I cinque libri noir (e non solo) della settimana #3




I cinque libri noir (e non solo) della settimana #3

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Giorgio Manacorda, Il corridoio di Legno (Voland)

Un esordio tardivo ma travolgente, quello di Giorgio Manacorda, il settantenne romano, appassionato di poesia e letteratura tedesca e critico letterario. In lizza per lo Strega, Il corridoio di legno non è semplicemente un “fanta-noir politico” che riscrive la notte della nostra Repubblica immaginando un futuro fatto di coprifuoco e di Milizia e Giunta militare. Ma è una storia di amore malato scritta in un italiano perfetto e poetico. Un legame, profondo e disturbato tra ex compagni di collegio che hanno intrapreso strade diverse. La storia di una ricerca in una Roma tetra e angosciante, simile alla Londra di orwelliana memoria, un viaggio nel potere che corrode e nell’amara constatazione della fine delle nostre illusioni.

Perché leggerlo: “Non avevamo capito niente. Dell’inutilità, della caduta di tutte le speranze. Di una via spesa in grandi battaglie di principio per ridursi a mungere le vacche, e ascrivere poesie, per avere la sensazione di esistere ancora”.

 

Carolyn Jess-Cooke, Cose che il buio mi dice (Longanesi)

Molti bambini hanno un amico immaginario, quello di Alex, ragazzino di dieci anni di Belfast che ama le cipolle sul pane tostato, è molto particolare. Si chiama Ruen ed è un demone che ha 9mila anni e che adora Mozart, che gli parla del buio nel quale vive, lo conforta, ma che lo invita anche a compiere azioni crudeli. Toccherà a una neuropsichiatra segnata dalla schizofrenia della figlia, aiutare il piccolo Alex.

Perché leggerlo: seconda prova della scrittrice irlandese, che ci mette di fronte al buio che è dentro ognuno di noi. Un romanzo che mescola paura, inquietudine e  speranza.

 

Thomas Kanger, Le gambe dell’assassino (Ponte alle Grazie)

Secondo la scrittrice Anne Holt, Kanger è “uno dei più grandi autori del genere poliziesco in Scandinavia”. E in effetti lo dimostra facendoci capire cosa vuol dire essere una donna con un lavoro da uomo: la sua Elina Wiik, ragazza commissario protagonista dei suoi romanzi, incarna infatti le contraddizioni della nostra epoca. Coraggiosa e testarda, empatica e intuitiva, fragile e sola, stavolta la Wiik deve far luce su un brutale doppio omicidio.

Perché leggerlo: un romanzo che inaugura la nuova collana di gialli letterari della casa editrice, 221B, che prende il nome dalla residenza londinese in BakeryStreet di Sherlock Holmes. Da collezionare.

 

Massimo Pisa, Milano Cold Cases (Dalai)

Il catanese Pisa, che scrive di nera per La Repubblica, ha raccolto, in questo suo libro d’esordio, diciotto di una serie di storie pubblicate sulla cronaca milanese del quotidiano. Storie di cadaveri più o meno eccellenti e di killer imprendibili nella Milano degli ultimi venti anni. Circa trecento gli omicidi (a fronte dell’80% di casi risolti dagli inquirenti), che ad oggi sono senza assassino. Storie di uomini “normali” diventati vittime: come quella della casalinga disperata Laura Botta, trovata mortale gennaio del 1996 in un budello nascosto tra l’A1 e la via Emilia o come quella di Paulette, l’ultima attempata “ragazza” che lavorava tra via Vallazze e dintorni. Omicidi apparentemente senza movente, come quello di Armando Blasi, il ristoratore ucciso sotto casa senza che gli venisse tolto un centesimo di tasca. Storie e inchieste, finite nell’oblio e rimaste impunite. Memorie nere, da recuperare.

Perché leggerlo: Perché alla faccia degli adagi letterari, il delitto perfetto esiste, lo riprovano i diciotto casi raccontati nel libro.

Kurt Vonnegut, Dio la benedica, dottor Kevorkian (minimum fax)

Il dottor Jack Kevorkian del titolo è un personaggio realmente esistito: morto, nel 2011, è stato uno dei più noti sostenitori americani del suicidio assistito dei malati terminali e ideatore di una “macchina per l’eutanasia” volontaria. Questo libro, che è un’occasione in più per conoscere la scrittura dissacratoria, caustica e irriverente del grande autore americano, è un insieme di cronache registrate per essere trasmesse sulla radio WNYC. Aiutato dal dottor Kevorkian, Vonnegut, parla delle sue esperienze di premorte dalla cella della morte del carcere del Texas e riferisce le sue chiacchierate con le anime intervistate alle porte del Paradiso. Una carrellata di personaggi noti e meno noti, da Hitler a Shakespeare (a cui fa i complimenti per gli Oscar vinti da Shakespeare in love), fino a  Eugene Victor Debs, per cinque volte candidato del partito socialista alla presidenza e Vivian Hallinan, una “traditrice del suo ceto”.

Perché leggerlo: Oltre le venti interviste dell’ “inviato speciale dall’Aldilà”, il libro contiene due chicche. La testimonianza di Neil Gaiman è l’introduzione di Francesco Piccolo: 32 piccoli paragrafi su Vonnegut.

Francesca Colletti

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