Il fiume ti porta via



Giuliano Pasini
Il fiume ti porta via
Mondadori
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«Mi sono svegliato in preda ai tremori, divorato dalla febbre. Ma non ho gridato, o forse l’ho fatto. Non lo so. Non so più nulla. La mia anima è strappata. Il re dei matti è diventato matto».
Così si chiude il prologo della terza e attesa avventura del commissario Serra, l’enogastronomico protagonista tarato dalla “danza”, e cambia ancora lo scenario: prima Le Case Rosse e l’Appennino tosco- emiliano poi il ricco Nord- Est, Treviso e Termine, un borghetto, poche case tra le vigne, sulle colline del Prosecco e ora invece la Bassa padana, a Pontaccio, poco più di quattro case, passato Fontanelle di Roccabianca e Ponte Ratto (Suzzara non lontanissima), proprio là, dove si baciano le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e l’argine  taglia l’orizzonte.
E ohimé, sbagliavo completamente con la mia illusione che Roberto Serra avesse imboccato la strada in discesa! E che, superato il penoso e coinvolgente percorso trevigiano, stesse imparando ad accettare la sua diversità, la sua condanna e a conviverci senza subirla. Nossignore. Gli sta ancora stretta e ora con sua figlia Silvia, un adorabile frugoletto di undici mesi, pare che altri drammatici nodi stiano per venire al pettine. Il suo rapporto con Alice è in stand-by e lui annaspa faticosamente. E in più il caso poliziesco che vuole, anzi che deve andare a dipanare, anche spinto da Alice, la sua compagna, è l’uccisione del dottor Mario Gardini, il medico che l’ha curato, anzi che ha finto di curarlo dal suo problema o forse “dote”. La maledetta danza, lo costringe a sfidare la calura della pianura padana, delle terre care alla prosa di Guareschi. (Chi non ricorda Brescello, patria di Don Camillo e Peppone?)
Con un caso che lo coinvolge emotivamente, Roberto Serra  non ce la fa a controllare le sue spaventose e lucide allucinazioni. È ancora nella palude. E in più a metà agosto, con la calura che non dà tregua, Pontaccio frazione di Ponte Ratto, un buco in culo al mondo a detta dell’autore, è quanto di più simile a una palude almeno per il clima, torrido e accompagnato da un corteo d’umidità che impazza con il suo sanguinario corteo di zanzare, dove l’unico raggio di luce appare il “Bartrattoria” del borgo, gestito dalla bella Serenella con la figlia Lucilla.
E sembra che la follia regni sovrana a Pontaccio, con le sue coloratissime case, ricostruite dopo che la crudele alluvione del ’51 le aveva rase al suolo, e dipinte da un branco di matti, provenienti dalla reggia di Colorno – la favolosa dimora di tanti regnanti, svilita e trasformata per troppi lunghi anni nella tetra Ca’ di màt – e guidati dal dottore Gardini, allora direttore del manicomio.
Un ventaglio di detectives riuniti per uno strano delitto: Massimo Minimo, comandante del Ris, Mixielutzi capo della squadra mobile di Treviso in ferie e ormai nume tutelare di Roberto Serra, commissario sospeso.
Chi ha ammazzato il dottor Gardini sulla porta di casa sua? Si tratta di una vendetta? Perché tutti lo chiamavano “Il re dei matti”? Il dottor Gardini è stato ammazzato con un mattone e a tutti i malati che lasciavano il manicomio veniva donato un mattone.
Possibile che l’assassino sia da ricercare tra gli ex pazienti di Colorno?
Mixielutzi è richiamato a Treviso… Roberto Serra si trova costretto a lavorare in gruppo con un maresciallo cattolico e un carabiniere comunista. E, benché sembri impossibile risolvere il misterioso caso e si debba dribblare speculatori, belle donne straniere, giovani che si fanno, anziani musicofili e hippy di altri tempi, riuscirà a venirne a capo, sfidando persino un diluvio d’agosto con il Po’ in piena che minaccia di divorare un’altra volta Pontaccio.
La Danza va avanti implacabile, per un noir che coinvolge fino all’ultima riga.
Ma per fortuna e come al solito, con Pasini si mangia anche bene e si beve meglio.
Grazie Giuliano per avermi ricordato il mio vecchio e caro amico Mario Tobino. Viveva in un appartamento di due stanze dentro il manicomio di Maggiano. Ci scriveva e ci tornava a dormire ogni sera, spesso dopo aver passato una lunga serata a Viareggio. Era un amico, un grande medico e un grande scrittore.

Patrizia Debicke

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