Il mercoledì delle ceneri



antonello dinapoli
Il mercoledì delle ceneri
la quadra
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Cosa può accadere in una provincia italiana del nord a cavallo tra il martedì grasso e il mercoledì delle ceneri se gli attori per la strada compongono un’umanità così improbabile da apparire vera e compiono gesti fuori da ogni Cristo in croce?

Il palco de Il mercoledì delle ceneri, opera prima di Antonello Dinapoli, barese, giornalista a Trieste, classe 1980, è occupato proprio da questi personaggi che sembrano avere un talento più unico che raro di riuscire a fare sempre la cosa sbagliata nel momento peggiore.

Insegnanti che spacciano per arrotondare, preti che si aiutano con un personale carico di adrenalina, dirigenti che non pensano che al sesso, studenti polacchi che studiano cinese nell’ora di italiano. Insomma, la vita quotidiana di una Treviso, ma anche di una Ragusa no? Poi arrivano anche i morti e allora la compagnia deve fare i conti con le forze dell’ordine che, chissà perché e percome, non prendono come decesso naturale quello di un uomo il cui cadavere con la bocca devastata viene ritrovato sul ciglio di una strada.

Scrittura da centometrista e lettura dai tempi sincopati. Lo sguardo dell’autore tira fino a Benni e Pennac, spesso li vede ma altre volte ne perde le sagome. L’espressione linguistica adotta un registro puramente orale, anche quando è il narratore a parlare. Diverte, alcune volte riesce a strappare una risata, talvolta suscita qualche perplessità. Ma il tentativo di scrivere un noir come avrebbe potuto pensarlo uno scrittore di hard-boiled gonfio di Bourbon è apprezzabile. La storia tiene, ma la deriva burlesque alla fine toglie più che aggiungere. Però in questo grande e scrauso Bar Noir c’è di che passare qualche ora pensando che da dietro l’angolo esca sempre un Brachetti di turno.

corrado ori tanzi

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