Intervista a Barbara Baraldi

Milanonera ha incontrato Barbara Baraldi in occasione del Festival Nebbiagialla 2009.

Come mai nella “collezionista” c’è una forte connotazione geografica/emozionale, ogni stato d’animo sembra trovare un luogo adatto: una via misteriosa o una cascina abbandonata.
Nei miei romanzi il paesaggio non è soltanto funzionale alla storia, ma complementare. Un vero e proprio comprimario. Questo perché a mio avviso è proprio lo stato d’animo a influenzare la visione che abbiamo della realtà. Le vie di una città sconosciuta, uno scorcio inaspettato, la campagna desolata, tutto può divenire un’estensione dello stato d’animo dei personaggi. E così Amelia, una delle protagoniste de “La collezionista di sogni infranti” vede una via caratteristica di Ferrara adorna di archi, trasformarsi in un ragno dalle lunghe zampe, pronta a ghermirla proprio come gli inseguitori alle sue spalle. Allo stesso modo la nebbia che avvolge ogni cosa è come una cappa pesante che stritola i suoi sensi e la confonde.

Il tuo stile è composto da flash narrativi molto intensi e fortemente visionari intervallati da monologhi interiori a volte scanzonati, altre amari, è un modo per dare respiro al lettore dal senso di persecuzione che aleggia nel romanzo?
Sicuramente sì. I monologhi interiori permettono di entrare in contatto profondo con i personaggi, assaggiarne le paure, i desideri più profondi e allo stesso tempo prendere respiro dagli avvenimenti che, ne “La collezionista di sogni infranti”, tendono a precipitare in un vortice ansiogeno continuo. Questo fa parte del mio stile. Quando scrivo procedo a visioni. Come le tessere di un mosaico che viste singolarmente danno una visione parziale della vicenda e soltanto alla fine del romanzo, nella loro interezza, svelano un unico universo.

La rete nel tuo romanzo è un veicolo eccezionale di nevrosi e ossessioni, una strada lastricata d’inganni, c’è da parte tua una critica sociale alle nuove dipendenze virtuali?
Per me internet rappresenta un eccezionale veicolo lavorativo e promozionale, ma anche un’arma a doppio taglio. Sono partita da una riflessione sull’identità. Su internet è facile nascondersi dietro una maschera. Avatar, nickname, foto modificate con il filtro del Photoshop, la menzogna a portata di un click. Chiunque si può rivestire di una nuova identità e così fa Marina, l’altra protagonista del romanzo, fragile e insicura. Invece di affrontare una convivenza difficile con un compagno violento e distaccato, abbassa la fotografia in cui fanno finta di sorridere, e si trasforma in mille altre donne. Modella, dark lady, provocatrice e amica del cuore. Un pericolo insinuante come sabbie mobili, una spirale d’inganni che porterà a conseguenze devastanti.

Mi piacerebbe tu ci svelassi qualcosa delle nuove avventure di Amelia.
La triste e incantevole Amelia torna ne “La casa di Amelia” (PerdisaPop) , per affrontare i fantasmi del passato. La nuova favola nera, che la vede protagonista, racconta di fatto gli avvenimenti successivi a “La collezionista di sogni infranti”, anche se la si può leggere indipendentemente. Se il primo, come detto in precedenza, si può definire un romanzo sull’identità, “La casa di Amelia” è un romanzo sugli orrori della memoria. I ricordi deformati dal filtro della paura, dell’angoscia e del senso di colpa. Inoltre, a richiesta dei lettori più affezionati, la principessa gotica incontra Luca. Un amore accarezzato, desiderato e perduto sul nascere.

Vorrei tu ci parlassi delle contaminazioni artistiche che nutrono il tuo stile letterario.
Non perdo occasione di parlare della mia passione per il cinema. Guardo un film al giorno, quando posso. La mia scrittura si nutre delle atmosfere di certe pellicole degli anni settanta; l’estetica dell’omicidio, il thriller argentiano, il gotico. Titoli dei film, stralci di canzoni, contaminazioni visionarie, quadri e malinconia romantica. Tutto questo entra nei miei romanzi, insieme all’attenzione per la singola scena, a volte costruita come una fotografia. Questo deriva da un’altra passione che coltivo da sempre. Spesso così i miei scatti diventano storie e la mia scrittura è fatta di istantanee che chi vuole può guardare con gli occhi della mente.

Alessandra Anzivino

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