Il duca che non poteva amare



Elena e Michela Martignoni
Il duca che non poteva amare
Mondadori
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Stavolta le bravissime Borgia’s Sisters abbandonano Roma, dimenticano gli sfarzi e le scelleratezze papaline e, con un salto indietro nel tempo, arrivano a Urbino, la famosa corte dei Montefeltro, fatta grande da Federico, il monocolo e grifagno condottiero, il guerriero immortalato da Piero della Francesca, la cui astuzia e ben nota crudeltà me l’hanno sempre reso interessante e che, in tanti casi, dimostrò di avere ben pochi scrupoli. Accorto stratega in battaglia, fu uomo abile e spietato – oddio non più di altri della sua epoca – e diversi studi recenti lo danno coinvolto nella sanguinosa congiura dei Pazzi.
Comunque lui, Federico, l’eccellente politico, il grande e generoso mecenate di sua stirpe, che resse con fermezza Urbino sostenuto dal plauso del popolo, rappresenta per i posteri il classico modello di “signore” rinascimentale. Lo sostenne in questo gravoso compito il cugino primo e amico, Ottaviano Ubaldini della Carda. Questi, studioso ma anche suo degno compare gli resse bordone, e non fu certo un “angioletto” anche se, per amor del romanzare, Elena e Michela Martignoni lo hanno abbastanza aureolato. Ah dimenticavo! Un altro pilastro della trama del Duca che non poteva amare, Giovanni Andrea Bravo, signore di Sassocorvaro godette di nomea di sciupa femmine e peggio…
Comunque tanto di cappello alle Martignoni per aver avuto il coraggio di inventarsi altrove (ex Roma) una bella vicenda di amore, dolore e morte con un’ambientazione autentica, minuziosa e raffinatissima nei particolari.
Un intreccio che bagna nella storia ma che naturalmente si avvale di comprimari di fantasia per far sognare il lettore.
Perdonate la pestiferaggine che mi fa tornare al principale personaggio storico del romanzo e quindi al povero e bistrattato Guidobaldo da Montefeltro, orfano a due anni e maritato a quindici. La sua impotenza, una disfunzione erettile probabilmente, era nota a Ubaldini, suo zio e tutore che tentò, con la scusa degli astri, di posticipare la consumazione delle nozze. Guidobaldo era innamorato cotto della sua Elisabetta Gonzaga, sorella del marchese Francesco, bellina vezzosetta ma… niente da fare! E il suo sfortunato matrimonio ha creato trame e caroselli politici, con l’impotenza sussurrata, poi volgarmente schernita dietro le quinte del palcoscenico. E magari sarà stata roba da “psi”? Anche se le brave Martignoni l’ammantano di magia.
Ma ora basta sparlare dei pilastri storici e invece qualche flash, non troppo, sulla trama.
Urbino 1488, Guidobaldo da febbraio è sposato con Elisabetta Gonzaga ma finora gli astri “controllati” da Ottaviano degli Ubaldini l’hanno tenuto lontano dal suo letto.
Ubaldini ha le sue gatte da pelare tra spaventosi ectoplasmi e incubi per la morte mezzo secolo prima del cugino Oddantonio, il fratellastro di Federico. E deve barcamenarsi per tenere nascosto il suo peccatuccio, la bella Deodata, la curatrice smemorata salvata tanti anni prima nei boschi che, per le sue straordinarie doti, rischia di essere accusata di stregoneria. Deodata vive da sola in una capanna, con per vicina una ragazzina muta e come paladino un lupo che ha chiamato Brace. Ma vicino a loro le passioni divampano: amori, paure, intrighi, rimorsi, odi e vendette mentre si dipana tristemente il mancato matrimonio di Guidobaldo da Montefeltro.
Citiamo gli altri personaggi che contano: Leonetta e Orsina, le due sorelle Foschieri, Giulia, la ricca seducente e spregiudicata moglie del padre, il malvagio conte Foschieri, rispettivamente loro genitore e coniuge che incarna la turpitudine più abbietta, due suoi complici, Giovanni Bravo, bramoso di ascesa che incarna virtù o quasi e per ultimo ma importante pedina, frate Alessio, bibliotecario del convento tormentato dal suo passato.
Trame segrete e abbiette congiure si celano nei fastosi banchetti serviti nelle colorate sale dei rinascimentali palazzi urbinati, nelle strade, nei mercati e nelle piazze. E covano pericolosamente. Leggere per credere.

Patrizia Debicke

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