I finalisti del Premio Scerbanenco. Intervista a Luca D’Andrea – Lissy

Cinema: il logo del Courmayeur Noir in Festival
Cinema:  Noir in Festival

Nei giorni che precedono la finale del Premio Scerbanenco e l’inizio ufficiale del Noir In Festival, Milanonera, in veste di mediapartner ufficiale, pubblicherà  ogni giorno  recensioni ai libri presentati e interviste ai finalisti e gli ospiti.
Cominciamo con un’ intervista a Luca D’Andrea, in finale al premio Scerbanenco con Lissy.

Dopo il successo mondiale, sia di vendita che di critica, del romanzo d’esordio, quanto carico d’apprensione s’è portato dietro nello scrivere Lissy?
Credo di non essere il primo a dire che ogni romanzo è sempre un esordio. E come tale va vissuto. O, almeno, è quello che cerco di fare io. Più che l’ansia o l’apprensione, il successo rischia di diventare una scusa per la pigrizia. Ccrivere, come molti avrebbero voluto, una Sostanza del male volume due e poi tre e così via. Fotocopie sempre più sbiadite dell’originale. Non sono tipo. Preferisco la sfida di provare ogni volta qualcosa di diverso e migliore. Almeno nelle intenzioni, ovviamente. Perché, vede, la cosa che tengo sempre in mente è che il lettore ti dona qualcosa di infinitamente più prezioso del prezzo di copertina del libro. Ti regala il suo tempo.

51B6p9UroWLLa prima “cosa” che colpisce leggendo i suoi libri è la padronanza della scrittura. Certo: dovrebbe essere un dono scontato per chi come lei scrive di mestiere. Tuttavia, non sempre è così. E’ un dono che ha sin da quand’era studente? Come l’ha coltivato? Insegnando? Ha letto molti classici? Spende molto tempo nella scelta, che a me pare molto oculata, di ogni singola parola che utilizza?
La ringrazio per il complimento, davvero. La scrittura è uno strumento. Niente di più e niente di meno, e come tale va curato. Leggendo, scrivendo. E soprattutto: riscrivendo. Sono un lettore onnivoro e amo molto sia i classici che i contemporanei. Senza distinzione di sorta. Un buon libro è un buon libro e basta. Ma perché fermarsi ai libri? Ci sono decine di film o serie tv che sono delle vere e proprie lezioni di scrittura. Ma la scrittura, per sua natura, deve essere al servizio dei personaggi e della storia, altrimenti diventa un mero esercizio di vanità. E a quel punto conviene farsi un esame di coscienza. I lettori vogliono vedere lo scrittore fare la ruota come un pavone o preferiscono una storia che gli rubi ore di sonno?

Il secondo aspetto che mi ha colpito, in entrambi i suoi romanzi, è l’originalità della trama. I romanzi di genere in Italia, fatto salva qualche rara eccezione, sono quasi tutti uguali. Rispondono a dei cliché: l’investigatore è divorziato, beve, ascolta musica jazz, porta il bavero del cappotto rialzato eccetera eccetera. I suoi no. Quest’ultimo ancor più del primo, esce dal coro. Vogliamo considerare un dono anche quello di pensare trame, per così dire, alternative?
Ti ringrazio per il complimento ma non credo sia un dono, più semplicemente, sono uno che si annoia con grande facilità. Ci sono così tante storie che scalpitano per essere raccontate, perché intestardirsi a scrivere sempre la stessa con minime variazioni?

d'andrea-kZaH-U43210118930915IQB-140x180@Corriere-Web-SezioniC’è una terza caratteristica che differenzia i suoi thriller dagli altri: l’ambientazione. Laddove molti suoi colleghi utilizzano le città, grandi o piccole che siano, come sfondo per i loro romanzi, lei, tra i pochi, ha scelto invece la montagna, definendola “dark”. Un luogo dunque che accoglie ma, allo stesso tempo, spaventa. Sbaglio?
Ho ambientato due romanzi in montagna perché, potrei dirle con una battuta, mi basta aprire la finestra di casa per trovarne una. A quel punto è successa una cosa molto buffa e sono stato incasellato come “scrittore di montagna”. E va bene, avrei potuto beccarmi etichette peggiori. In realtà, più che la montagna, la mia vera scelta riguarda quella di uno scenario più ampio, il mio “parco giochi”: l’Alto Adige / Südtirol trasfigurato a mio uso e consumo. E’ una scelta rischiosa perché si tende a perdonare Jo Nesbo (e parlo di un autore che amo molto) per aver trasformato la noiosissima Oslo in una meravigliosa Gotham City e ad essere molto più severi se la stessa cosa lo fa un autore nostrano. Ma è un rischio che vale la pena correre se si scrive quello che scrivo io, narrativa che si tiene lontana milioni di anni luce da qualsiasi ambizione sociologica. Insomma, sovrapporre una “mappa narrativa” a quella di un luogo reale (diciamo… 70% verosimile, 30% inventata) concede una libertà nella scelta delle situazioni e dei personaggi che non ha prezzo.

Lissy è un romanzo potente, dall’atmosfera scura alla King, che richiama paure ataviche, i fantasmi addirittura, ma anche mondi che appartengono a economie lontane, come quel maso sperduto dentro il quale si consuma un intreccio agghiacciante. Un po’ King, abbiamo detto, e anche un po’ Nesbo per quanto riguarda il ritmo serrato. Quali altri riferimenti ha?
La Sostanza del male era una sorta di “diario” di un unico personaggio, una discesa nella sua ossessione, e necessitava di un respiro che fosse il più vicino possibile a quello della confessione di un uomo che si mette a nudo di fronte ai propri simili, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Con Lissy invece avevo chiaro in testa che volevo provare a scrivere un romanzo che iniziasse “in media res”: una ragazza che bussa al metallo di una cassaforte (Toc! Toc!) e via. Un po’ come faceva uno dei miei autori preferiti, Jim Thompson. Ma è davvero, davvero difficile, parlare delle proprie “radici” di scrittore, si rischia sempre di confondere le acque. Preferisco siano gli altri a farlo.

download (2)I personaggi di Lissy sono tutti borderline: non è una scelta casuale immagino… nel senso: è attratto da quella “tipologia” di essere umano? Quanto le interessa sondare la psiche?
E’ più interessante la guerra fra gang veronesi in calzamaglia o il dramma di Romeo e Giulietta? Questo intendevo quando dicevo che i miei lavori non hanno alcuna ambizione sociologica. A me interessano i personaggi. L’essere umano. La sua interiorità. I personaggi sono il perno su cui costruisco tutti i miei romanzi. Nascono sempre da loro. Ciò che mi attrae verso questa parte della narrativa che chiamiamo “thriller” (o noir, o giallo, o Krimi, o…) è esattamente questo: vedere fino a che punto il codice morale di un personaggio, e del lettore, possono reggere alle pressioni cui li sottopongo.

Quanto si lascia influenzare dai commenti della rete?  Quanto le interessa il mondo dei social?
Non ho un grande rapporto con internet o i social. Capisco che soprattutto questi ultimi siano un importante veicolo di comunicazione con i lettori, ma temo che, alla lunga, si corra il rischio di trasformare il lettore in  banale “cliente”. Inoltre i social portano via tempo, tanto tempo. Così come le presentazioni. Che poi è il motivo per cui non ho Facebook o Twitter e cerco di fare meno presentazioni possibili. Ho quest’idea romantica che il lettore preferisca immaginarmi al lavoro su un romanzo nuovo piuttosto che dietro una tastiera a commentare la notizia del giorno o in una libreria a firmare autografi. Insomma, se lo scrittore è più interessante dei suoi libri… c’è qualcosa che non va.

Mentre scrive ascolta musica?
Sempre. E’ più vanno giù pesante, più sono contento.

Si aspettava di essere in finale allo Scerbanenco?
In tutta sincerità non lo credevo, ma ne sono lieto. Però… i premi hanno la tendenza a dividere e a creare polemiche, mentre sono fermamente convinto che i libri siano fatti per unire le persone. Così, idealmente, penso alla lista, non solo quella dei cinque finalisti, ma a quella di tutti e venticinque i segnalati, come ad una specie di memorandum per i lettori. Venticinque buoni libri da cercare in libreria, sfogliare e poi magari scegliere come compagni di viaggio.

Grazie a Luca D’Andrea per la disponibilità.

Ricordiamo a tutti che i cinque  finalisti saranno presentati il 4 dicembre alle ore 18.30 presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano.

Il Premio Giorgio Scerbanenco 2017, consistente in un ritratto di Giorgio Scerbanenco ad opera dell’artista Andrea Ventura, verrà consegnato la sera del 4 dicembre all’Anteo Palazzo del Cinema alle ore 21.

Luca D’Andrea sarà anche al Noir In Festival a Como dal 7 al 10 dicembre

Alessandro Garavaldi

Potrebbero interessarti anche...