Ricardo Piglia – I casi del commissario Croce



Ricardo Piglia
Ricardo Piglia
Sur
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Già protagonista di Bersaglio notturno, il commissario Croce è un uomo “sempre coinvolto in misteri e questioni altrui”, stimato da molti tanto da essere richiamato anche una volta andato in pensione. La raccolta di racconti I casi del commissario Croce, esce ora per Sur, tradotta da Pino Cacucci e segue la tradizione realista del poliziesco, come indica l’autore, attingendo in gran parte dagli aneddoti di famiglia, trasmessi “con un incanto particolare” dalla madre.
In “L’impenetrabile”, ispirato ad un fatto narratogli dall’amico Elìas Séman (poi sequestrato e ad oggi desaparecido), un uomo si perde “nel buio della notte”. Panizza, il protagonista, si allontana dalla propria abitazione e fa perdere le sue tracce lungo il fiume Paranà, le stesse che Croce cerca di ritrovare per ricostruire la storia di quest’uomo che “non aveva assunto l’identità di qualcun altro, aveva semplicemente dimenticato la propria”. “La musica”, uno dei racconti in cui Croce in pensione viene coinvolto nel caso, si ispira alla storia del “marinaio jugoslavo Pesic, che fu accusato dell’omicidio di una entraîneuse in un locale malfamato nel porto di Quequén e condannato a dieci anni di carcere”.
Scritti con il Tobii, il sistema che consente di scrivere con lo sguardo, utilizzato anche dai malati di Sla, la stessa malattia che si è portato via Ricardo Piglia nel 2017, l’autore si interroga se questo sistema abbia influenzato il suo modo di scrivere, dopo anni in cui la sua scrittura era stata affidata ad una Olivetti Lettera 22, soppiantata negli anni Novanta dal computer. Il commissario Croce è un personaggio che Piglia amava “è un bel tipo, mi piace per il suo passato e per l’immaginazione con cui affronta i problemi che si presentano”, con una spiccata capacità di osservazione, combinata al suo fiuto e la capacità di leggere i segnali, “una delle conoscenze basilari per lavorare nelle zone rurali argentine”. Ha continuamente intuizioni o presentimenti, come nel racconto “Tigre” e “La promessa”, in cui “una banda formata da una dozzina di compaesani superstiziosi”, si erano organizzati “attorno a un guaritore che diceva di essere stato mandato dal Padreterno nella provincia di Buenos Aires, aveva trafugato la Madonna di Luján per creare un santuario e ricevere le donazioni”.
Se per Piglia “l’unico complotto sicuro, è il complotto individuale, si attarderà a discutere del “delitto perfetto” con Borges (come indica Carlotto) nel racconto “La conferenza”, cercando una soluzione ad alcuni suoi casi irrisolti.
«He pasado largos años en la sórdida gayola», un immancabile tango, canticchiato sottovoce, da il ritmo ai racconti. Una lettera recapitata in commissariato di venerdì, firmata dalla Signora X, racconta minuziosamente il suo sequestro ad opera di due uomini. A Croce viene chiesto di trovarli e rendere giustizia alla donna vestita di giallo. “A volte la menzogna è un cammino che conduce al trionfo della legge”, scrive Piglia dopo aver sentito, una sera, al bar di Torreòn di Mar del Plata, la storia narrata da una sua cara amica “che continuerò a chiamare X”.
Ricardo Piglia ha dedicato tutta la sua vita alla letteratura, nato ad Adrogué, nella provincia di Buenos Aires, nel 1941, ha insegnato a Princeton e Harvard: “È stato lo scrittore latinoamericano che più di tutti si è occupato di elaborare una teoria sul romanzo poliziesco e sulla figura dell’investigatore”, dice Massimo Carlotto nell’introduzione. Divide et impera era il modo di scovare i colpevoli, pensare con la testa dell’assassino, mettere i complici uno contro l’altro, Piglia “parla al lettore con disincanto e franchezza”. La scrittura di Piglia restituisce al lettore una visione minimale, precisa e dissacrante di un mondo in cui secondo Borges “i delitti si risolvono – o si occultano – usando la tortura e la delazione, mentre la narrativa poliziesca aspira – senza successo – a un mondo in cui la giustizia si avvicina alla verità”, scrisse Ricardo Piglia.

Paola Zoppi

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