I clienti del Central Hôtel



André Héléna
I clienti del Central Hôtel
aìsara
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André Héléna. Di lui dicevano che i romanzi li scriveva in diretta. Frequentava la strada fino a notte nera, ascoltava cosa avevano da dire poliziotti, delinquenti, magnaccia, prostitute e affini, ne osservava i movimenti, poi saliva nel suo appartamento e con una caraffa di caffè da una parte e un pacchetto di sigarette dall’altra iniziava a pestare i tasti della macchina da scrivere. Mettendo su carta la vita che aveva visto scorrere fino a poco prima. In qualche ora la storia era completata. Sono ormai quasi quarant’anni che André Héléna se n’è andato. In totale povertà, a soli 53 anni, dopo aver prodotto una quantità simenoniana di romanzi (più di trecento, contando anche quelli firmati con pseudonimo).

Sfruttato da editori che promettevano tanto grano e poi gli davano lenticchie contate (quando gliele davano). Lui ci provò anche a organizzare un’associazione di scrittori contro questo malcostume. Ma alla fine vide che riusciva a rappresentare solo se stesso. Eppure in Francia è sempre considerato un maestro. E anche da noi i seguaci s’incominciano a contare. A partire da Massimo Carlotto, la cui prefazione a Un uomo qualunque è, né più né meno, che un atto d’amore. Al momento sono cinque i suoi romanzi reperibili nei nostri scaffali. Uno, il titolo sopra citato, da Fanucci, e ben quattro da Aìsara, ottima casa editrice sarda che ha in programma di pubblicarne presto un’altra dozzina. I clienti del Central Hôtel e Il buon Dio se ne frega sono due grandi finestre sul mondo di Héléna.

Nel primo, una microcomunità s’incontra e si scontra in un hotel durante gli ultimi giorni dell’occupazione tedesca in Francia durante la II Guerra Mondiale. Un vero e proprio romanzo esistenzialista, duro come una Gitanes senza filtro fumata alle cinque del mattino in pieno agosto in una camera d’albergo in cui fa difetto l’aria. Nel secondo, un evaso dalle prigioni della Guyana torna in Francia nel suo vecchio quartiere a cercare di ricomporre i pezzi di una vita a dir poco claudicante. Un tipico poliziesco all’americana a cui si toglie l’alcol del whodunit e si aggiunge il ragù della tragedia shakespeariana (massì, usiamolo il termine, alla faccia di chi pretende la cravatta per entrare nel pantheon letterario). La bellezza della letteratura di Héléna è che sa farsi taglio sulla pelle. Rigorosa, secca, profonda. Con un registro narrativo capace di essere scalatore e sommozzatore.

Ne I clienti…, ad esempio, la pietas che l’autore prova per un cecchino tedesco appostato su un tetto è da leggere e rileggere per imparare che cosa è il ritmo nella scrittura e per capire cosa inserire e cosa omettere nel groviglio di sentimenti che s’accendono in una scena radicale come quella descritta. Una levità compassionevole che poi trova contraltare in bassezze umane difficilmente giustificabili e che fanno dire che “bisogna aver fatto la guerra per sapere quanto è stupida” perché “a volte si direbbe che non sono gli uomini a fare la guerra, ma è la guerra a farsi da sola”.

Dall’altro, ne Il buon Dio…, lo slang che anima i dialoghi è una porta scorrevole per entrare nel fumo della storia e il racconto in prima persona è così tambureggiante da diventare a tratti pura confessione.  C’è dell’epica nei libri di Héléna. C’è la solennità di un inferno che, assopito per anni, si presenta in tutta la sua deformità con la sua magniloquente violenza. C’è una continua ricerca di libertà. Libertà che però ha un sapore che fa delirare. E il delirio della libertà comporta imprudenze ed errori da cui non è più possibile tornare  indietro.

Come scrive Michele Mari nella bella introduzione de I clienti… , “nessun tema è più autenticamente heleniano di quello dell’impossibilità del riscatto”. A cui però tendiamo perché, tra nascita e morte, è l’unico giochino che ci fa veramente muovere. Necessario come l’acqua e il pane. Un maestro André Héléna. Che, a distanza di così tanti anni, la terra gli sia ancora lieve e l’aria fresca.

corrado ori tanzi

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