Il Giappone al cinema

I film giapponesi a cui ho assistito nel corso del Far East Film Festival 12 (FEFF 12) mi hanno tutti, ciascuno a suo modo, emozionata moltissimo. Hanno fatto risuonare la mia esigenza di vivere in un mondo che possa definirsi umano, in cui le persone possano sviluppare ed espandere il meglio di sé, cercare la propria felicità.
Le chiavi sono state davvero le più varie: i mezzi del thriller, la trama di un torbido noir, la commedia destinata a far ridere e a commuovere allo stesso tempo, il romanzo di formazione.
Per la selezione delle pellicole presentate va ringraziato in primo luogo Mark Shilling, il consulente del FEFF per il cinema giapponese, che quest’anno ha anche curato la retrospettiva dedicata alla casa di produzione Shintoho (“Nudes! Guns! Ghosts! The sensational films of Shintoho”).
Ho scelto di parlarvi di tre film (su nove giapponesi presentati): “Golden Slumber” di Nakamura Yoshihiro, “Accidental Kidnapper” di Sakaki Hideo (vincitore sia del secondo ”Audience Award” che del terzo “Black Dragon Audience Award” di questa edizione del FEFF) e “Zero Focus” di Inudo Isshin.

GOLDEN SLUMBER
Non si possono fare sogni d’oro finché in giro ci sono servizi segreti deviati
Cosa fareste se veniste d’improvviso incastrati, inseguiti dappertutto perché vi accusano di aver fatto esplodere la bomba che ha ucciso il primo ministro? E se aveste pochissime chance di uscirne, perché proprio chi ha complottato sta sui “piani alti”, si avvale di servizi segreti deviati che hanno accuratamente studiato anche come fare di voi il capro espiatorio della faccenda, proprio come probabilmente capitò a Lee Oswald?
Una trama così serve in primo luogo a costruire un film di azione, sul genere dell’”uomo in fuga” (come osservato da Mark Shilling nella scheda dedicata al film e contenuta nel catalogo del FEFF 12) e sicuramente questa pellicola vi regalerà tutti i brividi del thriller a sfondo spionistico.
Ma “Golden Slumber” è molto di più.
Perché l’avvincente svolgersi della fuga del nostro eroe, Aoyagi (interpretato da Sakai Masato) è anche un pretesto per giocare, allo stesso tempo, con i canoni della commedia anarchica e divertente (mi ha ricordato il romanzo “Vineland” di Thomas Pynchon) seppure dolceamara (come, per esempio, la diversissima pellicola “Louise e Michel” di Benoît Delèpine e Gustave Kervern).
Mentre seguirete con il fiato sospeso la fuga di Aoyagi, sarete “toccati” dalla sensazione di quanto sia importante potere avere fiducia negli altri, di come sia importante un mondo umano, che funzioni e sia gestito per il bene di tutti e di ciascuno e di cosa può succedere se le persone, anche le più umili, insospettate o normalmente catalogabili soltanto come criminali, si uniscono contro un potere apparentemente intangibile e onnipresente.
Avrete nostalgia anche voi di quando provavate lo stupore di fronte a fuochi di artificio o il senso forte dell’amicizia e dell’amore, come agli anni del liceo, di quando, proprio come nella canzone dei Beatles, “Golden Slumber”, si potevano fare dei bei sogni d’oro perché sereni nel sapere, in fondo, che c’era sempre una strada per tornare a casa (“Once there was a way to get back homeward / Once there was a way to get back home”). Avrete voglia di provare a vivere in un mondo diverso.
Così alla fine, pur essendo rimasti per tutto il tempo inchiodati e sussultati dagli sviluppi della vicenda “gialla”, vi importerà solo di sapere se Ayoiagi si salverà, se starà bene, se sarà felice e che ne sarà dei suoi amici, al punto da dimenticarvi, paradossalmente, di sapere chi ha davvero ucciso il primo ministro giapponese.

ACCIDENTAL KIDNAPPER
Le avventure tragicomiche di un rapitore per caso e l’incontro con il regista, Sakaki Hideo
Il balordo Date Hideyoshi è deciso a suicidarsi, la sua vita è un fallimento su ogni piano, affondata tra debiti cui è impossibile far fronte. Con la sua macchina, perciò, raggiunge un parco con dei ciliegi in fiore dove potrà impiccarsi.
Mentre Date effettua i suoi maldestri tentativi di farla finita, un bambino si intrufola sulla sua auto: è Densuke, hai sei anni, è ricco e vuole scappare di casa.
Forse la vita vuole offrire una chance a Date, che potrebbe fingere con la famiglia di Densuke di avere rapito il piccolo per ottenere i soldi che gli permetteranno di ricominciare daccapo, fermo restando che, in realtà, si occuperà del piccolo come se fosse suo figlio.
Inizia l’avventura, i due scappano insieme. Date assicura a Densuke che lo porterà in gita e lo aiuterà a scappare di casa, mentre, allo stesso tempo, con il cellulare del bambino telefona ai genitori chiedendo di preparare il riscatto.
Date e Densuke diventano amici, complici di un rapporto specialissimo e ciascuno dà all’altro qualcosa di importante, qualcosa che nella propria vita mancava.

Peccato che Densuke sia figlio di un capo della Yakuza, che lo cercherà dappertutto con i suoi scagnozzi e che, naturalmente, non vedrà l’ora di fare la pelle a Date.
Si sviluppa così un film pieno di azione, che, però, con la leggerezza cara a Italo Calvino, mescola a momenti esilaranti scene di fronte a cui non è possibile trattenere le lacrime.
Certo, la trama è impostata sul thriller, il cuore del film, però, sono le variazioni sul tema “rapporto tra padre-figlio”.
Fortunatamente, il regista del film era presente ad Udine ed è stato possibile parlare con lui.
Nel corso della conferenza stampa Sakaki ci ha spiegato le influenze che su “Accidental Kidnapper” hanno avuto film quali “A perfect world” di Clint Eastwood e di “La Strada” di Fellini.
Il regista si è poi soffermato su come proprio il rapporto “padre figlio” abbia scandito intensamente il periodo della lavorazione del lungometraggio.
Mentre girava, infatti, suo padre si stava spegnendo: proprio in questo frangente i due si sono finalmente aperti, confessandosi a vicenda tutto quel che non si erano detti per una vita. “Accidental Kidnapper “ è pertanto anche un omaggio di Sakaki al padre morente, che ha dato molti consigli al figlio sulla storia man mano che si faceva. Per lui, in particolare, sono state filmate in fretta le sequenze iniziali, per potergli fare vedere i ciliegi in fiore ancora un’ultima volta.
Nella conferenza stampa il regista ci ha fatto passare dalla commozione alle risate proprio come nel film: dopo avere accennato, infatti, alla triste perdita del padre, ci ha anche raccontato in modo assolutamente divertente che lui stesso ha dovuto interpretare una parte nella pellicola perché uno degli attori del cast – ingaggiato, tra l’altro, anche perché aveva un “nome” che poteva attirare gli spettatori – è stato arrestato per droga durante le riprese e il grosso scandalo che ne è seguito ha rischiato di far naufragare definitivamente la produzione (per questo motivo Sakaki ci ha confessato che non gli dispiacerebbe aspettare che il tizio uscisse fuori di galera per dargli almeno un cazzotto).
Con altrettanta leggerezza, poi, il nostro ci ha candidamente spiegato di essere passato dalla recitazione alla regia (ha infatti recitato, sin da giovanissimo, in diverse produzioni sia cinematografiche che televisive) perché gli alti e bassi del suo mestiere di attore l’avevano portato a bere, fino a quando una sua amica e collega non gli ha consigliato di sfruttare il tempo che passava tra un ingaggio e l’altro realizzando film suoi e lui ha seguito questo consiglio.
Purtroppo, pare che nemmeno la sua attuale attività di regista gli abbia ancora elargito grande stabilità o soddisfazione economica e a quanto sembra “Accidental Kidnapper” non sta andando benissimo in Giappone (forse perché mal inteso dal pubblico, a cui è stato presentato prevalentemente come un thriller, sviando le aspettative dell’audience sui veri contenuti del film).
Spero caldamente che i risultati del festival aiutino Sakaki a far parlare ancora tanto di sé e a raggiungere quel successo anche commerciale che si merita.

ZERO FOCUS
La scoperta del un grande autore di Noir, Matsumoto Seicho.
Questo noir, così pieno di suggestioni e sfaccettature, mi ha letteralmente “portata altrove”, in un torbido Giappone degli anni ’50, visto con quei colori vividi (o meglio, “saturi”, come suggerisce Mark Shilling) che si sperimentano in sogno, alla presenza costante del mare in tormenta e di pericolose scogliere che non perdonano, come non perdonano i ricordi di ciò che i protagonisti della storia sono stati durante gli sporchi anni della seconda guerra mondiale, da poco conclusa.
Il film mi ha condotto anche alla scoperta di uno scrittore prezioso: Matsumoto Seicho.
Documentandomi soprattutto sulla rete per conoscere di più su chi avesse concepito una storia tanto tremenda quanto piena di umanità, ho potuto apprendere che Matsumoto Seicho (1909 -1992) è diventato famoso, in Giappone, pubblicando racconti gialli molto realistici e a sfondo sociale, distinguendosi, con ciò, dal contesto letterario giapponese della sua epoca, in cui si privilegiavano gli elementi fantastici: per questo l’autore venne indicato, tra l’altro, anche con l’appellativo di “Simenon Giapponese”.
Al vaglio dei romanzi di Matsumoto Seicho c’è soprattutto la società giapponese dell’immediato dopoguerra, in cui molti cercavano di riciclarsi in vari modi dopo l’orrore: ufficiali fasulli o criminali, accademici posticci, scalatori sociali di ogni risma.
L’autore fu molto prolifico (alla sua morte erano stati pubblicati oltre 450 opere, fra libri, novelle e mystery pubblicati a puntate sulle riviste) e da lui sia nel cinema che nella televisione giapponese è stato attinto moltissimo.
L’intrigante “Zero Focus” – dalla cui locandina, pure suggestiva, deriva la copertina del catalogo del FEFF 12 – nasce da uno dei romanzi più famosi dello scrittore (“Zero no Shoten”) e costituisce già un remake di un altro film del 1961, dallo stesso titolo, di Nomura Yoshitaro.
Come segnalato da Mark Shilling nella scheda dedicata al film per il FEFF 12, la pellicola evoca le opere di Alfred Hitchcock (in particolare, “La donna che visse due volte”) ma anche i ritratti femminili di un altro grande maestro del cinema, Douglas Sirk.
La trama: dopo una settimana dalle nozze, Kenichi parte improvvisamente per un viaggio di affari facendo perdere ben presto le proprie tracce. La moglie, Teiko, corre a cercarlo a Kanazawa, sul Mare del Giappone, andando incontro ad una rete di misteri che coinvolge la società in cui è impiegato il marito, un killer e due donne piene di enigmi.
Non svelo di più, nella forte speranza che – così come per le altre opere presentate al FEFF – se proprio non riuscirete a vederlo doppiato in italiano, possiate almeno recuperare e godervi una copia del film con dei sottotitoli comprensibili. Nel frattempo, io proverò a soddisfare la mia curiosità di leggere Matsumoto Seicho.

blue ginestra

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