le uscite dei romanzi, e, spesso, luoghi e orari delle presentazioni. Secondo me il social network non sposta le vendite di una copia. Le persone che ti seguono sono già tuoi lettori e difficilmente ne trovi altri in quel modo. A far conoscere un libro dovrebbe essere l’editore, ma in genere non succede. Comunque, il rapporto con i lettori è spesso divertente.

Se Mordenti potesse incontrare in una storia il personaggio di un altro scrittore diciamo ” noir”, chi vorrebbe incontrare e perché, o meglio chi gli vorresti far incontrare e perché.
Poco tempo fa, un comune amico ha chiesto a Maurizio De Giovanni e me di far incontrare i nostri personaggi attraverso una sorta di corrispondenza. Bene, mi sono accorto che Ricciardi è un personaggio che potrebbe condividere una storia con Mordenti in maniera molto interessante. Sono talmente diversi, come estrazione, cultura, metodi e modi, che potrebbe venirne fuori qualcosa di divertente. È probabile che Ricciardi tenterebbe di spingere Mordenti verso una maggiore introspezione, mentre, al contrario, Mordenti farebbe di tutto per portare Ricciardi verso uno stile di vita più libero e carnale. Sarebbe senz’altro uno scontro di epoche, prima ancora che di persone. Un altro personaggio con il quale Mordenti e compagni potrebbero trovarsi bene è Nestor Burma, l’investigatore di Leo Malet. Già m’immagino il pandemonio che tutti insieme potrebbero creare. Parigi se ne ricorderebbe per un pezzo.

La recensione di Milanonera
http://www.milanonera.com/pistola-la-tua/

 

thI cinque finalisti, insieme al titolo più votato dai lettori, verranno presentati al Noir in Festival il 13 dicembre alle ore 17 all’Anteo Spazio Cinema di Milano, dove il 14 dicembre alle ore 21 verrà consegnato il Premio, opera dell´artista Andrea Ventura.

Cristina Aicardi

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