Il montacarichi – Frédéric Dard



Frédéric Dard
Il montacarichi
Rizzoli
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Con un inizio introspettivo che invoglia il lettore a mettersi comodo, fatto di silenzi di pensieri di ricordi, si apre Il montacarichi, sobrio noir di Frédéric Dard. L’autore francese, non più vivente,è uno specialista nel creare atmosfere in bianco/nero con pochissimi personaggi ma con tante e tali sfaccettature da farli sembrare una moltitudine.
E’ la notte di Natale. Albert è appena uscito di prigione dove ha scontato sei anni ed ha appena raggiunto l’abitazione della madre, morta durante la sua detenzione.
Ma la notte di Natale non è come tutte le altre; soprattutto ora che l’assenza si fa sentire e nessuno risponderà ai suoi richiami, nella casa vuota.
Sceglie così di uscire per cenare in un ristorante rinomato dove, tempo addietro, gli sarebbe piaciuto portare la madre. Ed è qui che incontra la femme fatale: per lui, desideroso di provare ancora sentimenti e calore, il coinvolgimento è immediato.
Complice anche la somiglianza della donna, bella ed elegante, con il suo passato amore: Anna.
La loro storia è fatta di gesti cortesi, di cognac bevuti insieme, di occhi negli occhi e mani nelle mani: di quei discorsi intimi e profondi che a volte sono possibili solo tra sconosciuti.
Anche Madame Dravet avverte l’intesa e la serata finisce (o, meglio, inizia) nell’appartamento di lei, dove trovano il marito morto, sul divano, col cranio sfondato da un proiettile.
Albert ripiomba nella tragedia ma Madame Dravet è il suo primo contatto, il primo incontro che lo riscalda dopo la prigione.
Laddove il buon senso gli direbbe di stare lontano, il desiderio di calore umano, l’esigenza di riscatto personale, la voglia di riconciliarsi col passato lo inducono invece a rimanere nella storia.
Ed è per questo che, tutto in una notte, durante la Vigilia di Natale prende corpo una vicenda enigmatica, imprevedibile: la trama è ingegnosa, fatta di molti dialoghi e poche persone senza essere mai noiosa, pur percorsa trasversalmente dai lontani ricordi di infanzia di Albert, densi di malinconia.
Ed il finale è un capolavoro di costruzione, di intelligenza, di abilità nell’usare un trascurabile dettaglio per ribaltare una trama ormai, pensa il lettore, consolidata.
Le campane suonano a festa, la mattina di Natale. Ma, per qualcuno, suonano a morto.

Marinella Giuni

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