Goya Enigma. I misteri dell’arte nei miei thriller – Intervista a Alex Connor:

downloadPatrizia Debicke ha incontrato Alex Connor ed ecco il resoconto della loro chacchierata, su libri, Goya e arte.
Dei tuoi romanzi questo, pur traendo spunto da episodi della vita di Goya, è forse quello più legato ai nostri tempi. Perché hai scelto di privilegiare l’epoca attuale?
In gran parte per colpa dell’attuale boom della criminalità nel mondo dell’arte. Una vera e propria esplosione  – la stima parla di affari da 8 miliardi di sterline – provocata delle tante attuali “guerre”, che hanno immesso sul mercato opere finora inaccessibili. Durante la primavera araba e la successiva caduta di alcuni paesi e dei loro confini, ci sono stati infiniti saccheggi e furti su larga scala. Molti beni preziosi sono stati rubati e dispersi in tutto il mondo. Il mercato è stato invaso da una valanga di  tesori saccheggiati spesso anche frutto di accordi, patti e scambi sottobanco, nonostante i controlli e le voci di accusa che si levavano. Molte opere d’arte, rubate su ordinazione, sono finite nei caveau dei grandi collezionisti o commercianti. Il crimine ha dilagato a macchia d’olio, i certificati di provenienza – che attestavano l’autenticità di un’opera – mancavano o erano fasulli, e tanti capolavori sono stati  fagocitati dalle voraci fauci del cosiddetto mondo dell’arte. E, cosa più importante per la mia storia di Goya, le reliquie sono diventate più richieste di prima, con il loro valore esasperato dall’inesauribile appetito dei collezionisti.

Quanto è diverso scrivere un romanzo storico da un romanzo ambientato ai nostri giorni?
Nei primi due libri delle trilogia, quelli centrati  su Caravaggio ho mantenuto la scrittura al puro contesto storico; con un tale artista non avevo bisogno d’altro per convincere il lettore! Nell’ultimo libro della trilogia, invece: Eredità Caravaggio che parlava di Artemisia Gentileschi, ho preferito raccontare la storia della pittrice in un modo diverso. Il nome di Caravaggio è molto famoso, quello di Artemisia meno, anche se… in crescita. Temendo che il lettore stentasse a identificarsi con “una sconosciuta”, ho inserito nella trama un thriller contemporaneo, per supportare meglio la narrazione e suscitare maggiore interesse.
Con Goya poi scrivere è stato ancora diverso. Il suo nome è famosissimo, ma la trama di Goya Enigma gira intorno al suo teschio perduto. Un teschio ambito dalla criminalità e dai cacciatori di reliquie. Qualche anno fa avevo detto per scherzo che qualsiasi reliquia personale di un vecchio Maestro diventerebbe molto ricercata,   impagabile e ho detto che mi aspettavo da un giorno altro che saltasse fuori una ciocca di capelli di Leonardo. È successo, “fortuitamente” in tempo per il 500 ° anniversario della sua morte. Coincidenza, ovviamente. Il pene di Napoleone attraversa l’Europa da decenni, godendo apparentemente di una prolungata vita sessuale. Altri membri maschili continuano a presentarsi, ma finora non è mai stato dimostrato che qualcuno di questi sia mai stato attaccato al tiranno. Vivo nella speranza che un giorno il pene e il suo legittimo proprietario saranno riuniti. Ma ne dubito, perché è una reliquia e le reliquie sono un grande affare. Pertanto, quando ho scoperto che il cranio di Goya era stato rubato dalla sua tomba francese, l’idea mi ha stuzzicato subito. Se all’improvviso il suo teschio fosse immesso sul mercato nero tutti lo vorrebbero. La competizione sarebbe dura, violenta. E allora ho creato due spietate gang di ladri – ognuna delle due disposta a tutto pur di ottenere il teschio di Goya – e li ho messi contro ai fratelli Golding, persone rette e assolutamente e pericolosamente ignare del malavitoso funzionamento organizzativo del mondo dell’arte.

In un immaginario gioco simbolico legato alla storia con la S maiuscola  ritieni che Ben Golding, il protagonista di Goya Enigma potrebbe interpretare il ruolo di un antico paladino, dell’eroe retto, puro di cuore e degno di sfoderare la spada? In breve daresti a lui  la palma del “buono” e perché?
Ah, però Ben Golding non ha la sua corte. Né i baroni di Carlo Magno pronti a correre in suo aiuto. È  solo un protagonista coinvolto suo malgrado in un mondo a lui sconosciuto. Per proteggere suo fratello, Ben Golding  diventa quasi un eroe, non fugge. Ha paura, ma non si comporta da vigliacco; non cerca mai di scendere a compromessi con i corrotti e con la propria moralità. E dimostra uno straordinario coraggio di fronte al pericolo pur di salvare il fratello.

Qual è a tuo vedere il personaggio, buono o cattivo, più significativo di Goya enigma?
Più significativo? Rispondo sinceramente e dico la madre di Emile Dwappa. Assolutamente insuperabile. Nella  vita mi sono trovata faccia a faccia con il male solo una volta e, mentre descrivevo questo personaggio, ho ricordato la indefinibile sensazione di ambiguità provata di fronte al male assoluto. Quelli che sono così è come se avessero un buco nero nell’anima pronto a  succhiare la vita, la luce e il bene in se stesso e cancellare ogni speranza. Sono terrificanti, semplicemente terrificanti.

E per lo stesso gioco immaginario, a quale personaggio affideresti il ruolo del nemico con la N maiuscola?
A Bartolomeo Ortega. All’inizio non sembra il  più malvagio, ma a conti fatti è colui che ha più da perdere ed è guidato dalla vendetta. Bartolomeo Ortega è una persona che ha avuto una vita dorata, invidiata da tutti ma che, da un momento all’altro, scopre che conteneva solo del marcio e il vero grande amore in cui aveva tanto creduto era solo una finzione. Tutto falso. Temendo il ridicolo deve riscattarsi a ogni costo. Perché Bartolomeo è uno di quegli uomini che conducono la loro vita solo in un superbo ma immaginario scenario teatrale. Le loro famiglie sono indifferenti, le loro case belle ma gelide. Castelli di sabbia? Di cui ignorano le crepe, che si aprono e che alla fine si allargano, minacciando di farli franare. Ecco perché, stranamente, questo per me è il nemico con la N maiuscola: l’uomo che mi fa più paura.

I secoli passano ma nulla cambia in queste scene. Come è successo in passato anche oggi, l’invidia, l’abuso di potere, l’avidità, l’inganno e il tradimento sembrano dominare la scena. Pensi che ci possa ancora essere spazio per una normalità piccola e forse grigia?
Purtroppo non mentre l’uomo occupa questo pianeta.

Hai scritto Goya enigma scegliendo la Spagna e i tanti i misteri legati agli ultimi anni di vita  di Francisco Goya. Vuoi dirci qualcosa della caccia alle streghe riservatagli dal re e degli anni spagnoli di Goya alla Quinta del Sordo?
Mi piacerebbe, ma non oso! Potrebbe rivelare troppo della  trama e ciò rovinerebbe il libro per il lettore, quindi perdonatemi se non rispondo appieno alla domanda. Dirò tuttavia che quando ho fatto ricerche sulla casa di Goya, Quinta del Sordo (che significa  la Casa dell’Uomo Sordo – nome non dato dal pittore, ma da un precedente residente) riesco a immaginare abbastanza del senso d’isolamento provato da Goya. Sono stata temporaneamente sorda durante alcuni anni della mia infanzia e ricordo la sensazione di allontanamento dagli altri. Confrontando la mia esperienza con quella di Goya ho  compreso quanto grande fosse la sua sofferenza. Per un uomo che amava le donne, il sesso, la compagnia, la musica e la conversazione, la sordità era una tortura. Nulla di quanto l’Inquisizione avrebbe potuto fare all’artista sarebbe potuto essere peggio di quella malattia. Era la solitudine che accompagnava Goya alla Quinta del Sordo. Aveva con sé  Leocardia – forse come domestica, anche se l’inquisizione sospettava fosse la sua amante – ma i giorni a corte, il rumore, le lotte dei tori, il “puttanismo”, il convito, la fama e la gloria ormai erano solo spettri. I ricordi di un uomo molto vecchio e molto introspettivo. Certo poteva dipingere lo stesso ciò che voleva, ma le Pitture Nere diventavano come i suoi compagni ombra, echi di glorie passate, dei colori vivaci di Madrid e della sua vita precedente ridotti a monocromia. Dipingeva perché Goya dipingeva sempre, ma stavolta non stava più raccontando, commentando, scherzando o scandalizzando. Nella Quinta del Sordo dipingeva il suo Calvario.

Goya Enigma, si focalizza sulla misteriosa scomparsa del teschio del pittore più famoso di tutta la Spagna? Perché?
Perchè Francisco Goya che ai suoi tempi era il pittore più famoso in Spagna è ancora venerato e molto amato. Magari perché è stato il primo artista moderno? Una specie di pittore giornalista? E anche perché non ha mai censurato se stesso. Se guardi da vicino alcune litografie o incisioni di Goya, scoprirai una serie di dettagli anche sconvolgenti. Lui era in grado di rappresentare un  Sabba Nero con la stessa bravura di una Maja nuda. Ma mentre invecchiava, mentre la Spagna sprofondava nella guerra civile, mentre le persone soffrivano, con i cadaveri straziati appesi agli alberi e  i bambini schiacciati sotto le pietre, Goya ha scoperto il suo lato oscuro. Lo ammiro perché non si è mai sottratto alla tragedia. Né al dolore, alla follia, alla morte o alla malattia. Apprezzo il suo coraggio di ridicolizzare la chiesa, i politici e i reali. Nel momento del suo più grande trionfo a corte doveva sentirsi al sicuro. Ma quella guerra, che avrebbe rovesciato una monarchia, lo avrebbe destabilizzato. Ci sono stati pittori più grandi di Goya. Ma pochi così profondamente vicini al proprio paese, alla  gente, e, ancora meno, in grado di offrire altrettanta empatia.

Quanto hanno influito sul tuo romanzo il mistero legato alle pitture nere?  È stata quella la scintilla che ti ha spinto a scrivere Goya Enigma?
Le Pitture Nere sono un enigma. Nel libro offro la mia interpretazione ma che non esporrò ora per non guastare la suspense! Io credo nella mia teoria, ma considero anche quelle degli altri e sono pronta ad accettare altre possibilità. Mi chiedi se le immagini hanno ispirato il libro. In parte. Ma, mentre studiavo a fondo  i murales – e li ho riprodotti personalmente – e poi li immaginavo all’interno della Quinta del Sordo, hanno cominciato a sviluppare una loro speciale magia… O è stregoneria?

Cosa spinse Goya a dipingere quei quadri così conturbanti? Cosa avrà voluto trasmettere Goya? Il presagio della sua morte imminente oppure una visione disperata del proprio paese ricaduto in mano a un sovrano incapace e reazionario? Oppure la sua mente era già contaminata da un veleno che forse ne aveva compromesso le facoltà, prima di condurlo alla morte? O  un preciso messaggio ai posteri che ancora nessuno è riuscito a interpretare?
Ho una mia teoria e la spiego in Goya Enigma, ma a volte mi chiedo invece: e se Goya fosse solo provocatorio. Non aveva paura del nuovo. Altri artisti come Velasquez e Tiziano – entrambi grandi maestri – non hanno avuto problemi con la psicologia dell’arte. Velasquez era lucido, sagace, guarda i suoi dipinti dei nani di corte e le opere religiose di Tiziano avevano una compassione infinita. Ma non danzavano ai margini dell’oscenità, dell’occultismo, della devianza – o si spingevano volontariamente nell’oscurità. O nel silenzio. Una persona sorda vede il mondo in modo diverso. La comunicazione è limitata, non ci sono più flirt, scherzi, la parola diventa laboriosa e gli amici svaniscono. Per un uomo impaziente come Goya la perdita della parola rappresentava un colpo fatale. E tuttavia non penso che fosse depresso. Arrabbiato, forse, ma la sua forza vitale era enorme. Goya visse più di ottant’anni, nonostante due gravi malattie e la sua debilitante sordità. Non era un uomo disposto a giustificarsi, a indugiare nell’autocommiserazione o nella depressione. Quando creò i Dipinti Neri penso che stesse esplorando la propria capacità di riuscire a fare qualcosa di originale, senza assecondare il gusto di corte o dei piccoli mecenati. I Dipinti Neri erano anacronistici, discutibili, poco attraenti. Qualcuno potrebbe definirli persino brutti. Un artista crea la bruttezza se la sente dentro, se considera l’arte come un lassativo, un clistere per il proprio istinto. Ovviamente Goya aveva problemi di salute, era molto invecchiato, ma i quadri neri sono troppo programmati, troppo specifici, inimitabili. E ci affascinano ancora. E continuiamo a scrivere su di loro, a vederli e a immaginare ogni sorta di significati e messaggi nascosti. A Goya sarebbe piaciuto.

Tu oltre a essere scrittrice sei una pittrice, in Goya Enigma descrivi  imbrogli, truffe e turpitudini varie legate alla galassia dei mercanti e dei collezionisti d’arte. Quanto c’è di vero in quanto dici?
Più di quanto penseresti. Comunque ci tengo a dire che la maggior parte delle gallerie e dei rivenditori qualificati sono rispettabili. La criminalità è concentrata nel demi monde, il ventre molle dei delinquenti, dei ladri, dei falsari e degli spacciatori senza scrupoli. Dove c’è denaro, c’è il crimine. Dove c’è un sacco di soldi, c’è tanta criminalità. E criminali intelligenti. Ma non ci sono ladri gentiluomini che entrano nel Louvre e escono con un Monet. Quello è solo cinema. Invece ci sono molti pesci piccoli invischiati mani e piedi che operano nella rete criminale. L’onore tra ladri esiste solo per il cinema. Naturalmente tanto di ciò che si sente in giro non è vero, altrettanto è vero che il commercio illegale di reliquie, statue, dipinti e sculture è esploso negli ultimi vent’anni e, con esso, la contraffazione. Anche là niente di nuovo. Michelangelo ha scolpito un falso amorino romano, Rembrandt ha messo la sua firma sui lavori dei suoi studenti, Salvador Dalì avrebbe firmato delle tele bianche sul letto di morte… Le storie in proposito sono tante, infinite, aumenteranno e nel frattempo purtroppo, e di proposito mi ripeto, mentre gli stati vanno in rovina e crollano le frontiere, le guerre continuano a creare meravigliosi e artistici “punti vendita”  destinati ad avidi acquirenti senza scrupoli.

E ora l’ultima domanda indispensabile, puoi già anticipare di quale grande pittore ti piacerebbe parlare nel tuo prossimo libro?
Il prossimo libro sarà  il primo di una nuova trilogia, intitolata The Wolves of Venice:  I lupi di Venezia….

Grazie ad Alex Connor per il tempo e le sue risposte.

Patrizia Debicke

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