I grandi ospiti del NebbiaGialla: Flavio Villani – Nel peggiore dei modi



Flavio Villani
I grandi ospiti del NebbiaGialla: Flavio Villani
Neri Pozza
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Manca poco ormai: Il NebbiaGialla Suzzara Noir Festival sta tornando e MilanoNera proporrà ogni giorno recensioni e interviste agli ospiti della 13 edizione che si terrà a Suzzara (Mn) dal 1 al 3 febbraio 2019.  Gli ospiti di questa tredicesima edizione saranno 30 di cui 6 stranieri. Tra loro  Flavio Villani con Nel peggiore dei modi – Neri Pozza
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Il Male nella Milano degli anni Novanta.
Un giallo che si preoccupa delle relazioni non proprio lineari tra i protagonisti, in un libro, “Nel peggiore dei modi” (Neri Pozza) che Flavio Villani, ha costruito, cercando (per altro riuscendovi) di rendere l’immagine della Milano targata anni Novanta, prima del fenomeno di Tangentopoli e alle prese con vecchie incrostazioni terroristiche che risalgono agli anni Settanta. La storia si snoda in un novembre uggioso, freddo come il cuore dei personaggi, più preoccutayi, siano essi magistrati o criminali, di salvaguardare i loro interessi piuttosto che far luce su un omicidio molto inquietante. Villani in questo nuovo lavoro racconta, accanto al ruolo della mala e della criminalità organizzata, anche la sfera sociale, l’epoca, le senzazioni di una Milano accerchiata da corruzione e – come detto – dall’ambiguità dei personaggi. Protagonista è il commissario Rocco Cavallo della Terza Sezione, squadra omicidi, che mentre indaga sull’assassinio di Giacomo Riva, ucciso in strada davanti allo sguardo impaurito e impotente del figlio undicenne che lo sta aspettando in macchina, s’infila in un pericoloso labirinto criminale in cui nessuno merita redenzione o salvezza. Tutto farebbe pensare un delitto riconducibile a un regolamento di conti, in realtà il commissario Rocco Cavallo ha il sospetto che ci sia ben altro dietro questo omicidio e scavando nel passato delle persone invischiate in questa storia torbida e oscura, scoprirà una realtà dei fatti molto diversa dalle ipotesi iniziali. Cavallo è un personaggio riservato, con un’etica ben definita, attento ai dettagli e osservatore piuttosto schivo. Ma le sue intuizioni spesso sono avallate dalla verità di fatti.
Con un linguaggio scevro da fragori, il romanzo è molto curato sia nei protagonisti che nella descrizione di una Milano che Villani probabilmente ama, una città zeppa di incrostazioni criminali, ma anche ricca di suggestioni antiche, a tratti poetiche. Dei protagonisti, via via che scorre la narrazione, si viene a conoscere ogni dettaglio, anche il più inquietante: le aspettative, i magheggi, la boria, ma il libro in Villani è anche l’occasione per esplorare un’oscurità senza nome, che per convenzione chiamiamo Male. Ci troviamo dinanzi a un romanzo concepito con una partitura classica, senza accenti pulp, dark lady e riferimenti alla marginalità giovanile. “Nel peggiore dei modi” è un giallo a tutto tondo che vira verso il passato e retrodatare la storia di più di vent’anni è un modo per prendere le distanze dal presente, per fare chiarezza su quel periodo in cui la ‘Ndrangheta e la mafia stavano mettendo radici non solo nelle grandi città del nord, ma anche in tanti centri minori. Nessuno si salva in questo libro ben scritto e ben strutturato; tutti hanno qualcosa da nascondere.
In Villani il giallo non sembra essere un genere dominato indissolubilmente dalla sua trama, dalla “meccanica” ricerca di fare quadrare i conti, come quasi mai avviene nella vita reale, dando all’attributo maggiore importanza che al sostantivo. Per questo scrittore, alla sua seconda esperienza narrativa con una storia a tinte gialle – la prima s’intitola “Nel nome del padre” (Neri Pozza) – il romanzo è la struttura narrativa all’interno della quale è possibile raccontare esistenze e conflitti, nonché relazioni umane portate alle loro estreme conseguenze. Nessuno – a parte Cavallo e i suoi collaboratori – esce pulito da questa storia che oltre alla complessità dei fatti evidenzia la difficoltà nelle relazioni.
In questo secondo romanzo con protagonista il commissario Rocco Cavallo, ho trovato conferma della bravura dell’autore: nel costruire una trama che non si arresta di fronte a nessun ostacolo ma che continua a scavare fino a che non si raggiunge la verità. Nel modo in cui ci descrive la città rispetto al tempo in cui vengono raccontati i fatti e rispetto ai personaggi che qui si muovono come su di un palcoscenico perfettamente in tono con loro
Ed anche nel modo in cui si è evoluto il commissario, conservando le qualità che in lui avevo già conosciuto ma mostrando anche altri lati del suo carattere e del suo modo di essere. La sua natura solitaria e meditativa, il suo riserbo, la diffidenza verso taluni, la sua impassibilità, il suo sguardo indagatore, la sua ironia.
Dei personaggi primari e secondari veniamo a sapere molto, se non tutto, lentamente, nelle azioni che compiono o che hanno compiuto ma anche in quello che non ci viene raccontato, che resta sospeso tra noi e le loro vite ponendoci interrogativi a cui non è sempre facile rispondere, perché capaci di incrinare equilibri conquistati con fatica e magari raccontandosi anche qualche bugia a costo di creare una parvenza di serenità necessaria per rendere la quotidianità accettabile.
Per esempio, il questore Eraldo Mancini, che ha la tendenza a dimenticare i suoi oneri in favore degli onori e a sentirsi sempre preso di mira. Il giudice Alessandro Giusti che ritrova la calma nel contraddittorio nella cui vita, come in tribunale, non può mancare la vittoria finale. Emanuela Santacroce, giornalista freelance, sua moglie che cerca nell’assenza lo spazio giusto per sopravvivere al suo matrimonio. Elena Valli, pediatra del figlio del morto, che invece cerca uno spazio dove smettere di sopravvivere ma di tornare a vivere. Fabrizio Ortiga, di cui non so parlare senza avvertire una morsa allo stomaco, per la sua rabbia, per il suo desiderio di pace, per il forte senso di ineluttabilità e di ingiustizia. Il piccolo Andrea Riva, figlio della vittima, che trova nella parola un modo per superare la paura.
Immersa nel romanzo durante la lettura e sommersa dopo la fine. Per tutti gli argomenti trattati ma anche per quelli solo sfiorati. Per la consapevolezza che spesso, i sogni fatti in gioventù finiscono in nulla, mentre certe amicizie nate in quel periodo sviluppano radici profonde difficili da sradicare. Per tutte le menzogne che ci vengono raccontate nel corso di una vita e per come ad un certo punto smettano di avere importanza tanto da non meritare nemmeno una briciola di rancore. Per la fedeltà immutabile che si nutre verso la propria famiglia e per come questa venga tradita. Per come ci si illuda di essere unici mentre quando si è proprio come tutti gli altri. Per come troppo spesso ci si raccontino i fatti per come li abbiamo vissuti. Per quanto la mancanza di coraggio in compresenza con l’odio verso qualcuno, sposti necessariamente l’aggressione verso se stessi. Perché se non si riesce a saziare e nemmeno a smorzare, quel desiderio di avere o di possedere, può solo finire male. Anche nel peggiore dei modi.
Un romanzo completo, dove inseguire l’azione è interessante come arrivare a capire la psicologia dei vari personaggi e le ragioni che li hanno portati su una determinata strada, a compiere certi passi. E noi con loro.

L’appuntamento con Flavio Villani è al NebbiaGialla, Suzzara (mn). 1/3 febbraio 2019

Mauro Molinaroli

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