Il giardino delle farfalle



Dot Hutchison
Il giardino delle farfalle
Newton Compton
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Una storia per raccontare, no forse una meravigliosa cornice per aureolare la breve ma fantasmagorica vita delle farfalle? Eh no! E neppure un romanzato saggio sull’evoluzione dei lepidotteri. Ma invece un lungo, articolato e agghiacciante thriller in cui dominano perversione, diabolica crudeltà, schiavitù e violenza ai danni di povere, plagiate e disperate giovani vittime, le più prigioniere senza scampo della Sindrome di Stoccolma.
In una splendida villa in campagna con giardino viveva un bell’uomo di mezza età, un magnate delle finanza con la famiglia. Di fianco c’era un secondo lussureggiante giardino con laghetto e cascatelle, fiori variopinti, alberi ombrosi dove il bell’uomo, che conosceremo come Il Giardiniere, collezionava delle farfalle. La sua passione veniva dal padre, ai suoi tempi, grande amatore e raccoglitore di rari esemplari. Ma quella favolosa collezione fu distrutta…  Le farfalle del Giardiniere sono bellissime, incomparabili ma… inconsuete, infatti scopriremo subito che nella sua straordinaria collezione c’era un “ma” grosso come una casa. Perché quelle favolose farfalle, in realtà sono delle ragazze, tutte giovanissime, tutte con la schiena tatuata a fingere le ali di una falena e non si trovano certo là per propria scelta. Non sono delle ospiti, sono state sequestrate!
Il loro sequestratore e custode è un mostro, un maniaco torturatore, un lucido pazzo assassino a sangue freddo, ossessionato dalla perfezione della sua preziosa raccolta, ma in certi casi capace di amabile comprensione, di contorta generosità e di adoperarsi per il benessere delle sue schiave. Infatti le coccola, le adora e le avviluppa fin quasi all’ossessione con un amore malsano, ma pur sempre amore. Però solo fino allo scoccare dei loro ventun’anni, perché, si sa, la vita delle farfalle è breve… Dura lo spazio di un attimo.
Quando finalmente, complici un errore, una denuncia e un incendio, il suo terribile giardino viene scoperto dalla polizia, una delle prigioniere, ferita ma sopravvissuta, viene portata dall’ospedale alla locale sede investigativa in per essere interrogata.
L’agente speciale in capo dell’FBI, Victor Hanoverian, e l’agente speciale Brandon Eddison avranno il compito di farla parlare per riuscire a  incastrare le tessere di uno dei più complicati rompicapo di tutta la loro carriera e scoprire tutta la verità. La ragazza ferita, che si fa chiamare Maya, nome affibbiatole dal suo sequestratore, sembra ancora sotto shock ma la sua lenta, sofferta ma dettagliata testimonianza si rivelerà piena di episodi al limite della realtà e  sarà chiave di volta dell’intera storia.
Tutte le ragazze del Giardino sono state sottoposte a torture. Plagio, crudeltà e privazioni erano la regola in quella loro serra-prigione museo degli orrori, ma nella deposizione di Maya, che come tutte le altre ha delle colorate e orride ali di farfalla tatuate sulla schiena, manca qualcosa. E più che lei va avanti con il suo terrificante racconto, più i due agenti speciali si chiedono chi o cosa voglia nascondere…
Per la prima volta Victor che nel suo lavoro di consulente speciale per ragazzi maltrattati e abusati, si è confrontato con tante violenze e brutture si trova davanti a un caso  che pare incredibile.
Ma era quello che succedeva nel “Giardino” dove ragazzine marchiate con ali di farfalla sulla schiena vivevano e venivano stuprate solo per compiacere il loro rapitore e suo figlio. Da tanti anni un ciclo continuo ininterrotto, con solo come ultimo macabro dono la morte. Ma perché tutto questo? Quale psiche disturbata ha potuto arrivare a concepire tanta perversione?
Stile e storia coinvolgenti per un thriller psicologico, che ben riesce a tenere in sospeso il lettore.
La sindrome di Stoccolma è un inconscio paradosso psicologico che in certi casi provoca una reazione automatica, insomma un particolare stato di dipendenza psichica e/o affettiva in alcune vittime di episodi di violenza fisica o mentale. Il soggetto affetto da Sindrome di Stoccolma, nonostante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio carnefice aggressore che può arrivare fino all’amore e alla volontaria e totale sottomissione, instaurando così una specie di alleanza e complicità tra vittima e carnefice.

Patrizia Debicke

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