Fiori sopra l’inferno



Ilaria Tuti
Fiori sopra l’inferno
Longanesi
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Fiori sopra l’inferno
Uno dei miei album preferiti è The Wall dei Pink Floyd. Mi rendo conto che è un po’ come pescare un pesce nel barile citare un capolavoro di una band che ha fatto la storia del rock, ma tant’è. Dai quattordici ai diciotto anni lo ascoltavo almeno una volta al giorno, poi sono cresciuto e sono passato a due volte. Non si tratta di un concept allegro e spensierato ma, ogni canzone, mi parlava in modo diretto di emozioni e situazioni che vivevo sulla mia pelle.
In particolare, The thin ice aveva il potere di zavorrarmi con una bella dose di angoscia in una manciata di versi.
Non stupirti quando una spaccatura nel ghiaccio/ si apre sotto ai tuoi piedi/ Tu scivolerai in acque dove non si tocca il fondo/ e impazzirai dalla paura che ti portavi dietro.”
Che lo si voglia o meno, tutti noi dobbiamo metterci a pattinare sul ghiaccio imparando a schivare le spaccature.
In questi giorni ho incrociato i pensieri con un’immagine altrettanto potente, quella secondo cui camminiamo sull’Inferno ma siamo impegnati a guardare i fiori, tratta dall’esordio letterario di Ilaria Tuti per Longanesi con il romanzo Fiori sopra l’inferno.
A Travenì – località di fantasia ma plasmata su un paese delle Dolomiti Friulane – una serie di delitti efferati stravolge la tranquillità degli abitanti. Al commissario Teresa Battaglia vengono affidate le indagini che la porteranno ad affrontare i misteri che si nascondono nella foresta. Un personaggio atipico, anni fa la si sarebbe definita “caratteriale”. Una donna vicina ai sessanta, segnata da un passato oscuro e sotto l’assedio di alcune malattie ma con delle doti e una sensibilità che superano di molto le capacità intuitive del più scaltro dei lettori.
Ilaria conosce il mestiere della scrittura, non si risparmia nell’architettare una solida trama gialla ed è capace di ricreare sul bianco della pagina il bianco della neve, la vera grande complice dell’assassino.
La grande passione dell’autrice nel raccontare dona un ritmo preciso alla narrazione, in grado di farci pattinare sul ghiaccio sottile che divide le vittime dai carnefici o camminare sull’inferno guardando i fiori.
Una bellezza fragile ma l’unica in grado di non farci sprofondare nel lato più oscuro della natura umana.

Mirko Giacchetti

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