Il sindacato dei poliziotti yiddish



Chabon
Il sindacato dei poliziotti yiddish
rizzoli
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Alaska, distretto ebraico di Sitka. Mancano due mesi alla “restituzione”, quando lo stato americano riprenderà agli ebrei il territorio che aveva assegnato loro nel 1948, ora trasformato in una colonia yiddish. In questo clima di smobilitazione e incertezza, Meyer Landsman, poliziotto disilluso con problemi di alcolismo, aiutato dal cugino mezzo indiano e dalla ex moglie, ora suo diretto superiore, indaga sulla morte di uno scacchista eroinomane, erede rinnegato di un rebbe ultraortodosso capo di una setta criminale, e forse Messia mancato. Chabon compie un vero e proprio prodigio letterario, creando, con questa umida e cupa enclave yiddish, la scheggia di un’America possibile, come Philip Roth ne “il complotto contro l’America”, e dandole storia, spessore, credibilità, densità interiore. Il suo è uno studio sull’essenza della civiltà e dell’anima ebraiche camuffato – benissimo – da romanzo di genere.
Nulla è fuori posto, nulla stona, odori, cibi, stati d’animo, rimpianti, sensazioni, atmosfera, sono di un’autenticità e un’originalità sbalorditive. Ci si sente rapiti e insieme a proprio agio nell’atmosfera tetra di questa inospitale terra promessa mancata, di questa patria squallida e precaria, nell’atteggiamento insieme rassegnato e ostinato così spiccatamente ed inesorabilmente yiddish. Chabon è riuscito a dilatare rimodellare in un contesto inventato eppure del tutto coerente, un’evoluzione storica degli shetl dell’Europa centrale, la cui conoscenza per chi come me vive in un ambito molto più “goy” di quello americano, è tanto più arcana e affascinante. Certo, soprattutto all’inizio l’overdose di ebraicità può appesantire la lettura, ma il racconto via via trova il giusto equilibrio narrativo e, una volta assimilate le coordinate mentali, per il lettore il divertimento è assicurato. L’autore dal canto suo non cade nella trappola del capriccio erudito, i suoi personaggi sono vivi, poetici, coerenti col proprio passato, l’intreccio giallo è un orologio e la fine non delude e riconcilia col presente come lo conosciamo. Un libro bellissimo, complesso, poetico, ma anche e soprattutto un giallo avvincente, che soddisfa fino in fondo.

donatella capizzi

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