Il canto dell’upupa
Mistretta costruisce le storie partendo dal sociale e da un'accurata analisi della realtà , il racconto non è mai fine a se stesso, ma racchiude un messaggio importante. Il canto dell'upupa è un romanzo sulla piaga della pedofilia. L'argomento è delicato, ma l'autore lo affronta senza abusare di toni crudi e particolari scabrosi, ma al tempo stesso senza cadere nel patetico. Mistretta fa intuire le nefandezze che accadono e preferisce una strada letteraria alla facile scorciatoia del mostrare a piene mani, se fosse un regista di cinema non sarebbe un Joe D'Amato e nemmeno un Lucio Fulci, ma un ottimo Pupi Avati.
L'impacciato e umano maresciallo Bonanno risolve il mistero seguendo le tracce di un ragazzino e di un'upupa, terribile sigla dalle antiche suggestioni letterarie dietro la quale si nasconde un'organizzazione di turpi individui. Le parti più riuscite del romanzo sono quelle in cui il bambino parla in prima persona e confessa le sue paure. Troviamo brani di pura poesia, cose come “l'upupa continuava a nutrirsi della paura di Marcellino” che fanno sopportare la struttura da giallo classico.
Il canto dell'upupa è anche una storia del terrore, perché la spirale nella quale viene avvolto il maresciallo Bonanno, mano a mano che la tela del mistero si dipana, non è certo tranquillizzante. Le parti in cui il bambino scrive cose orribili nei compiti di scuola sono narrativa horror di alto livello e il lettore ne esce sconcertato. Da notare un ottimo uso della lingua siciliana, sulla scia di Camilleri, che rende i personaggi più concreti e credibili. Roberto Mistretta è un allievo di Camilleri, ma la sua narrativa risulta più fruibile perché l'uso del dialetto è limitato a termini di facile comprensione. La storia, inutile dirlo, tiene incollati al libro.
Compralo su
