Gli invisibili – Valerio Varesi



Valerio Varesi
Gli invisibili
Mondadori
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Valerio Varesi e il romanzo dell’acqua
Con Gli invisibili (Mondadori, collana Gialli e Thriller, ottobre 2019, pagg.368), Valerio Varesi firma la quindicesima indagine del suo commissario Soneri e raccoglie l’invito della casa editrice milanese a partecipare, tra i più titolati autori crime italiani, alle celebrazioni per il novantesimo anniversario della storica collana Il giallo Mondadori. Sì, proprio quella, che con il colore delle sue copertine ha finito per ribattezzare, e raccogliere sotto l’unico termine di giallo, storie di crimini e di colpevoli delle più variegate sfumature narrative.
Gli invisibili di Varesi sono tutti coloro che, per disgrazia o per scelta, scivolano in una condizione di assoluto anonimato e finiscono per perdere, già in vita, qualsiasi diritto alla dignità di esistere come individui e tali essere riconosciuti.
Come il cadavere di un uomo ripescato dal Po, ammazzato o suicida le indagini non sono riuscite a stabilirlo, che da oltre tre anni giace in una bara di ghiaccio dell’obitorio di Parma. Nessuno lo ha identificato, nessuno è venuto a reclamarne il corpo e ora, dunque, la sua cella deve essere liberata e lui seppellito in un anonimo loculo: nessun nome ad accompagnarlo, solo un’ignominiosa sigla, S89, che sta per scomparso numero 89. Un invisibile, appunto, in vita e in morte.
Soneri però non ci sta a negargli l’estrema dignità di un nome e, chiamato dal questore Capuozzo a chiudere sbrigativamente la faccenda, intraprende, quasi a titolo personale, contro la volontà del questore e con la complicità della pm Falchieri, una indagine che è anche una crociata morale perché nessun uomo “dovrebbe andarsene così, senza neanche un nome”. Con intuito e ostinazione, sulla base di labili tracce rinvenute tra gli effetti personali dello sconosciuto, il commissario risale al suo ultimo viaggio, in battello sulle acque del Po, in un tratto in cui il fiume traversa la provincia di Parma. E’ là che si reca Soneri, si prende addirittura le ferie per indagare e, da una casa galleggiante che diviene per lui rifugio e metamorfosi nell’ambiente, s’immerge in una realtà criminale ben più temibile e articolata di quanto avrebbe potuto supporre.
Gli invisibili è il romanzo dell’acqua, atmosferica e geografica, della pioggia e delle nebbie, e di un fiume, il Po, che è “tutto un mondo”: quando “fa il buono”, direbbe Riccardo Bacchelli, ti mette in pace con l’universo intero ma quando è in collera si rivela “una forza immensa e inquietante. E galleggiarvi sopra è un rischioso rodeo”.
Al Po, principe tra i fiumi italiani per lunghezza e ampiezza del suo bacino, Varesi dedica così il compimento di una trilogia ideale, iniziata con Il fiume delle nebbie (Frassinelli, 2003) e proseguita con La casa del comandante (Frassinelli, 2008), una dedica di paura e fascino per la “cifra indefinita di quell’universo fluviale sfuggente e cedevole dove niente è solido e in tutto si sprofonda: nebbia, sabbia, argilla e acqua”.
Anche Soneri sprofonda, nella malinconia di un autunno che è di stagione e di vita, sotto una pioggia quasi incessante che si allenta solo per cedere il passo alla nebbia, una fumana soffice ma quanto mai inquieta. “Piove nero ma non di goccioloni chiari che scivolano lungo le mezzelune delle finestre”, direbbe Simenon al quale Varesi è stato di frequente paragonato, no, piove da un cielo così oscuro che pare sempre sul punto di andare in frantumi e travolgere l’esistenza di chi sta in basso.
L’umore di quelle acque, fiume pioggia nebbie, sembra delineare il ritmo dell’indagine stessa: spento e rallentato a tratti, vorticoso un istante, sommesso l’attimo dopo.
Eppure Soneri avanza, lui uomo di montagna, tra strade alzaie argini lanche e golene, mentre il Po scorre maestoso, impassibile, come nel sentire leopardiano della natura, davanti agli uomini in affanno sulle sue sponde. Il Po, che si rivela palcoscenico crudele della più moderna criminalità, ma al contempo plausibile retaggio di miti pagani e superstiziosa fede. Solo Casimiro “il Matto”, una delle più felici tra le plastiche figure disegnate da Varesi nel romanzo, sembra conoscerlo a fondo, prevedendone gli umori e rispettandone i misteri. Un senzatetto, diremmo noi, anche se un tetto sulla testa ce l’ha seppure fatto di tronchi a capanna, eppure un saggio, animato da un’innocente che rimanda allo sguardo puro della Gelsomina di Fellini ne La strada. Parla dell’uomo coccodrillo, Casimiro, che all’alba lascia le sue paurose impronte tra i pioppeti, e delle Anguane “scese dalle Alpi perché vogliose di vedere il mare”, eppure sa tutto di quell’universo fluviale e della “roba brutta che il fiume custodisce misericordiosamente”. Negli arcani ma poetici dialoghi che Casimiro intesse con Soneri finisce per incarnare il ruolo di unico nocchiero lungo quel “fiume così pagano” e tra quella sua gente “anfibia come le rane”.
Le acque, pioggia nebbie e fiume, catturano Soneri e lo imprigionano in una sorta di sospensione onirica nella quale, ben oltre l’identità dello sconosciuto e i loschi traffici che si agitano sulle rive del Po, la ricerca vera riguarda il senso ultimo dell’esistenza.
È un Soneri coerente con il suo passato ma diverso, quello de Gli invisibili, e pare impossibile dopo quattordici indagini, sempre paladino di giustizia ma in chiave più intimista e meno politica, consapevole dell’avvicinarsi di un traguardo ultimo e dunque impaziente di trovare risposte.
Le cerca anche nel rapporto con la sua storica compagna, Angela Cornelio, contraltare di concretezza e cassa preziosa di risonanza, con la quale si abbandona, nell’ipnotico isolamento della casa galleggiante e nel complice oblio indotto dal Gutturnio, a ore intense di passione. Una passione rinnovata e cercata, forse un antidoto passeggero a quell’autunno che Soneri sente incombere all’orizzonte.
Varesi stupisce, di nuovo, per la rara abilità con cui intreccia un ordito narrativo ineccepibile a uno scavo psicologico di non comune finezza. Personaggi seriali – Soneri, Angela, il questore, la pm, i collaboratori del commissariato – risultano rinfrescati da riflessioni inattese, espressioni sorprendenti, verosimili mutamenti per il trascorrere del tempo. Nuovi personaggi appaiono disegnati con pochi tratti di penna o a figura intera, ma tutti vividi e umanissimi: in primis lo sconosciuto alla ricerca di un nome che a ogni pagina acquista spessore e dignità, ma anche i membri del Circolo Nautico di Torricella, i Gallerani signori del fiume, i disagiati psichici di Villa Serena, che un nome ce l’hanno ma non più una degna credibilità.
L’ambientazione fluviale è attenta a catturare ogni sfumatura degli infiniti mutamenti atmosferici che si avvicendano lungo le rive, in una resa di tale suggestione cromatica da ricordare le tele intrise di nebbia di Galliano Cagnolati, il pittore del Po cui sembra essersi ispirato Bernardo Bertolucci per il suo Novecento.
Varesi insomma continua a sorprendere, anche per un lessico duttile quant’altri mai, un ritmo narrativo che pare assecondare la stessa placidità o irruenza del fiume, dialoghi coloriti e all’infinito diversificati.
Varesi soprattutto cattura il lettore, da anni e senza mai rinunciare alle note distintive della sua voce narrativa, perché a rinnovarle e a renderle fuori dell’ordinario esiste una qualità che non molti autori possiedono, una grande anima che al suo pubblico arriva con inusuale empatia.

Giusy Giulianini

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