I grandi ospiti del Noir In Festival: intervista a Donato Carrisi. Il maestro delle ombre

51fejtsdzplIl maestro delle ombre è appena uscito e già stiamo scalando la classifica. Scusa, stai scalando…
No, no, stiamo, perché no? Il libro appartiene anche a te. Questa è una lezione che mi viene dal teatro prima e dal cinema poi: quando qualcuno paga il biglietto per uno spettacolo ha diritto di dirne e farne ciò che vuole. E per biglietto non intendo il prezzo di copertina, ma il tempo che uno dedica alla lettura. Perché se io ti tolgo inutilmente del tempo, delle ore di vita che potresti impiegare in modo diverso, leggendo qualcosa d’altro, guardando un film, passando il tempo con i tuoi amici o i tuoi parenti, sono un criminale.
Io devo dare un valore al tempo. Al tuo tempo. Al tempo dei lettori.

Pensi mai all’eventualità che il lettore possa leggere un libro che è altro da quello che hai scritto tu? Che possa cioè possa percepire qualcosa di diverso da quanto era nelle tue intenzioni, che magari possa cogliere messaggi o  sfumature a cui  non avevi pensato  e magari persino distorcere il tutto?
Certo, ed è un pensiero gratificante. Secondo me, l’autore che si affeziona troppo a ciò che fa finisce col soccombere. Viene prima o poi schiacciato da ciò che ha fatto in precedenza e non è più capace di produrre cose nuove. Io scrivo i libri che mi piacerebbe leggere, non voglio stupire nessuno,io voglio semplicemente divertirmi mentre scrivo.
E se io scrivo divertendomi, si diverte di solito anche il lettore.

Cosa rispondi a chi, e pure con un certo vanto,  ancora dice ” io non leggo italiani“, specialmente nell’ambito dei thriller?
Beh, non so dipende.. Certo, se mi dicono “io non leggo Carrisi”, mi arrabbio un po’ di più.
Io sono onnivoro a dire la verità ,leggo veramente di tutto. Vorrei che qualcun altro scrivesse dei thriller in Italia.

Siete pochi in effetti che si cimentano con il thriller.
Uno. Prima c’era Faletti, il grande Giorgio, che veramente ha sfidato tutti. Lui poteva vivere di rendita dopo il primo libro…

Faletti ha sfidato anche le malelingue che non si fidavano di lui come scrittore.
Anch’io non mi sono fidato all’inizio. Quando ho comprato Io Uccido, l’ho preso proprio col proposito di criticarlo, invece poi questo libro mi ha travolto, devo dire la verità. L’altro thriller l’ha scritto Umberto Eco. Non dimentichiamoci che senza “Il nome della rosa” non ci sarebbe stato Dan Brown, per esempio.

Noi abbiamo ancora qualcosa da imparare dagli americani o sono loro che hanno da imparare da noi, oltre a invidiarci l’immenso patrimonio, storico, architettonico, letterario e  la sconfinata riserva di codici, enigmi, misteri a cui attingere per una storia ?
Vero, Sì, però ci ostiniamo a ambientare le nostre storie in provincia.Se dobbiamo sfruttarlo questo patrimonio, sfruttiamolo fino in fondo. Sfruttiamolo raccontando un’Italia che sappia essere internazionale, ma da subito. Altrimenti veramente esportiamo uno stereotipo e non un immaginario. C’è un problema che riguarda questo paese: il nostro personaggio letterario più famoso nel mondo è ancora Pinocchio e questo ci dovrebbe far riflettere.

Sei tradotto e pubblicato in molti paesi. Cosa ti chiedono più spesso gli stranieri? Che immagine hanno dell’Italia?
Ah, gli stranieri sono tutti incredibilmente rapiti e affascinati dall’Italia e dagli italiani, e questo mi riempie d’orgoglio.

Sono meno diffidenti del pubblico italiano?

Decisamente. Io per esempio ho un grande successo in Francia, non c’è stato nessuno snobismo, mai. Siamo noi un po’ più snob nei loro confronti.

L’ombra ritorna in tutti i tuoi libri. Cosa vedi tu nell’ombra? Di cosa hai paura? E, soprattutto, le tue paure sono cambiate da quando sei diventato papà?
Nell’ombra io vedo sempre qualcosa o qualcuno,che non sono io. Forse perché nella mia ombra si nascondono tanti personaggi, tante personalità e questo mi affascina sempre.
Quando io racconto le ombre, racconto la mia ombra, quella che proietto.
Io poi ho paura di tutto,ed è sano che io abbia paura di tutto perché altrimenti non riuscirei a fare paura. Non si compra una bistecca da un macellaio vegetariano.
Quindi devo essere un “cagasotto” e sono contento di esserlo.
Da quando sono diventato papà, è vero, sono moltiplicate le paure e ho ritrovato i timori dei miei genitori, quelli che da ragazzo non capivo e che invece adesso comprendo pienamente.

Il tuo rapporto con la religione?
Io sono un credente, pare assurdo dirlo, perché oggi sembra quasi di dire ” io credo a Babbo Natale”. I credenti non rivendicano più la propria fede.Non sono un integralista. Non lo sarò mai, sono sempre molto critico anche nei confronti della mia fede. Cerco sempre di non imporla a nessuno ma pretendo che sia rispettata, questo sì.

Quanto hai camminato per Roma per scrivere questo libro?
Ahh, tantissimo. C’e una cosa che accade: tutti quelli che leggono questa saga, soprattutto all’estero, poi vogliono venire a visitare i luoghi del romanzo. L’hanno fatto i polacchi, gli spagnoli, gli inglesi, i francesi. continuano a farlo tutti gli anni. E quando sono a Roma, tendo ad apparire e a fare una sorpresa e devo dire che è molto divertente.
Perché ho imparato a conoscere una città che non conoscevo affatto. Quando ho scritto il primo capitolo di questa saga, nel 2011, io abitavo a Roma da più di dieci anni, e non la conoscevo per niente. Sapevo ben poco.

Hai visitato anche il sottosuolo di Roma, cosa forse non per tutti…
No, no guarda, tutte le cose che faccio e descrivo nel libro in realtà sono semplicissime, soltanto che siamo troppo pigri per informarci.
La Penitenzieria apostolica per esempio: io ne sono venuto a conoscenza attraverso un sacerdote, poi loro hanno un sito internet, in italiano, in inglese, in latino. E lo puoi andare tranquillamente a consultare. Perché nessuno l’ha scovato prima? Perché nessuno ce l’ha raccontato?
Siamo troppo pigri, questa è la verità.. Abbiamo delle bellezze incredibili, ma non le conosciamo, non ci interessano, e mi ci metto anch’io …Se non avessi avuto lo stimolo della scrittura, probabilmente certe cose non le avrei conosciute mai, eppure mi ritengo una persona curiosa..

La lettura è per chi non si accontenta?
Sempre.
Ed è sempre una crescita?
No, dipende. Può anche essere una decrescita. la lettura sbagliata ti porta a fare dei passi indietro clamorosi. Non ho una visione ottimistica dei libri e della lettura. Anzi, molto spesso è meglio non leggere alcuni libri.
Ritengo che sia uno strumento a volte anche molto pericoloso, la lettura. Bisogna essere molto preparati per leggere dei libri

I social sono un bene o un male per i libri? Hanno portato nuovi lettori o li hanno distratti?
Non lo so, dovrei essere un neofita per dirtelo, bisognerebbe chiederlo alle nuove generazioni, a quelli che utilizzano massicciamente i social network, anche per informarsi sulle piccole cose.
Nella nostra vita, per la nostra generazione, i social sono arrivati quando i libri erano già presenti, per cui io quando devo scoprire se e quando è stato pubblicato un libro,ancora preferisco andare in libreria e lasciarmi sorprendere da ciò che trovo.
Però poi, d’altronde, se voglio approfondire, vado sui portali. Soprattutto se il libro mi è piaciuto. Perché io credo che un buon libro non debba finire con l’ultima pagina, un buon libro continua anche dopo l’ultima pagina.
E un buon libro è sempre quello che hai voglia di rileggere.

Saremmo davvero incapaci di gestire la totale mancanza di energia e tecnologia? Da animali sociali ci siamo definitivamente trasformati in animali social?
Bella questa espressione.
Sì, penso di sì. Non tutti, ovvio.  Ma penso anche che tra dieci anni, quando tutto questo sarà finito, sarà stato rimpiazzato da qualcos’altro, rideremo amaramente di noi stessi e probabilmente ci vergogneremo anche un po’.
I ragazzi sicuramente hanno più più possibilità di gestire questa situazione. Se pensi agli anni ’80. a quelle che erano le nostre dipendenze, ne siamo usciti. Quelli che hanno più problemi sono coloro che sono dipendenti dai social ora, in età non più verdissima.
Se ci pensi,  è talmente facile andare per strada e socializzare.
Io credo nella gente. Sono ancora convinto che siamo circondati da belle persone. anche se poi si rischia. Non esistono persone perfette, ma sono ancora convinto che la gente sia una bella “roba”. Altrimenti non farei lo scrittore. Altrimenti me ne fregherei assolutamente.

Cristina Aicardi

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