Un viaggio nella penisola salentina arsa e assorta, distratta testimone della vita solitaria di Franco Narracci, mancato direttore d’albergo che vive nel limbo di un’esistenza scarna, disillusa, delusa. Un quarantenne che se ne infischia di ciò che lo circonda, che sviluppa una forma di apatia nei confronti della propria esistenza segnata da una carriera mai decollata, dall’incapacità di essere padre, marito, amico.
Una vita sguarnita che lo rende però abile e discreto osservatore dell’animo umano e delle sue miserie; un continuum di rancori, tradimenti e sotterfugi, interrotto improvvisamente da due singolari suicidi (o omicidi?) che lo porteranno ad una convivenza forzata con un gran numero di strani gatti e a superare la propria inerzia alla ricerca, forse, di una redenzione.
In questo romanzo breve Felice Muolo conferma la sua vocazione all’introspezione, in una tensione continua verso una presa di coscienza che non è solo quella del protagonista, ma che diventa collettiva nel momento in cui si avverte l’esigenza di infrangere il muro di reticenza che separa gli uomini.
I diversi piani temporali e la moltitudine di personaggi ben si incastrano in una trama dall’atmosfera sofferta e inquieta.
