Gaetano Savatteri, nato a Milano, è originario della Sicilia, terra di maggiore densità letteraria dove sono nati alcuni tra i più grandi scrittori italiani quali De Roberto, Sciascia, Tomasi di Lampedusa.
La famiglia proviene da Racalmuto, in provincia di Agrigento, ultima in Italia per reddito pro capite, ma che ha dato i natali a scrittori quali Pirandello, Sciascia e Camilleri. Forse perché la scrittura non costa nulla.
Vive a Roma dal 1991, ama la Sicilia, vi torna spesso ma è contento di avere in tasca il biglietto di ritorno per Roma.
All’inizio di maggio è uscito “La volata di Calò” ed. Sellerio, che è stato presentato a “Tutti i colori del giallo” di Massagno.
Cosa significa essere scrittori siciliani oggi?
La Sicilia è una terra priva di giustizia, umanità e verità per questo c’è grande richiesta di questi valori nella letteratura.
Dopo la strage di Capaci e l’omicidio di Borsellino la scrittura in Sicilia ha avuto una grande ripresa. Si è passati da una scrittura militante alla possibilità di raccontare la Sicilia in tutti i suoi aspetti. Ha iniziato Camilleri, aprendo un canale nel quale poi in moltissimi ci siamo mossi. Nei miei libri uso anche il dialetto perché è la lingua dei sentimenti, della famiglia – e purtroppo anche della mafia – a differenza dell’italiano ufficiale che viene usato nei rapporti con le autorità, con la legge e con le istituzioni. Questo uso del dialetto è stato sdoganato da Camilleri che sparava gli effetti speciali nei suoi libri. Gli autori siciliani attuali discendono da quelli del passato e dalle loro lezioni. Tra di noi abbiamo una “parentela”, una tradizione comune. C’è una corrente di simpatia tra di noi scrittori attuali, che tiene conto dei numi tutelari.
Più giornalista o scrittore?
Non so dove finisce il giornalista e dove comincia lo scrittore, mi piace raccontare delle storie, peraltro mi pagano per impicciarmi dei fatti degli altri. Così anche le storie dei miei romanzi sono rubate alla realtà e alla cronaca.
Un sempreverde da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare…
Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia, naturalmente per chi come me viene da Racalmuto.
Una canzone? Molte. Quelle che canto sotto la doccia, grandi successi commerciali degli anni Ottanta: da Alan Sorrenti a Umberto Balsamo, dai Pooh a Patrick Hernandez.
L’anno del dragone di Michael Cimino, un film che ho messo anche in un libro e che mi insegue come un’ossessione.
Si può vivere di sola scrittura oggi? Come?
Se qualcuno mi spiega come si fa… io non ci sono ancora riuscito… forse mi dovrei impegnare di più, come dicevano un tempo gli insegnanti agli studenti.
Favorevole o contrario alle scuole di scrittura? Ne hai frequentata una o hai mai insegnato?
Né favorevole né contrario. Non ne ho mai frequentate né ho mai insegnato.
La mia scuola di scrittura artigianale è stata la bottega delle redazioni dei giornale. Ma piuttosto delle scuole di scrittura, mi piacerebbe che insegnassero la scrittura nelle scuole.
Che tipo di lettore è Gaetano Savatteri e quali sono i suoi autori preferiti?
Sono un lettore onnivoro, disordinato, casuale.
Amo gli scrittori americani, Dos Passos, Hemingway, De Lillo e i sudamericani, Gabriel Garcìa Marquez, Manuel Puig, Manuel Scorza. E li invidio, perché non è mica poco avere un intero continente per sognare le proprie storie.
Vi sono progetti cinematografici per i tuoi libri?
Andrea Purgatori ha realizzato la sceneggiatura di “La congiura dei loquaci” ma è ancora in cerca di un produttore.
Puoi raccontarci qualcosa del tuo nuovo libro “La volata di Calò”?
Si tratta di uno scritto d’occasione. Nel 1943, subito dopo lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia, Andrea Camilleri sfollato in provincia di Caltanissetta si era fatto prestare una bicicletta per andare a Porto Empedocle, che distava una cinquantina di chilometri, per avere notizie di suo padre. Camilleri descrive questo viaggio come una corsa verso la libertà. La bicicletta era una “Montante”, costruita in loco. E’ nata così la curiosità di capire chi costruiva biciclette all’estremo sud dell’Europa, prima della guerra.
Calogero Montante era nato nel 1908, aveva una grande passione per il ciclismo e nel 1920 costruisce la prima bicicletta da corsa e mette in piedi una piccola azienda. Una storia semplice, eppure eccezionale proprio perché si dipana in Sicilia. In Sicilia, infatti, le leggi del capitalismo si perdono, non vige la regola della domanda e dell’offerta perché in mezzo sta sempre qualcuno che chiede soldi per vendere protezione, il cosiddetto “zio Peppino”. Calò Montante, in una zona dove le risorse erano solo l’agricoltura e le miniere di zolfo, riuscì a mettere in piedi una realtà imprenditoriale audace e innovativa restando lontano dagli impedimenti mafiosi.
Amo questa storia perché racconta che ci si può opporre alla mafia senza per forza finire su una lapide, come purtroppo molti eroi morti. Calò Montante, personaggio realmente esistito, campò fino a 92 anni.
E’ un modo per dire agli imprenditori meridionali di oggi: “Se ce l’ha fatta Calò, ce la potete fare anche voi”