La carezza dell’uomo nero



sabine thiesler
La carezza dell’uomo nero
baldini castoldi dalai
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In anteprima su MilanoNera il prologo de La carezza dell’uomo nero il romanzo di Sabine Thiesler bestseller che in Germania ha venduto oltre 400mila copie.
In collaborazione con l’ufficio stampa di Baldini Castoldi Dalai.

Toscana 1994

L’atmosfera nella valle era strana. Le finestre e le porte di entrambe le case erano tutte chiuse, una cosa che Allora non aveva mai visto. L’uomo e la donna non c’erano. Eppure, se tratteneva il respiro, nel più assoluto silenzio, sentiva un lamento sommesso, simile al miagolio di un gatto.

Allora si mise un dito nel naso e attese. A volte, il lamento cessava per pochi minuti, ma riprendeva sempre. Quando si levò alto uno strillo acuto, trasalì e cominciò a tremare. La paura la assalì, strisciando piano fino alla nuca. Cosa stava succedendo? Doveva semplicemente andare lì e bussare? No, non osava. L’angelo non era un uomo al cospetto del quale poteva comparire all’improvviso e dire «allora». L’angelo aveva qualcosa che la terrorizzava. Come se fosse avvolto da un invisibile filo spinato in grado di ferire e di lacerare la pelle a chiunque si fosse avvicinato troppo.

E per la prima volta fu colta dal pensiero che forse l’angelo non era affatto un angelo.

Il sole era tramontato già da tempo quando la notte irruppe. Nel bosco l’oscurità arrivava in fretta, molto più che in aperta campagna. Allora non pensava ancora alla via del ritorno, guardava fisso in direzione del mulino. Le lanterne a destra e a sinistra della porta erano spente e anche all’interno dell’abitazione tutto era buio.

Quando cominciò a non distinguere più la casa, si rese conto di aver perso la cognizione del tempo, ormai non poteva più tornare indietro. Avrebbe dovuto dormire nel bosco.

All’improvviso sentì un urlo. Un urlo a lungo trattenuto, che non voleva più smettere. E in quel momento capì che non era un gatto, bensì un essere umano.

Allora si tappò le orecchie fino a quando l’urlo cessò. Poi, un silenzio di tomba. Nessun suono si fece più strada dal mulino fino a lei. Si strofinò gli occhi, che le bruciavano, come se fosse rimasta seduta a un palmo dal fuoco, fissando troppo le fiamme.

Era come paralizzata. Seduta nella sua buca, incapace di muoversi. Lentamente il freddo cominciò a penetrare dai piedi nudi e dalle gambe. Allora si infossò ancor più nel terreno, radunando intorno a sé rami, foglie e muschio, tutto ciò che riusciva a raggiungere senza abbandonare la sua tana. Poi si prese le gambe tra le braccia, appoggiò il mento alle ginocchia e restò in attesa. Il respiro si calmò, il cuore, ora, batteva più piano. Ma era vigile, tutti i sensi protesi verso il mulino silenzioso. Eppure lì non c’era più niente. Né un rumore. Né un suono. Finestre e porte rimasero serrate, l’uomo non uscì dalla casa.

La civetta stridette. Esattamente come aveva fatto la notte in cui era morta la vecchia Giulietta. La sua amata nonna.

Il giorno dopo Allora non ricordava se fosse rimasta sveglia per tutta la notte in quella posizione, o se si fosse addormentata.

All’alba sentì il cardine della porta in legno della cucina cigolare. Il sole, con i suoi primi raggi, stava sfiorando la cima affusolata della montagna, quando l’uomo uscì di casa. Tra le braccia teneva un bambino privo di vita, nello stesso modo in cui lei aveva tenuto sua nonna. Il capo del fanciullo, rovesciato all’indietro, pendeva dall’avambraccio sinistro dell’uomo, la bocca era aperta. I capelli biondi ondeggiavano lievi nel vento. L’avambraccio destro sorreggeva le ginocchia del bambino morto, le gambe molli ciondolavano avanti e indietro, mentre l’uomo si dirigeva verso lo stagno prosciugato e lo adagiava con cura.

Poco dopo la betoniera cominciò a girare rimbombando in modo assordante e Allora si diede alla fuga. L’uomo, che d’ora in poi non avrebbe mai più chiamato angelo, non l’aveva notata.

Le membra di Allora erano fredde e irrigidite, il respiro corto, troppi pensieri si affastellavano e correva a fatica. Ci mise tre ore per raggiungere San Antonio. Nessuno le chiese dove fosse stata quella notte.

Andò nella sua stanza e si infilò nel letto, senza lavare via la terra dalle braccia e dalle gambe. Tirò la coperta fin sopra le orecchie e cercò di comprendere ciò che aveva visto, ma non ci riuscì.

eva massari

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