Intervista a Giada Trebeschi ospite a La paura sotto la pelle 2

Abbiamo fatto le stesse domande a alcuni degli ospiti che interverranno a Paura sotto la pelle 2.
Domande ” da paura” ovviamente…
Divertitevi leggendo le risposte che hanno dato.

Ecco le riposte di Giada Trebeschi attualmente nelle librerie con L’autista di Dio (Oakmond Publishing)

Giada1500-webLa più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto.  (Howard Phillips Lovecraft). Sei d’accordo?
Come direbbe San Tommaso d’Aquino, sono d’accordo ma con un distinguo. È vero che la paura dell’ignoto, dello sconosciuto è una paura profonda e difficile da superare ma è anche il motore che, grazie ai molti che l’hanno esorcizzata sostituendole la curiosità dell’ignoto, ha portato l’umanità a scoprire, esplorare, fare ricerca in ogni campo. Credo che la paura più grande e forse anche la più antica sia quella della mancanza, della perdita di chi si ama in primis o di ciò che si ama. Questa è una paura ben più difficile da esorcizzare e dunque da superare.

La paura è una componente fondamentale della natura umana, è con noi dalla nascita. Cosa ti fa paura? Come la esorcizzi?
Come dicevo per me la paura più grande è perdere chi si ama. La esorcizzo cercando di vivere appieno ogni momento con loro.

Da bambina qual era la tua favola preferita? Amavi quelle paurose?
Da bambina amavo molto la favola Le Tre mele-arance che mi raccontava mia nonna e in cui c’era una strega cattivissima armata di malefici e spilloni che infilzava nella testa della povera principessa per sostituirsi a lei. Tutto il mondo descritto in quella favola era pauroso e grottesco, magico, con streghe piccolissime che si dondolavano nei gusci di noci, cani a tre teste, cancelli parlanti e molto altro. Dunque la risposta è sì, amavo le favole paurose soprattutto quando me le raccontavano la sera e io ero convinta di potermi salvare nascondendomi sotto la coperta.

Quale percorso ti ha portato a scrivere storie che hanno a che fare con la paura, con i timori e con le ansie?
Ogni scrittore, ogni narratore racconta sempre storie che hanno a che fare con la paura, l’ansia, perché non c’è storia senza il cattivo, qualunque esso sia: un antieroe, uno psicopatico, la guerra, il destino. Non importa chi o cosa sia il cattivo nel racconto ma è solo grazie a questa presenza che il racconto stesso esiste, che ha un senso, che sopravvive a se stesso combattendo e, a volte, riuscendo a vincere una qualche paura.

Come si riescono a trasmettere queste sensazioni con le parole?
Non credo ci sia un unico modo per farlo, ognuno utilizza percorsi diversi. Io cerco le emozioni dentro il mio animo, le provo, le sento e poi le racconto. Ho avuto la fortuna di recitare per molti anni e quando devo descrivere i sentimenti dei miei personaggi, soprattutto quelli più profondi, utilizzo quasi sempre il metodo Stanislavski. Diciamo che quando scrivo sono in scena e interpreto io stessa per il lettore ogni personaggio.

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Per far paura sono più efficaci scene truci e truculente o la normalità che si trasforma improvvisamente in incubo?
Dipende. E dipende da molti fattori, dal periodo, dalla storia, dall’ambientazione, dai personaggi. Le scene truci e truculente funzionano solo se le si riesce a raccontare nude e crude, reali e terribili senza indugiare nel morboso, senza sguazzare nel sangue, altrimenti diventano solo pulp o grottesche e perdono la tensione narrativa che le rende paurose. Lo stesso vale per la normalità che si trasforma improvvisamente in un incubo. Anche in quel caso è bene dosare la scena in modo da non renderla la caricatura di se stessa giacché a quel punto non farebbe più paura a nessuno.

La paura tra parole e immagini. Difficoltà e tecniche per instillare il timore nel lettore.
Le parole, come le immagini, devono essere evocative. Per esempio, guardando l’immagine di un mostro seduto sul petto di una fanciulla – penso a Füssli – l’osservatore ha perfettamente la percezione del peso che gli schiaccia il petto durante un incubo e, in se stesso, ritrova quella sensazione di asfissia, di paura che ha provato quando quell’incubo è capitato a lui. Penso che una delle tecniche migliori sia quella di cercare di ri-suscitare nel lettore paure che anche lui probabilmente ha provato utilizzando parole e immagini che ne suggestionino l’immaginazione. In fondo si sa, lo scrittore fa solo la metà del lavoro, l’altra metà la fa l’immaginazione del lettore. E più questa è sollecitata sulle corde della paura più il lettore la proverà mentre legge.  

Sono cambiate le nostre paure? E il modo di descriverle? – Il maestro assoluto della paura di oggi, il Re, dice che la sua ispirazione è sempre, da sempre, il babau, ‘uomo nero. Quante declinazioni può avere oggi l’uomo nero? Escludendo ovviamente la deriva razzista
Non credo siano cambiate le nostre paure, quello che è cambiato è il modo di affrontarle e di superarle. L’uomo nero è la paura dell’ignoto, dello sconosciuto di cui parlavamo all’inizio che può avere infinite declinazioni e per questo, per dirla con King, funziona sempre.

Sono sempre di più gli autori che mescolano al noir l’ironia e la risata, un modo per esorcizzare la paura o un modo per sottolinearla e renderla ancora più efficace?
L’ironia è il modo migliore per esorcizzare la paura, per deriderla e dunque superarla. Del resto si sa, se il capo, il prof o chiunque altro ci fa paura il modo migliore per affrontarlo con un po’ meno timore è quello d’immaginarlo in mutande.

I tuoi riferimenti letterari o cinematografici di genere sono….
Fra i riferimenti letterari direi senza esitazioni Poe, Mary Shelley, Stevenson, il marchese De Sade, Bram Stocker, Charlotte Bronte ma anche John Milton e Shakespeare in opere come Macbeth, Tito Andronico e Re Lear. Al cinema non ho mai amato amo molto i film dell’orrore ma ammetto che quando uscirono sono stata terrorizzata da film come L’esorcista, Gli uccelli o Shining; ora è più difficile che mi spaventi (e che ami farlo) davanti a un film.

L’appuntamento con Giada Trebeschi e gli altri ospiti di La paura sotto la sotto la pelle 2, brividi nelle parole e nelle immagini.
Giovedì 29 e venerdì 30 novembre 2018, ore 10.00 e 14.30,
Aula magna Giovanni Pascoli e aula Forti -Via Zamboni 32-BO
Tutte le informazioni  qui

Qui il nostro articolo su L’autista di Dio di Giada Trebeschi

Cristina Aicardi

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