Il giardino di bronzo



Gustavo Malajovich
Il giardino di bronzo
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Non è semplice la vita di Fabiàn Danubio: un matrimonio infelice, segnato dalla profonda crisi depressiva di cui  soffre la moglie e un lavoro di architetto, che non riesce ad appagarlo, sono i problemi con cui ogni giorno deve confrontarsi. Mentre si trascina tra le ansie  di un’esistenza tormentata, il cui unico ristoro è rappresentato dall’amore per Moira, la figlioletta di quattro anni, non immagina che il precario equilibrio che sta cercando di tenere verrà stravolto da eventi angoscianti che lo proietteranno in un vero e proprio inferno. In un attimo i fantasmi che ne turbano le giornate saranno spazzati via dal dolore più grande, la scomparsa della sua bambina: la piccola, accompagnata dalla babysitter, non giunge mai alla festa di compleanno a cui era stata invitata. Di entrambe si perde ogni traccia e la polizia, incaricata di svolgere le indagini, brancola nel buio. Ma Fabiàn è destinato a non trovare pace perché un’altra, inaspettata, prova lo aspetta al varco: il suicidio della moglie. Sconvolto dagli eventi, il protagonista dovrà fare i conti con la disperazione crescente legata al desiderio di conoscere la verità sulla sparizione della figlia: purtroppo l’attività investigativa si è arenata, non emerge nessun nuovo indizio e le speranze di ritrovare Moira si affievoliscono ogni giorno di più. La situazione sembra uscire dall’immobilismo, a cui si pensava di non poter trovare soluzione, quando un investigatore bussa alla porta di Fabiàn: deciso ad assicurarsi l’ingente ricompensa promessa per il ritrovamento della bambina, l’uomo ritiene di poter colmare le lacune dell’indagine condotta dalla polizia. Troppe le piste trascurate e troppa la superficialità con cui è stato trattato il caso. La speranza torna ad animare il cuore di Fabiàn: in qualche maniera la strategia del detective trova una traccia tangibile da seguire e porta a delle scoperte concrete, ma la verità è ancora troppo lontana, avvolta da un segreto scabroso e inimmaginabile e insabbiata da insospettabili mani che hanno operato nell’ombra. Molti anni dovranno ancora passare per riuscire a imboccare la pista giusta e giungere alla soluzione del mistero.
Il giardino di bronzo, primo episodio di un’interessante serie noir con protagonista Fabiàn Danubio – già divenuta una fiction Netflix – segna l’esordio letterario dell’autore nel genere poliziesco ed evidenzia, con grande efficacia, le qualità di sceneggiatore di Gustavo Malajovich, puntando il focus sui tratti essenziali della storia, caratterizzando in maniera fluida i personaggi che calcano la scena, ricreando accuratamente un’ambientazione suspense che accompagna il lettore per tutto lo svolgersi della narrazione. Una scrittura descrittiva e attenta che – a parte alcuni momenti in cui conosce una lieve stasi – propone una serie di imprevedibili colpi di scena che trovano conclusione in un finale tanto potente quanto inaspettato. È un viaggio negli orrori dell’esistenza quello che Gustavo Malajovich ci consegna, un itinerario cupo e ferale che percorre le controverse rotte dei più abbrutiti recessi dell’animo umano, mentre svela, senza filtro alcuno, una morale fiacca. Colma di mostruosità e miserie. Ma, al contempo, mostra la prepotente grandezza dei sentimenti più autentici e l’autentico dispiegarsi di un legame che sopravvive al tempo, sfidando le probabilità, aggrappandosi alla speranza: è quell’amore, il trasporto di un padre per la figlia, che impedisce di rassegnarsi e dimenticare, di andare avanti e non voltarsi più indietro. Fabiàn tornerà a scavare, attaccandosi al più debole degli indizi e provocando un antagonista spietato e infido, che ha già mostrato di non fermarsi di fronte a nulla.

 

Mariella Barretta

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