Il silenzio del ghiaccio



tess gerritsen
Il silenzio del ghiaccio
longanesi
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Torna la dottoressa Maura Isles, anatomopatologa di Boston già protagonista di noir di successo fra cui Madame X e Il club Mefistofele. Questa volta è implicata in una vicenda letteralmente inzuppata nell’orrore. Un orrore freddo e affilato che non ha bisogno di sangue sparso qua e là per tenere avvinto il lettore. Maura, innamorata delusa, al termine di un convegno di patologia forense che si è tenuto in una località turistica sulle montagne dello Wyoming, accetta l’invito del collega Doug, suo compagno di corso all’università, a prolungare il soggiorno per trascorrere un weekend sulla neve.

Con Doug ci sono sua figlia Grace di dodici anni e una coppia di amici. I cinque partono al mattino presto a bordo di un Suv. Nevica, ma sono equipaggiati e l’auto è attrezzata. Hanno mappe dettagliate ma preferiscono fidarsi del Gps che però non è aggiornato e li indirizza su una strada stagionale, impraticabile con la neve. Appena se ne rendono conto cercano di invertire la marcia ma l’auto finisce in un fosso. Quattro adulti e una bambina, soli, in mezzo al nulla, con la temperatura che precipita, la neve che si infittisce e i cellulari che non prendono. Sarebbe il panico se Maura non avvistasse un cartello che segnala una strada privata. Il tracciato, sbarrato da una catena, porta a un centro abitato dal nome bizzarro: Verrà il regno.

Si avviano a piedi con i loro trolley e dopo una marcia estenuante si ritrovano in un villaggio. Dodici casette perfettamente identiche al centro di una grande radura. Porte e finestre spalancate, dispense piene, legna da ardere in abbondanza, tavoli imbanditi con stoviglie e pietanze che si sono gelate nei piatti, ma nessuna traccia degli abitanti. Il luogo è sinistro, completamente isolato. E non è difficile immaginare che lì deve essere avvenuto qualcosa di mostruoso.

Magnifico noir, ben costruito e ancor meglio narrato. Coinvolgente e pieno di suspence. Uno di quei romanzi che una volta iniziati non si può smettere di leggere.

adele marini

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