Incontro con Elmore Leonard al Festival della letteratura di Mantova

Elmonde Leonard arriva in un’assolata mattinata di settembre, una di quelle giornate con cielo terso che ricordano la sua America delle faraoniche ville su Ocean Drive e quella delle sue donne cattivissime che tramano contro i loro mariti, panzoni ricchi, schiavi del sogno americano.
Ad attenderlo una piccola folla e un intervistatore “amico” Paolo Zaccagnini, ammirato dalla verve contenuta di questo straordinario scrittore statunitense.
Si attacca con gli esordi.
Leonard è asciutto e chiaro nelle risposte, senza inutili divagazioni autoincensatorie.
La sua entrata di prepotenza nel mondo letterario sembra essere assolutamente casuale, i suoi modelli sono Hemingway e il suo “stile nudo”, molto poco letterario, e poi la tradizione narrativa anni cinquanta composta da scrittori americani, misconosciuti ai più, che propongono protagonisti strani e terribilmente vivi. Personalità forti, figlie del Missisipi, piccoli delinquenti, buffi nelle loro gesta, che animano scene piene di azione e ritmo.
Proprio sulla scorta di questa esperienza, Leonard impara presto a delineare i caratteri dei suoi personaggi, dando loro una dignità ben definita e rendendoli indimenticabili al lettore proprio per la loro assoluta naturalezza.
I suoi personaggi , come lui stesso sottolinea con chiarezza, usano parole proprie, non esprimono mai il punto di vista di chi li ha creati, parlano una lingua che li ricalca completamente per nulla “letteraria”.
Personaggi immortali, che brillano di luce propria, dotati di una loro indipendenza di pensiero.
Gli anni cinquanta lo vedono impegnato soprattutto nel genere western, sono gli anni nel quale non fa lo scrittore a tempo pieno ma ha un normale impiego.
Egli rievoca divertito quegli anni nei quali scriveva moltissimo dalle cinque alle sette del mattino.
Negli anni sessanta decide il passaggio graduale al genere poliziesco.
Leonard descrive con estrema razionalità e onestà questa nuova fase come un mutamento del gradimento popolare, senza richiamarsi ad una improbabile fogorazione che giustifichi il cambio di rotta. Questo affascina più di ogni altra cosa , l’accostarsi senza molti patemi e anzi con estrema naturalezza alla mutevolezza del gusto americano e mondiale, senza perdere di vista l’obiettivo forse centrale del suo lavoro: una fotografia storica e sociale di quegli anni.
Il suo intento di fondo è smitizzare il sogno americano e raccontarne i limiti e gli aspetti esilaranti attraverso dialoghi folgoranti e situazioni paradossali, a volte estreme.

Hollywood lo scopre presto intravedendo nel suo stile un mix esplosivo di azione, ritmo e sarcasmo sottile, ingredienti necessari ad un film di successo.
Leonard ricorda, anche in questa occasione, che lavorare con la gente di hollywood non è affatto divertente perchè è necessario confrontarsi con più anime, quasi mai in sintonia tra loro.
Trenta dei suoi quarantadue libri sono stati trasposti in film.
Molto pragmatico, afferma che una volta venduti i diritti dei suoi scritti per realizzare un film lo scrittore non ha più alcun potere censorio sulla pellicola che verrà realizzata, ed il nostro autore non appare per nulla scandalizzato da questo anzi ne sottilinea la necessità.QuandoTarantino lo invitò sul set, Leonard racconta che fu più la curiosità per la trasposizione che la voglia di controllare se si fosse rispettata l’originalità del suo racconto.
Zaccagnini gli fa notare che un tratto saliente dei suoi personaggi è la solitudine.
Lo scrittore giustifica con la scelta del crimine la natura defilata di molti dei suoi protagonisti, un criminale non può condividere affetti equilibrati e vita quotidiana con la gente regolare.
Cita il personaggio di Out of sight interpretato da George Clooney e anticipa che dopo tanta galera è deciso a rimetterlo in libertà nel suo nuovo romanzo.
Interessante e divertente è sentire poi la giornata di lavoro descritta da Leonard in maniera circoscritta e ironica.
Una giornata scandita da un risveglio verso le nove dieci del mattino, un’abbondante colazione e poi una lunga e ininterrotta attività fino alle sei di sera.
Dopo cinquantasei anni di attività non si sente ancora del tutto appagato dal suo stile e cerca soluzioni nuove per migliorarsi.
Fragorosi applausi accolgono la frase e più di un pensiero va forse a chi si sente caposcuola di stile e ad esso resta ancorato tutta la vita.
Leonard si mette in gioco, e denuncia una pigrizia innata degli scrittori che non hanno mai voglia di cominciare a delineare le linee guida del loro lavoro, perchè poi una volta iniziato sei in ballo e tornare indietro è impossibile.
Molto interessante è scoprire dove e come nascono le sue storie.
Il lavoro di ricerca è incessante, magistralmente eseguito da un suo uomo di fiducia, presente all’incontro, che gongola e annuisce alle parole serafiche di Leonard.
Due gli episodi citati.
La protagonista femminile di Out of sight, una federale tostissima ma per nulla mascolina anzi sensualissima, nasce dalla visione di una foto scattata nel tribunale di Miami.
L’istantanea fissa l’immagine di una donna in uniforme che tiene appoggiato all’anca sinuosa un enorme fucile.
Uno dei personaggi di Tishomingo Blues invece prende le mosse dall’osservazione sistematica di una seduta di allenamento di un tuffatore professionista.
Il valore di una ricerca sistematica e approfondita è esaltato nelle parole di Leonard, la veridicità del racconto è fondamentale.
In Mister Paradise, per esempio, confida di essersi documentato con precisione sulle tecniche e le procedure usate dalla polizia per dare un aspetto credibile alla detenzione del protagonista.
Cambia registro lo scrittore, abbandonandosi al buonumore, quando parla di quello che non sa fare, a parer suo recensire i libri altrui.
Con estrema nonchalance confessa che legge molto poco e vede moltissima televisione, in particolare cita una serie di documentari di camionisti che si dilettano a guidare su terreni ghiacciati, come a voler soffiare via la patina di snobismo intellettuale che sembra avvolgere a volte, nel nostro immaginario collettivo, i maestri della scrittura.
Ricorda di aver redatto alcune recensioni usando la tecnica dello spot pubblicitario, come a vendere una qualsiasi merce.
Il suo impegno politico e civile non viene di solito sottolineato abbastanza, in questo incontro sceglie di fare brevi cenni al suo pensiero individuando nei democratici la parte più vicina al suo sentire. Leonard parla dei suoi personaggi che nutrono chiare antipatie verso i repubblicani ridicolizzandoli e mettendone in piazza le ideologie conservatrici e l’ottusità culturale.
In Cuba libre, ambientato nel 1898, viene approfondita e dichiarata una netta presa di posizione nei confronti dell’imperialismo americano, definisce la breve guerra come una matrigna originaria, e la matrice di un pensiero culturale opprimente e irrispettoso verso le terre occupate.
Si presta infine all’assalto dei suoi fans, per tutti un pensiero e uno sguardo, ed il suo Take it easy, vergato sulla mia copia di “Quando le donne aprono le danze” ha un valore enorme per me, mi restituisce il pensiero di Leonard: acuto, graffiante e terribilmente leggero.

Alessandra Anzivino

Potrebbero interessarti anche...