Il caso Rembrandt



Daniel Silva
Il caso Rembrandt
Giano
Compralo su Compralo su Amazon

Uno dei più apprezzati restauratori del Regno Unito viene ucciso mentre è al lavoro su una tela di Rembrandt. La polizia parla di furto finito in tragedia, ma per Julian Isherwood, celebre gallerista d’arte, le cose non sono così ordinarie. Dietro quel gesto riposa una verità che mette le radici nell’orrore dell’Olocausto. E allora ingaggia una persona che conosce molto bene: Gabriel Allon, giovane restauratore, nonché sicario. Isherwood gli racconta tutto: che il quadro, il ritratto di una giovane ragazza che indossa uno scialle di seta, vale 45 milioni di dollari, mai ammirato pubblicamente e sul quale lui stesso stava organizzando un passaggio di proprietà come mediatore di un imprecisato nobile dell’est. Allon si mette in cammino e scopre che quel quadro fu sottratto da un ufficiale nazista agli Herzfeld, una famiglia ebrea mandata a morire nei forni crematori. Di quella famiglia una sola ragazzina, Lena, riuscì a salvarsi, come pagamento della vendita forzata dell’opera. E oggi Lena riesce a ricordare ad alta voce. E da quell’inferno di memorie esce il vomito della storia. Che però qua deve fare i conti col ritrovamento di un quadro che parla molto di più della inarrivabile voce del suo autore. Il caso Rembrandt di Daniel Silva è un romanzo a due facce. Una prima parte che costruisce e sostiene un’atmosfera storico-psicologica in cui la riflessione, il profilo umano e morale dei protagonisti occupano il centro della scena. E una seconda in cui prende piede l’azione che, acceleratore schiacciato a tavoletta, ci porta fino alla fine. Ed è un peccato. Perché il racconto s’accumula di fatti su fatti perdendo inesorabilmente quella caratura d’originalità che sembrava suggerire all’inizio. Intervengono nell’ordine: i desaparecidos argentini, il segreto bancario svizzero, i servizi segreti di un nutrito gruppo di paesi, l’alta finanza, gli infiltrati doppiogiochisti, la lavorazione dell’Uranio in Iran, le relazioni internazionali, nonché l’hacker di turno (di questo ormai, nell’era post-Larsson, un certo tipo di giallo sembra non poterne fare a meno). Aiuto. Una tendenza alla tuttologia enciclopedica che, per quanto ben documentata e scritta, concentra l’attenzione dello scrivente (e automaticamente del leggente) sui fatti e non su chi li compone. Naturale, potrete pensare, si tratta di un giallo, cosa vogliamo di diverso? Per carità a ciascuno il suo diritto di godere avendo sotto gli occhi una spy story (repetita iuvant: scritta con dovizia e disciplina). E non esiste poi solo il modello Simenon. Ma, una volta chiuso il libro e passato il primo momento di felice intontimento per aver portato a termine una storia avvincente, cosa resta in mano? La partenza ci stava portando su un’altra strada e poi all’incrocio…

Corrado Ori Tanzi

Potrebbero interessarti anche...