Non ci sarà nessun erede di Montalbano: Intervista a Gian Mauro Costa:

Due chiacchiere con Gian Mauro Costa, in tutte le librerie con Mercato nero, Sellerio.

41NahTjzs5L._SY346_Vuoi raccontarci tu, brevemente, questa seconda avventura dell’agente Angela Mazzola?
Angela viene distaccata alla Omicidi per infiltrarsi a Ballarò, quartiere multietnico e complesso, per raccogliere informazioni sul delitto di un giovane aristocratico, avvenuto in piena movida. Inevitabile imbattersi nella rete della criminalità del luogo, straniera e autoctona, ma l’intuito e la testardaggine di Angela la porteranno a svelare una rete di collusioni e insospettabili retroscena.

Il mercato di Ballarò non è solo la location del delitto e di parte dell’indagine di Angela ma si impone come protagonista del romanzo. Modello di integrazione multietnica o spaccato delle contraddizioni che nelle nostre città si sono determinate in questi anni?
Palermo è la capitale degli ossimori, e in questo si annida gran parte del suo fascino. Ballarò ne è un esempio eclatante: ha mantenuto la sua identità popolare, insieme colorita e torbida, ma ha saputo accogliere, integrare, le comunità straniere. Nel bene e nel male: nei malaffari ma anche in una rete di solidarietà e volontariato.

Mi ha stupito immaginare un aristocratico palermitano (nemmeno giovanissimo) frequentare la movida notturna di Ballarò considerato l’atteggiamento circospetto che la Palermo “bene” ha sempre mostrato per questo mercato. Il paradigma dei contrasti e dei conflitti che permeano  Palermo e i palermitani?
Appunto, Palermo ha fatto di contrasti e conflitti un modus vivendi vitale e in paradossale equilibrio. E l’intero centro storico si è da tempo sdoganato, creando promiscuità abitativa (dimore patrizie ristrutturate lussuosamente accanto a edifici pericolanti e sovraffollati), antropologica e culturale: vedi la miriade di locali, pub, taverne, frequentati senza barriere di censo. Questo almeno nell’epoca a.c. (ante coronavirus).

Puoi raccontarci, in breve, del fenomeno delle mafie straniere che nel romanzo viene raccontato con ricercata precisione? E come si rapporta con la criminalità mafiosa locale?
Le mafie straniere (propriamente mafie, secondo sentenze che hanno applicato il 416 bis), si sono diffuse sia per un naturale fenomeno di sconfinamento che si è verificato in tutto il mondo occidentale, sia perché hanno potuto approfittare di una debolezza di Cosa Nostra, messa in ginocchio dall’attività repressiva, e costretta ormai alla collaborazione. Hanno caratteristiche diverse: hanno radici più colte – dato che nel caso di quella nigeriana di cui parlo il nucleo è nato nelle università- e si sono occupate sinora soprattutto di droga e prostituzione. Ma proprio per questo sono più vulnerabili: non hanno potuto, al contrario di Cosa Nostra, attivare i canali di interesse reciproco con il mondo della politica.

Angela Mazzola è una giovane sbirra, determinata e volitiva. E’ lei che conduce l’indagine ma anche i suoi disinvolti rapporti con gli uomini cercando, sempre, le vibrazioni e la passione. E’ sbagliata l’impressione che però i “maschietti” con cui Angela ha rapporti – sentimentali e professionali – sono figure forse eccessivamente sbiadite e marginali nel contesto del racconto? Incapaci di “competere” con la personalità di Angela?
Non direi che le figure maschili siano sbiadite nel senso di una incompleta caratterizzazione narrativa. Piuttosto le immaginerei in bianco e nero rispetto alle forti tinte dei personaggi femminili. Non solo Angela: anche le altre donne della serie, l’amica giornalista, la zia Giuseppina, sono più determinate e intraprendenti. Gli uomini: il padre, il collega Iovino della Omicidi, l’avvocato Daniele, rivelano spesso incertezza, presunzione, egocentrismo. Le donne sono più empatiche. E sono “migliori” di noi uomini.

Angela non ha la disincantata ironia di Enzo Baiamonte (personaggio importante di altri tuoi romanzi) e, anzi, sembra essere un po’ “bloccata” sia per la giovane età sia dal timore di sbagliare ma anche dal dubbio su quale sia la sua vera natura. Ad un certo punto del romanzo Angela si interroga se, nel profondo del suo cuore, desideri annullare la distanza sociale tra le sue origini e il mondo alto borghese? Quanto è emotivamente scissa tra il suo quartiere popolare e il salotto della sua amica Sandra, tra il suo modesto terrazzino e le sfarzose terrazze del Grand Hotel Villa Igiea?
Angela per studiare, per frequentare un corso di degustazione vini, per diventare sbirra, ha dovuto lottare infrangendo le regole del suo mondo d’appartenenza. Ma non lo ha rinnegato, anzi è riuscita a mantenere e a coltivare i suoi affetti. È comprensibile che sia disorientata in un salotto borghese, ma se la sa cavare benissimo. E ne assorbe i lati più positivi, come la curiosità per le letture. Il suo timore di sbagliare non è frutto di insicurezza, ma di modestia e razionalità. Non si fa abbagliare dal miraggio di uno status diverso, ma si interroga su quel che va realmente cercando come obiettivo professionale ed esistenziale. È giovane, lo hai detto, e il percorso è denso di insidie e contraddizioni.

Gian_Mauro_CostaDivaghiamo un po’… La tua agente Angela Mazzola, la vicequestora Vanina Guarrasi di Cristina Cassar Scalia e la parigrado Marò Pajno di Giuseppina Torregrossa sono personaggi profondamente diversi l’una dall’altra e sono apparse sullo scenario giallistico italiano quasi contestualmente, tra il 2017 e il 2018. Siamo davanti ad un filone di “sbirre” siciliane? Forse l’erede di Montalbano sarà femmina?
Non ci sarà nessun erede di Montalbano. Camilleri è unico e irraggiungibile. Ci sono però tanti interessanti personaggi in giro e soprattutto autori di grande qualità. È vero, negli ultimi tempi si fanno strada anche le investigatrici. Era inevitabile, sia per la necessaria ricerca di una diversificazione, sia perché, lo dicevo, le donne anche in questo campo hanno una marcia in più: hanno una maggiore capacità di ascolto e riescono a capire meglio la psicologia criminale.

Ci dai una tua opinione di autore sulla serialità nella letteratura gialla e noir attuale?
Non posso che ribadire un’opinione diffusa tra tutti i miei colleghi giallisti: il giallo, meglio il noir, è la migliore forma romanzesca attuale per raccontare le città e la società contemporanee. La serialità è doppiamente vantaggiosa: per l’autore che familiarizza con i personaggi creati – tanto che sono proprio loro, a un certo punto, a suggerire nuove storie a chi scrive- e per il lettore, che affida al suo avatar-personaggio preferito il compito di esplorare i luoghi, di sciogliere i misteri e di placare l’ansia.

Leggere, in questa fase di forzata quarantena, della caotica e allegra movida notturna e nei vicoli di Ballarò e del centro di Palermo ci provoca un grande disagio. Al di là dell’augurio che la musica e le folle tornino a riempire le nostre serate, cosa pensi che ci resterà dentro di questa esperienza?
È ancora presto per dirlo, gli scenari di questa pandemia sono ancora tutti indefiniti. Non riesco però a unirmi al coro di chi ritiene che “da tutto questo ne usciremo migliori”, né voglio accettare come scontate le prospettive distopiche che pur hanno avuto un ruolo nelle mie letture giovanili. Ciò che mi ha comunque sorpreso è la notizia che in questo periodo, per molti, ci sia stata una difficoltà a leggere. Segno forse che nei libri non vengono cercate tout court evasioni o certezze rassicuranti ma casomai una differente interpretazione della realtà, un approccio critico ai valori fasulli della normalità.

Hai scritto qualche giorno fa che “ciò che non potrà affievolirsi e anzi da questa vicenda uscirà ingigantito, sarà il bisogno di raccontare e di creare storie”. E’ un tuo ottimistico auspicio o un invito a tutti e ai ragazzi in particolare?
Non c’è dubbio che c’è e ci sarà un forte bisogno di raccontare lo sconvolgimento di questo periodo. Lo si farà in tutti i modi, con i libri, il cinema, l’arte, la musica. E non c’è anche dubbio che le cose più interessanti dovranno venire dai giovani, i più colpiti, da un punto di vista esistenziale, secondo me, dal maledetto virus.

MilanoNera ringrazia Gian Mauro Costa per la disponibilità

 

Giovanni Marcì

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